26 - DIEGO

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Lessi per l'ennesima volta il messaggio, tanto ormai il visto di lettura era partito.

"Ehi, ciao! Come va?"

Erano passati giorni da quando mi ero svegliato e l'avevo letto per la prima volta. Erano parole semplicissime eppure mi avevano travolto come un'ondata di paura.

Ero andato a dormire con la convinzione che, quando mi sarei svegliato, tutto quello che era successo prima sarebbe svanito come un sogno. O forse piuttosto come un incubo.

"Diego! Che stai facendo? Stiamo per iniziare gli allenamenti," esclamò Leo, facendo sbucare la sua testa nello spogliatoio.

Mi accorsi sono in quel momento che ancora mezzo nudo seduto sulla panchina con indosso solo i boxer.

"Arrivo. Gli allenamenti iniziano solo quando arrivo io," ribattei e finii di indossare la divisa.

Uscii sul prato e mi accodai ai miei compagni di squadra che si stavano già riscaldando, correndo attorno al campo.

Quella notte non era successo nulla. Non sono diverso da prima. Non è cambiato niente. Mi sono solo lasciato trasportare dalle sensazioni del momento. Tutto qui.

"Ehi, fa' attenzione dove vai," esclamai, quando Max, un mio compagno, mi venne addosso.

"Ma se sei tu che mi sei venuto contro," borbottò lui.

"Che cosa hai detto?" ringhiai.

Max spalancò gli occhi sorpreso dalla mia reazione forse sproporzionato. Alzò le spalle e si allontanò, correndo.

"Che ti prende in questi giorni, Diego?" mi chiese Leo, mettendomi una mano sulla spalla.
"Niente, è tutto normale. Che vuoi che mi prenda?"

"Non lo so. Sembri distratto."

Sbuffai, riprendendo la corsa. Sì, aveva ragione. Ero distratto. Era una cosa che odiavo. Odiavo non essere al 100% in campo.

Tuttavia i pensieri mi vorticavano in testa e non mi lasciavano in pace.

Forse era solo una fantasia passeggera. Chiunque ha avuto nella vita qualche strana fantasia.

"Qual è il modo più strano con cui hai sognato di farlo?" chiesi all'improvviso.

"Uh? Non lo so," rispose sorpreso Leo. "Forse in classe con Jordan sotto il tavolo del professore di biologia."

"Hai mai pensato di farlo con un ragazzo?" osai chiedere, approfittando della sua confidenza.

Forse non era la domanda giusta. Sicuramente non era la domanda che volevo fare. Ma che altro potevo chiedere?

"Cosa? No, per chi mi hai preso? Mi stai dando del frocio?" esclamò lui quasi offeso.

Probabilmente non era neppure la persona giusta con cui parlare. La verità è che non c'era nessun con cui potevo parlare di queste cose.

"Rilassati. Sembra che qualcuno ha la coda di paglia." Dovevo stare attento a non espormi.

"Secondo te è gay solo chi lo prende o anche chi lo mette?" chiesi nuovamente.

La domanda mi uscivano sempre più idiote. Ma, in fin dei conti, questo era il genere di discorsi che avevamo sempre io e Leo.

"Che cazzo ne so. Fanno schifo entrambi," esclamò Leo, facendo una strana smorfia disgustata.

"Forza, venite in campo," urlò il Mister, battendo le mani per attirare la nostra attenzione. "Dividetevi in due squadre. Voglio vedere un po' di azione oggi."

Metà dei miei compagni indossarono una canottiera arancioni e iniziammo a giocare.

Fanno schifo entrambi.

Chiaramente non ero frocio... gay. Non potevo assolutamente esserlo. Ho sempre guardato solo le ragazze io. Ci sono anche andato a letto.

Allora perché il ricordo di quella notte non voleva saperne di abbandonarmi?

La verità è che non avevo mai provato per loro niente di lontanamente simile a quello che avevo sentito con Milo.

"Ehi, ancora," esclamò qualcuno. Max era terra. Gli ero andato nuovamente addosso. "Che ti prende oggi? Sembra che fai apposta a venire contro."

"Come? Mi stai dando del frocio?" sbraitai, tirandolo su da terra per il colletto.

"Cosa? No, che c'entra?"

"Ehi, Diego, calmati. Lascialo andare," disse Leo, afferrandomi il braccio e invitandomi ad abbassarlo.

"Ma sei impazzito?" esclamò Max, quando lasciai andare la presa.

"Sta zitto tu," lo redarguì Leo, prima di voltarsi verso di me. "Va tutto bene?"

"Sì, è solo una brutta giornata."

"Tranquillo, capitano a tutti le giornate no. Passerà anche questa."

Mi si illuminò il volto. Per una volta forse Leo aveva davvero ragione. Passerà anche questa. È solo una fase. Nulla di più.

Quando finimmo l'allenamento e tornammo negli spogliatoi, presi il telefono e diedi un'ultima occhiata al messaggio. Lo eliminai con tutta la conversazione. Se di conversazione si poteva parlare: quella era il primo e unico messaggio che ci eravamo e ci saremmo mai scambiati.

Dopo essermi lavato e asciugato, uscii dalla palestra con una strana sensazione di inquietudine. Avevo pensato che se avessi cancellato quel messaggio, avrei finalmente trovato sollievo. Ma non sembrava così.

Aver eliminato quel messaggio, non aveva cancellato anche quello che era successo fra di noi.

Saltai in moto e mi diressi verso casa.

Mentre viaggiavo a tutta velocità al confine con il limite, all'improvviso il cuore perse un colpo. Milo stava camminando lungo il marciapiedi davanti a me.

Scossi il capo e passai oltre. Riuscii solo a svoltare all'angolo di un vicolo.

Mi fermai.

Mi appoggiai al volante della moto e picchiai ripetutamente la testa. "Perché? Perché dovevo incontrarlo proprio ora?"

Saltai giù dal sellino e raggiunsi l'angolo.

Appena Milo apparve, lo afferrai con entrambe le mani e lo sbattei contro il muro.

"Diego? C-che cosa?" balbettò Milo visibilmente spaventato.

"Io... io non riesco a starti lontano," mormorai e lo baciai.

L'amore è abbastanza?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora