3 - MILO

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"Eeeeh." La mia bocca rimase aperta per un lunghissimo istante, rilasciando uno strano suono primordiale.

"Ehi, ciao, scusami. Non volevo spaventarti," esclamò Chris, sorridendo quasi imbarazzato. 

"No, scusami tu," replicai, finalmente riuscendo a creare un suono comprensibile. Anche se non sapevo per cosa mi stavo scusando.

"Normalmente qui non c'è nessuno. Sono abituato a spalancare la porta."

"S-sì, lo immaginavo. Stavo cercando un posto dove stare un attimo da solo..." Quella confidenza mi sfuggì senza che me ne rendessi conto.

Anche se Chris non si ricordava più di me, continuava a ispirarmi la stessa fiducia che avevo quando eravamo bambini.

"Davvero? Anch'io ogni tanto ho bisogno di restare un po' con me stesso. E a scuola non ci sono molti posti in cui stare in solitudine." Chris sorrise quasi sollevato dalle mie parole.

Ricambiai il sorriso, ma non riuscii più a trovare nulla da dire e fra noi scese un imbarazzante silenzio, accentuato dal rumore di un rubinetto che perdeva.

"Comunque, io mi chiamo Chris," si presentò, infine, forse per rompere quel lunghissimo momento di disagio.

"Milo," risposi semplicemente.

"Milo...?" Chris sembrò come se stesse cercando nella memoria quel nome, fissandomi quasi con insistenza. "È un bel nome," concluse con lo stesso sorriso.

"Beh, io devo andare," dissi, dondolando a destra e sinistra, incerto da che parte superarlo.

"Oh, sì, scusami, prego." Chris si fece da parte e mi aprì la porta.

Non sapevo se intenderlo come un gesto cavalleresco oppure come un invito ad andarmene il prima possibile. Del resto era lì per un determinato motivo.

Mi allontanai subito a passo spedito lungo il corridoio. Camminavo rapido senza osare alzare lo sguardo. Girai l'angolo e andai a sbattere contro qualcosa. O meglio qualcuno.

"Scusam..." Non feci neppure in tempo a terminare la frase.

"Fa' attenzione, scemo," esclamò un ragazzo, spintonandomi con il braccio.

Inciampai nei miei stessi piedi e caddi a terra. Lungo il corridoio scoppiarono delle risate. Alzai lo sguardo e vidi tre ragazzi che mi fissavano.

Volevo dire qualcosa, ma non riuscii neppure ad aprire la bocca. Cercai di tirarmi su, ma uno dei ragazzi, quello con i capelli crespi ossigenati, mi diede un altro spintone con la scarpa.

"Stai giù, ragazzino. La prossima volta vedi di fare più attenzione."

"Scusami, ma non è solo colpa mia."

"Cos'hai detto? E di chi sarebbe? Mia forse?" Il ragazzo al centro, più alto e muscoloso, mi afferrò per il colletto della maglietta e mi sollevò di peso.

"Ehi, Diego, vacci piano. Il ragazzino si è scusato. Qualche professore ti sentirà." Il terzo ragazzo afferrò Diego per il braccio, invitandolo ad abbassarlo.

Diego mi fulminò con lo sguardo, infine lasciò la presa del mio colletto e mi fece cadere nuovamente per terra. Stavolta il mio zaino si aprì e mi cascarono fuori anche i libri.

"Sei fortunato, sfigato. Che ti serva da lezione. Impara a stare al tuo posto. La prossima volta non ci sarà nessuno ad aiutarti. Andiamo, ragazzi." Diego si allontanò seguito dai suoi amici.

Che stronzo.

"Non è il modo migliore per iniziare l'anno," disse una voce gentile, mentre davanti ai miei occhi si materializzò uno mano.

Alzai gli occhi incontrando lo sguardo rassicurante della ragazza forse più bella che avessi mai visto. I capelli ramati erano legati in una lunga treccia che le cadeva sulla schiena, mentre due lunghe ciocche le dondolavano davanti.

"G-grazie," balbettai, afferrando la sua mano. Mi aiutò ad alzarmi e mi sorrise amichevole.

Alle sue spalle vidi che c'era anche un ragazzo biondo che stringeva un tablet tra le mani e mi scrutava inespressivo.

"Penso hai battuto ogni primato. Sei riuscito a far arrabbiare il capitano della squadra di calcio della scuola durante la prima settimana."

"Quello è il capitano?"

"Sei nuovo, vero?"

Annuisco.

"Dobbiamo andare, Jordan," le bisbigliò il ragazzo con il tablet, sporgendosi verso di lei.

"Allora benvenuto nella nostra scuola." Jordan mi sorrise e quasi levitando si allontanò per il corridoio con il ragazzo al fianco.

"Jordan," sussurai fra me come a voler incidere quel nome nella mia memoria.

La campanella suonò stridula, facendomi sobbalzare. Raccolsi velocemente le mie cose ancora sparse sul pavimento e corsi verso la mia aula.

"Maledizione, sono già in ritardo la prima settimana," mormorai.

In fondo al corridoio intravidi Cora che agitava la mano nella mia direzione. Accelerai e quasi scivolai sulle piastrelle bianche.

"Dove ti eri cacciato? Sei fortunato che la professoressa non è ancora arrivata."

"Ho avuto un po' di difficoltà."

"A trovare il bagno?"

Mi limitai ad annuire, sperando che non mi avrebbe fatto altre domande.

L'amore è abbastanza?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora