33 - MILO

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"È una serata meravigliosa, gente. La giornata ci ha regalato un cielo senza una nuvola e voi siete un pubblico grandioso," urlò l'altoparlante sopra la mia testa, facendomi fischiare le orecchie.

"Come diavolo ho fatto a lasciarmi trascinare qui?" mi chiesi, mentre scendevo le scale delle tribune.

"Sono le semifinali, Milo. Non potevi perdertele. E poi perché sei il mio migliore amico," disse Cora, sorridendo davanti a me.

"Non so se potrai ancora chiamarmi migliore amico o anche solo amico al termine di questa partita."

"Su, piantala di brontolare. Vedrai che riuscirai anche tu ad apprezzare questa serata."

Proprio in quel momento un gruppo di ragazze e ragazzi ci passò di fianco. Un ragazzo mi urtò con la spalle e una tipa mi rovesciò addosso la sua bibita.

"Eheh, scusami," disse lei, sfiorandomi a malapena con lo sguardo prima di proseguire giù per le scale.

"Non vedo davvero come io possa arrivare a farmi piacere di stare qua," sospirai.

"Dove stai andando?" mi chiese Cora, notando che mi stavo insinuando nella prima fila di sedie.

"Vado a... sedermi?"

"Qua in fondo? Non se ne parla assolutamente," esclamò Cora e mi afferrò per un braccio, trascinandomi giù per le scale.

"Ma perché? Si sta così bene qui su," replicai.

"Non si vede e sente niente qui."

"Appunto. Era questa l'idea."

Cora non fece più caso a me e continuò imperterrita a tirarmi sempre più vicino al campo.

"Non vorrai davvero piazzarti in prima fila, vero?" esclamai terrorizzato, quando raggiungemmo i primi posti.

"Non posso perdermi nessun azione. È un'occasione unica per imparare qualcosa direttamente sul campo", disse Cora, spintonandomi dentro la fila.

"Per favore, non qui," la supplicai, quando, infine, mi appoggiò le mani sulle spalle e mi schiacciò sulla sedia.

"Da quando ti è arrivato tutto questo rigetto per il calcio?" mi chiese, squadrandomi di traverso.

Non avevo nulla contro il calcio. Semplicemente non volevo rischiare di dover incrociare lo sguardo con Diego e i suoi amici. Ma questo non potevo dirglielo.

Io e Diego non ci parlavamo da quel giorno. Avevo fatto del mio meglio per evitarlo. E anche lui sembrava fare altrettanto.

Il dolore alla guancia era passato in fretta. Ma le sue parole facevano ancora male. Le sentivo bruciare nel petto e rimbombare nella testa.

"Abbiamo dimenticato di portare qualcosa da bere," osservai nel tentativo di cambiar discorso.

"E anche da mangiare. Non si segue una partita senza del cibo," aggiunse Cora.

"Vado a comprare qualcosa al baretto," mi proposi, cogliendo l'occasione per allontanarmi da bordo campo.

"Prendimi una gazzosa. Anzi, no, dell'acqua. E anche una piadina. No, no, meglio un panino. Quello con le melanzane grigliate e il formaggio. Magari è meglio il panino caprese."

Non potevo negare che me l'ero cercata.

Mentre camminavo tra gli spalti, mi sembrava di avere tutti gli sguardi del pubblico su di me.

Era chiaramente un'idiozia. Non gliene importava a nessuno di me. Tuttavia, era difficile non sentirmi come su un campo minato, dove ogni minimo passo falso avrebbe significato di provocare un'esplosione. Di risate, ovviamente.

Tirai un sospiro di sollievo, quando infine raggiunsi il terreno bonificato del baretto.

Per una volta fui contento di trovarmi di fronte una lunga fila. Purtroppo si sfoltì più rapidamente di quanto sperassi. Presi due acque naturali, il panino per Cora e delle patate al forno per me.

Tornai indietro lentamente, cercando di guadagnare più tempo che potevo. Quando raggiunsi gli spalti, adocchiai Larissa anche lei tra le prime file. Era con delle amiche, mentre di Chris non c'era l'ombra.

Non mi sorprese. Lui e Diego si evitavano da settimane. Tuttavia, avevo l'impressione che Chris stesse evitando anche me. Da quando ci eravamo incontrati in bagno, mi aveva a malapena salutato.

Comprendevo perché Diego mi stesse evitando, ma non riuscivo a capire perché lo facesse anche Chris.

"Finalmente," esclamò Cora, quando mi vide arrivare. "Iniziavo a temere mi avessi abbandonato qui da sola."

"C'era coda al baretto e ho dovuto attraversare un campo minato." Cora mi fissò confusa. "Anche se avrei fatto meglio ad approfittare dell'occasione e fuggire.

Cora stava per replicare, quando la voce dell'alto parlante risuonò nuovamente nel piccolo stadio scolastico.

"Sta per iniziare quella che forse è la partita più attesa della stagione," urlò la voce. "Questa è una semifinale che potrebbe competere con una finale. I campioni in carica del torneo regionale scolastico si incontreranno con la squadra sorpresa della stagione."

Gli spalti furono percorsi da un'ondata di grida entusiaste, a cui contribuì anche Cora.

"Ecco che arrivano gli sfidanti. Date un caloroso benvenuto ai ragazzi dell'istituto tecnico. Fateli sentire a casa."

Uno dopo l'altro i ragazzi vestiti in blu e arancione entrarono in campo fra le grida e gli schiamazzi del pubblico.

"E ora è il turno dei padroni di casa. Salutiamo i nostri campioni."

La squadra della nostra scuola corse in campo con la sua divisa argento e nera. Le spettatrici e gli spettatori gridavano e applaudivano.

"Forza, ragazzi. Fategliela vedere. Siete in migliori," urlava Cora al mio fianco.

Diego, il capitano, era in testa al gruppo e agitava le braccia per salutare il pubblico.

Quando guardò dalla mia parte e sorrise, il mio cuore perse un battito. Sapevo non stava guardando proprio me, anzi chiaramente non mi aveva visto nella folla. Tuttavia quel sorriso come se fosse rivolto a me, mi fece male. Molto male.

L'amore è abbastanza?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora