39 - CORA

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Il suono del campanello della porta al piano di sotto mi fece sussultare. Diedi un'ultima occhiata alla mia immagine riflessa nel grande specchio di camera mia.

Era strano vedere me stessa in quel lungo abito bianco e azzurro.

Tuttavia, sorrisi. Per una volta mi sembrava di poter dire che ero carina.

Quel pensiero, però, mi mise subito a disagio e dovetti distogliere lo sguardo come se il mio riflesso stesse disapprovando la mia vanità.

Inspirai profondamente, quasi come se l'aria fosse coraggio. Uscii dalla stanza e iniziai a scendere le scale. Percepivo le voci dei miei genitori che stava parlando nell'atrio.

Quando mi sentirono arrivare, alzarono tutti lo sguardo. All'improvviso era sceso il silenzio in tutta la casa.

"Oh, Cora, figlia mia. Sei stupenda," mormorò mia madre, portandosi una mano al petto. Ebbi come l'impressione che i suoi occhi luccicassero.

"Sì, sei bellissima," si lasciò sfuggire Milo.

Il suo complimento, inatteso, ma segretamente sperato, mi fece quasi arrossire. Mi irrigidii e ci mancò poco che persi l'equilibrio.

"Cora, fa attenzione," esclamò mio padre, lanciandosi istintivamente verso le scale.

"Sto bene. Non sono ancora abituata a queste scarpe," dissi, indicando le scarpe con il tacco ai miei piedi nella speranza di sembrare convincente.

"Da quando l'hai invitata al ballo, le indossa praticamente ogni sera nel tentativo di abituarsi," confidò a Milo mia madre.

"Mamma?!" esclamai irritata.

"Che c'è? Quelle scarpe stanno benissimo con quell'abito. Sei così bella," continuò lei senza rendersi conto dell'imbarazzo che mi causava. "Devi sapere che non indossa una gonna dai tempi dell'asilo."

Fulminai mia madre con uno sguardo gelido e stavo per replicare, ma Milo venne in suo soccorso.

"Allora sono davvero fortunato. Stai davvero benissimo."

Stavolta arrossii.

"Anche tu stai molto bene," biascicai.

In quell'abito blu scuro Milo trasudava un'insolita autorità. La stoffa sembrava mettere in risalto suo fisico atletico, facendolo persino apparire più alto.

Un farfallino scuro su una camicia impeccabilmente bianca addolciva la sua presenza.

"Tutto bene, Cora? Sei accaldata? Sei tutta rossa," chiese mia madre, cercando di avvicinare il dorso della sua mano alla mia fronte per provare a sentirmi la temperatura.

"Eh? Sì, sì. Scusatemi, ma adesso dobbiamo proprio andare," mi affrettai a dire, spingendo Milo verso la porta. A mia madre proprio non sfuggiva nulla.

Dovevo fuggire il prima possibile da quella casa, altrimenti avrei fatto meglio a scavarmi la fossa da sola e seppellirmici per la vergogna.

"Sei sicura che non vuoi che vi accompagniamo in auto?" chiese nuovamente mio padre.

"No, prendiamo il bus," esclamai, aprendo la porta. "Abbiamo promesso a Kaira e Theo che saremmo andati insieme."

"Grazie, comunque," aggiunse cortesemente Milo.

"Siate prudenti," disse mia madre sulla soglia.

"Milo, prenditi cura di Cora," esclamò mio padre.

"Non ho bisogno che un ragazzo si prenda cura di me," esclamai stizzita, trascinando Milo per un braccio.

"Non preoccupatevi per noi. Buona serata. Ci vediamo dopo," salutò Milo, agitando la mano.

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