"Non sto più nella pelle," esclamai, saltellando quasi isterica.
Ero così felice che continuavo a saltellare senza poter smettere di sorridere.
"Lo vedo." Milo rise, osservandomi quasi imbarazzato.
"Eheh, scusami. Non riesco proprio a controllarmi. È dall'inizio della prima che attendo questo momento," dissi, smettendo di saltare, ma proprio non riuscivo a smettere di sorridere. "Praticamente ogni settimana andavo nell'ufficio del preside e del Mister a chiedere che fosse creata una squadra femminile di calcio della scuola."
"Mi ricordo che anche alla materna non perdevi occasione per tirare un calcio a... beh, a qualunque cosa."
"Oh, cavolo, te lo ricordi ancora? Mi dispiace davvero per quella volta. In ogni caso, ti assicuro che sono davvero migliorata molto nel frattempo."
O almeno speravo abbastanza da poter essere ammessa nella squadra. Le altre ragazze sembrava tutte più alte, più forti, più veloci di me. Non potevo fare a meno di chiedermi, se non fossi stata troppo ottimista.
"ATTENZIONE."
Non so chi urlò. Ma mi voltai e vidi un pallone volare sparato nella nostra direzione.
Avrebbe centrato Milo in piena faccia. Dovevo fare qualcosa. Ma era troppo tardi. Non feci in tempo a finire quel pensiero che due guantoni balzarono di fronte al volto di Milo.
Il pallone rimbalzò indietro e rotolò a lungo sull'erba prima di fermarsi.
"Stai bene?" chiese rivolto a Milo un ragazzo coi capelli castano scuri.
Milo annuii, fissandolo confuso. Sembrava che non si fosse reso conto di nulla.
Poi il ragazzo alzò lo sguardo su di me e mi sorrise. Un sorriso timido che risvegliò in me un moto di fastidio.
"Grazie," disse, infine, Milo. Avrei dovuto rispondere con altrettanto cortesia come lui.
"Sarei riuscita a fermarla." Le parole mi uscirono quasi sprezzanti. Non so perché avevo sentito il bisogno di rispondere in quel modo.
Avrei dovuto ringraziarlo per averci difeso. Eppure nel profondo mi sentivo ferita, perché non ero stata in grado di reagire prima.
"Ne sono sicuro," replicò il ragazzo. E ancora una volta mi rivolse quell'irritante sorriso timido. "Sei una portiera?"
"NO, sono un'attaccante," esclamai con troppa energia, quasi facendo suonare la sua domanda come un'offesa.
Poi mi morsi subito la lingua, osservando la sua divisa e i guantoni. Lui era chiaramente un portiere.
"Lapo, dai, devi sempre rovinarci il divertimento?"
"Leo! Avrei dovuto immaginare che c'eri dietro tu," disse Lapo, il portiere.
"Ah, no, stavolta è stata un'idea del nostro capitano."
"Su, Lapo, era solo uno scherzo. Ti avevo visto. Sapevo che non ti sfugge nessun pallone. Del resto quest'anno sei il nostro portiere ufficiale." Diego rise, andando a riprendere il pallone.
Non credo ci fosse in tutta la scuola un ragazzo più insopportabile di Diego. Proprio lui doveva essere il capitano della squadra di calcio maschile?
Diego fece saltare il pallone col piede e, palleggiando, venne nella nostra direzione.
"Non è stato un gran benvenuto per la nostra nuova compagna di squadra," commentò Lapo.
"Non sarà una nostra compagna di squadra," replicò stizzito Diego. "Noi facciamo calcio, loro sono solo delle dilettanti. La nostra è l'unica squadra di calcio della scuola. E non c'è posto per delle ragazze."
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L'amore è abbastanza?
RomanceLa vita non è mai facile, ma è ancora più complicata, quando si frequentano le superiori. Milo è appena tornato nella sua città natale dopo alcuni anni all'estero. Nella sua nuova scuola ritrova la sua esuberante amica Cora e Chris, il suo grande a...