29 - DIEGO

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"Dobbiamo essere più prudenti," bisbigliai, afferrando Milo per le braccia e allontanandolo da me.

"Ma non ci salutiamo neppure, quando ci incrociamo nei corridoi," disse lui.

"Lo so, ma basta uno sguardo per risvegliare dei sospetti."

"Sei tu che mi hai chiesto di incontrarci qui."

"Lo so," mormorai.

Mi rendevo conto che mi comportavo in modo sempre più irrazionale. Sapevo che non dovevamo vederci a scuola. Tuttavia era difficile continuare a incrociarlo nei corridoi e non poterlo toccare, baciare. Volevo respirare il suo odore, volevo abbracciarlo.

Quando abbiamo iniziato a frequentarci, mi ero convinto che se avessi dato sfogo alle mie pulsioni, la mia ossessione per lui si sarebbe dissolta.

Speravo che sarei tornato alla mia vita di prima. Invece quello che provavo per lui non faceva che crescere, diventare più forte.

Inclinai la testa verso Milo. Lui allungò il collo verso di me. Nella penombra il suo volto mi toglieva il fiato.

"Ehi, che cazzo state facendo?"
Nessuno passava mai di qui, sopratutto a quest'ora. Ma doveva essere proprio lui.

"Vi stavate per baciare?"

Alzai gli occhi e incrociai gli sguardi sbigottiti di Leo e Lapo. Il tempo sembrò cristallizzarsi per un lunghissimo istante. Fui attraversato da una scarica di adrenalina. Avrei voluto scappare. E forse avrei fatto meglio a farlo.

"Che cazzo fai, Milo? Non mi toccare," esclamai, invece, spintonandolo via.

"C-che cosa?" Milo mi fissò confuso e forse anche ferito. Ma non avevo altra scelta. Lui doveva capire.

"Sapevo che eri uno sfigato, ma addirittura frocio..." commentò Leo, guardando Milo con disprezzo.

"Diego per favor..." balbettò Milo, venendomi incontro.

Stai fermo. Non ti avvicinare. Non peggiorare le cose.

"Stammi lontano, sfigato," esclamai, mentre il suono secco e sordo del dorso della mia mano che gli centrò il volto echeggiò contro i muri.

La testa di Milo girò e lui cadde a terra. Rimase per un lungo istante con lo sguardo perso nel vuoto come se gli rimbombasse la testa.

Poi alzò gli occhi e si portò una mano alla guancia arrossata.

Non mi guardare così. Non mi guardare così.

"Mi fai schifo, fro..." La voce mi morì in gola, quando vidi un rivolo di sangue macchiarli le labbra.

"Ma sei fuori di testa, Diego?" esclamò Lapo, inginocchiandosi di fianco a Milo.

"Quel frocetto se l'è cercata," disse Leo. "Ma vi rendente conto che con questo ci abbiamo pure fatto la doccia insieme una volta?"

"Stai bene, Milo?" chiese Lapo senza degnare Leo della minima attenzione.

Avrei dovuto essere io al fianco di Milo in quel momento. Volevo buttarmi a terra e abbracciarti. Volevo chiedergli scusa.

Ma non mi mossi. Rimasi lì, in piedi, a fissarlo senza riuscire a fare nulla, senza riuscire a dire nulla.

"Adesso so come si sentiva tua madre," mormorò Milo, mentre i suoi occhi sembravano brillare.

Mi aveva appena paragonato a mio padre?

"Aspetta ti aiuto," si propose Lapo, quando Milo tentò di rialzarsi. Lui gli fece cenno che non era necessario.

Milo si portò in piedi. Restò un attimo incerto come se non riuscisse a mantenere l'equilibrio.

I nostri occhi si incrociarono. Sostenne il mio sguardo. Quando i suoi occhi sembrarono riempirsi di lacrime, non riuscii più a reggere quella vista e dovetti distogliere lo sguardo.

Milo si voltò e corse via.

"Milo, aspetta..." esclamò Lapo, tentando di andargli dietro, ma fu fermato da Leo.

"Lascialo scappare. Abbiamo meglio da fare," disse Lei.

"Siete due idioti," disse Lapo. "Sapevo che eri uno stronzo, Diego, ma non fino a questo punto."

In realtà, non poteva neppure immaginare quanto avesse ragione.

L'amore è abbastanza?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora