24 - DIEGO

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"Sta nevicando?" chiese Milo.

Qualcosa di freddo e umido mi colpì il naso.

"No, sta iniziano a piovere," dissi.

Non facemmo neppure in tempo a scendere tutta la collina che scoppiò un'acquazzone.

L'acqua era fredda, ma neppure me ne accorgevo. Speravo che quella pioggia cancellasse via quello che avevo appena fatto.

L'avevo baciato. Avevo baciato un ragazzo.

In quel momento, però, non potevo permettermi di distrarmi con rimpianti. Dovevo restare concentrato sulla guida.

Arrivammo alla palestra come se avessimo attraversato un lago sul fondo. Lasciammo la moto nel posteggio e corremmo a ripararci sotto la tettoia dell'ingresso. La porta era già chiusa.

"Dove si è cacciata, Cora?" si chiese Milo, tirando fuori il telefono. Lesse qualcosa.

"Se n'è andata," esclamò. "Pioveva e si è fatta venire a prendere dai suoi."

Faceva quasi ridere vedere Milo tutto inzuppato che si agitava arrabbiato.

"Ti riporto a casa io, quando smette di piovere," proposi. Volevo sembrare il più naturale possibile come se non avessi fatto nulla di strano prima.

Milo non rispose e si strinse fra le proprie braccia.

"Ma stai tremando?" chiesi, notando che quasi vibrava come una foglia.

"Fa freddo. Sono tutto bagnato."

Cercai nello zaino e tirai fuori un mazzo di chiavi.

"Vieni, entriamo," dissi e aprii la porta.

"Ma come...?"

"Sono il capitano della squadra di calcio della scuola. Ho anch'io alcuni privilegi."

Tenni la porta aperta con la mano, mentre Milo entrava con cautela come un ladro in un museo. Ci chiusi dentro e guidai Milo negli spogliatoi della squadra.

"Prendi," esclamai, lanciandogli in faccia un asciugamano. "Dai, spogliatoi."

"Spogliarmi?" ripete sconvolto lui.

"Sì, dobbiamo toglierci questi vestiti bagnati. Ti presto una delle mie divise di riserve," spiegai, tirando fuori un paio di uniformi ben piegate dal mio armadietto.

"Allora?" chiesi, restando a torso nudo di fronte a lui. Da una parte volevo dimostrare a lui e anche a me stesso che non avevo problemi a spogliarmi davanti a un altro ragazzo. Quello che era successo prima era stato solo un lapsus.

Dall'altra volevo esibirmi, volevo vedere se riuscivo a destare in lui una qualche reazione di stupore. Sentivo ancora il tocco delle sue labbra sulle mie. L'avevo baciato, ma lui non aveva ricambiato.

Milo si voltò e prese a spogliarsi a sua volta. Si girò solo dopo aver indossato la maglietta e i pantaloncini della squadra.

Scoppiai a ridere. "Scusami, ma sei veramente ridicolo con la mia divisa. Sei davvero piccolo. Ci potresti stare due volte."

"Oh, perdonami se non sono alto e muscoloso come te," ribatté lui quasi offeso.

Mi trovava muscoloso? Non so perché ma quel commento mi fece piacere.

"Andiamo ad apprendere i vestiti vicino al calorifero. Si asciugheranno in un attimo. Quando sarà terminato il temporale, potremmo andarcene asciutti," dissi, uscendo dallo spogliatoio.

"C'è qualcosa di particolarmente misterioso in questo edificio di notte," osservò Milo, guardandosi in giro, mentre camminavamo lungo il corridoio.

L'amore è abbastanza?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora