Qualunque cosa avessi fantasticato nelle ultime due ore, non arrivava neanche lontanamente vicina a quella che fu la realtà.
In partenza, mi ero immaginata che mi avrebbe portata in un posto elegante, infondo era pur sempre Giuseppe Conte, ma quando arrivammo a destinazione, mi trovai davanti un ristorante di lusso.
Rimasi a fissarlo basita per qualche secondo. Già dall'esterno potevo intravedere che la clientela era composta principalmente da persone di alta classe, donne e uomini d'affari, forse anche politici e se mi andava bene anche qualche attore. Non c'era bisogno di dire che non ero mai stata in un posto del genere, e per ciò c'era sicuramente un motivo. Chiunque avrebbe potuto vedere che non appartenevo a quel tipo di gente.
Io ero una semplice ragazza che aveva deciso di cambiare vita trasferendosi a Roma e che condivideva un piccolo appartamento con una mezza schizzata. Non avevo neanche un lavoro, figurati una quantità illimitata di soldi.
Il professore non fece caso alla mia reazione, o semplicemente non gliene importò nulla. Andò a parlare con un tizio in uniforme all'ingresso, che sorrise prima a lui e poi a me e ci fece cenno di seguirlo. Il professore rimase fermo aspettando per farmi entrare per prima. Io continuai a guardarmi intorno incredula e poi mi decisi a muovermi. Entrai nel locale e mi sentii subito come in un film superromantico. Tutto era perfettamente pulito e ordinato. La musica aleggiava nell'aria e accompagnava il delicato chiacchiericcio delle persone ben eduate che stavano cenando. Era tutto perfetto. Per un attimo scordai chi ero e riuscii ad ignorare il fatto che i miei vestiti sembravano tirati fuori da un cassonetto della spazzatura. Guardai Conte e non resistetti al fargli un mega sorriso. Lui per tutta risposta distolse lo sguardo e seguì il cameriere mentre ci accompagnava ad un tavolino.
-Questo può andare bene?- chiese. Il professore si guardò intorno. Non sapevo cosa stesse cercando, ma qualunque cosa essa fosse, non la trovò.
-No. Che mi dice di quello? È libero?- chiese indicando un tavolino dalla parte opposta del ristorante.
Non capii cosa non ci fosse che non andava con questo tavolino, ma mi fidavo del professore. Infondo io ero abituata a mangiare al Mcdonald, che ne sapevo di quali erano i posti migliori in un ristorante di lusso?
-Certo, accomodatevi pure- rispose il cameriere. Si avviò al tavolino e noi lo seguimmo.
Feci per sedermi, ma allo stesso momento il professore spostò l'altra sedia. Ci fissammo imbarazzati per un momento, ma feci finta di nulla e decisi di sedermi dove diceva il professore. Sarebbe stato scortese non seguire le norme sociali, specialmente quando lui era così beneducato.
Quando fummo entrambi seduti e pronti, il cameriere ci lasciò i menù e se ne andò.
Il fatto che non vidi neanche un prezzo mi mise l'ansia ma mi portò anche un brivido d'emozione. Avrei finalmente scoperto cosa si provava a vivere senza fregarsene dei prezzi.
La cosa divenne ancora più seria. Non solo stavo avendo un appuntanento con l'uomo che amavo di più al mondo, ma avevo anche l'occasione unica, almeno fino a che non avessi ufficialmente conquistato Conte, di poter mangiare del cibo squisito e costoso senza sganciare un euro. Non potevo sprecare questa occasione. Fissai il menù attentamente per un tempo indefinito, fino a che non percepii gli occhi del professore trafiggermi. Alzai lo sguardo e vidi che mi stava fissando con un'aria quasi affascinata, e forse anche un po' intenerito. Non avrei potuto dire con certezza perché tornò subito alla sua espressione indifferente. Una fiammella di speranza si accese nuovamente nel mio cuore. Aveva provato a nasconderlo, ma per un secondo lo avevo beccato. Alla fine non era cosi indifferente come voleva farsi vedere.
-Hai deciso? Se continua così sarà già ora di andare via per quando ordineremo- disse stizzito. Non mi lasciai impressionare. Tornai a guardare il menù con calma, cercando di non sorridere mentre percepivo la crescente agitazione del professore.
Quando pensai di averlo torturato abbastanza scelsi dei pasti a caso. Era tutto così buono che avevo deciso dopo due minuti che non avrei mai potuto decidere.
Conte chiamò finalmente il cameriere e fece l'ordinazione. Quando tutto fu sistemato e non ci rimaneva che aspettare, calò un silenzio imbarazzante.
Il professore sembrava distante e distratto, cercai di parlare un paio di volte, ma lui rispondeva solo con frasi semplici e insoddisfacenti.
Decisi di rinunciare e provare a parlare del motivo per cui eravamo la.
Lui annuì e convenne che dovevamo cominciare a discutere delle mie domande.
Ma anche mentre rispondeva alle domande, sembrava fosse su un altro pianeta. Il suo sguardo continuava a muoversi e a volte si fermava a metà frase fissando il vuoto per poi riprendere con un espressione sempre più delusa.
Alla fine mi stufai, e segui il suo sguardo. La cosa che continuava a cercare era la porta. Notai che stava esaminando attentamente ogni persona che entrava. Chiunque stesse cercando però non era ancora arrivato evidentemente e sembrava sempre più nervoso.
Cominciai anche io ad irritarmi. Non avevo idea di quello che stesse succedendo. Perché mi aveva invitato se aveva intenzione di passare tutta la cena ad aspettare qualcun'altro? Avrei tanto voluto tirargli il bicchiere d'acqua che stringevo tra le mani in faccia. Decisi però che ero migliore di così. Lo avrei affrontato e avrei preteso delle spiegazioni chiare. Ma prima dovevo andare a darmi una calmata. Mi scusai e mi alzai dal tavolino per andare in bagno. Conte ci fece a malapena caso.Tornai dopo dieci minuti, leggermente sconvolta, ero sicura al 100% di aver incrociato Lino Guanciale mentre uscivo dal bagno. Stavo per dirlo al professore quando mi resi conto che adesso sembrava una persona totalmente diversa.
Stava giochicchiando con il primo che era finalmente arrivato. Adesso sembrava tranquillo e mi accolse con un sorriso cortese. Scordai tutto quello che era successo fin'ora e mi sedetti a tavola.
-Mi scuso per prima, ero nervoso per una cosa personale, ma ora va tutto bene. Continui pure con le domande- mi disse cominciando a mangiare. Decisi di perdonarlo, così feci lo stesso e ripartimmo. Il professore continuava a distrarsi, ma non come prima. Rispose a tutti i miei quesiti e quando finimmo avevamo terminato anche la cena.
Non ero mai stata cosi piena in vita mia. Mi faceva male ogni parte del corpo, ma non mi importava. Ero soddisfatta di come era proseguita la serata e speravo andasse sempre meglio. Stavo per proporre di prendere un dolce, quando il professore si alzò di scatto.
-Credo sia arrivata l'ora di andare. È tardi e domani lei ha l'università, immagino- disse, ed era chiaro che era un ordine.
Non potei fare altro che ubbedirgli. Mi alzai anche io e presi la borsa.
Mi sorprese mettendomi un braccio attorno alla vita. Mi spinse piano verso l'uscita e cercai con tutta me stessa di non crollare o urlare. Dentro stavo tremando come un chihuahua drogato ma lui non lo doveva sapere.
Usciti fuori fui sorpresa dal vedere quanto fosse diventato buio. Era diventato anche molto freddo, e la mia maglia leggera era pressoché inutile.
Ci incamminammo verso il parcheggio privato a pochi metri dal ristorante dove il professore aveva lasciato la macchina. A metà strada dovette accorgersi che stavo morendo di freddo, perché senza dire nulla si tolse la giacca per metterla delicatamente sulle mie spalle. Feci un sorriso grande come una casa sperando che il buio lo nascondesse.
Nessuno dei due disse nulla, fino a che, arrivati a pochi metri dalla macchina, Conte esordì con un "oh cazzo". Uscii dalle fantasie che stavo vivendo nel mio cervello e cercai cosa aveva turbato tanto il professore. Qualsiasi cosa doveva essere davvero brutta per farlo reagire così.
Seguii il suo sguardo fino alla sua macchina, parcheggiata esattamente dove l'avevamo lasciata. Adesso, però, una bellissima donna vi era appoggiata contro. Non avevo idea di chi fosse. Tutto quello che sapevo è che avrebbe potuto anche lei calpestarmi se avesse voluto e, soprattutto, che al professore quella donna non piaceva.
La stava guardando arrabbiato e accelerò il passo per raggiungere la donna. Anche lei sembrava alterata. Mi guardò per un secondo come se fossi uno scarafaggio e poi tornò a concentrarsi sul professore.
-Tu sei pazzo! Chi è questa adesso?- chiese stizzita. Conte guardò per terra frustrato.
-Spiegherò tutto dopo. Giuro che ha senso- disse quasi sussurrando. Non capivo assolutamente niente di quello che stava succedendo e la cosa mi irritava.
Feci un passo avanti e guardai male la tizia -Chi è lei semmai?!- chiesi facendomi coraggio. Come osava rovinare la mia serata perfetta e turbare il professore?
La donna mi guardò, i suoi occhi gelidi come ghiaccio artico.
-Io, mia cara, sono la sua fidanzata-.
STAI LEGGENDO
Spy-Professor (Giuseppe Conte)
RomanceMi chiamo Elisa e sono una tipica studentessa universitaria; una di quelle che ha lasciato la propria famiglia per venire a studiare fuori sede e che a 23 anni è ancora alla disperata ricerca del vero amore... Ah, l'amore! Non sapevo davvero cosa si...