Let me be the one to save you

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Capitolo 2

Let me be the one to save you


 

*JUNE’S POV*

-June! Voglio un'altra birra! Muoviti!- urla un uomo che non ho mai visto prima d’ora.

Come cazzo fa a sapere come mi chiamo?
Beh, qui tutti sanno il mio nome, ma magari si rivolgono a me con un minimo di cortesia, non come questo cretino.
Comincia bene la serata, un maniaco, il casino, e pure una band che suona: tornerò a casa esausta, addio studio notturno, sta notte solo io e il mio bel lettone.
Verso la birra e la metto davanti agli occhi del tipo, sento la sua mano prendermi per il polso.

-Ti offro da bere!- mi urla nell’orecchio, tento di togliermi la sua presa di dosso.
-Devo lavorare, scusami- cerco di dire, ma le sue dita stringono più forte la mia pelle.

Guardo negli occhi colui che mi sta facendo un po’ troppo male, ha gli occhi spalancati e fissi su di me.
Non mi è mai successa una cosa del genere prima d’ora a lavoro: questa discoteca è sempre affollata, ma mai nessuno ha osato prendermi per il polso, di solito sono tutti troppo indaffarati a ballare, a ubriacarsi o a offrire da bere a qualcun altro, per la prima volta sto avendo paura.
Dovevo ascoltare mia madre e non accettare di lavorare in una discoteca.
Aveva ragione, dedicarmi solo allo studio e a lavoretti occasionali, non lavorare in un posto come questo, dove può succedere di tutto e nessuno può sentirti.
Sento la sua presa, sento il mio cuore battere più forte, i suoi occhi puntati su di me, la sua voce che si ostina a urlarmi dietro di sedermi e di bere con lui, non riesco a rispondergli.
Un’altra mano, poi, si appoggia a quella del cliente invadente.
Alzo lo sguardo, e vederlo qui mi sorprende.

-Credo che non voglia bere una birra, sta lavorando- gli urla all’orecchio, stringendo la mano dell’ubriacone che si affretta a lasciare il mio polso.
-Ora sparisci- lo minaccia, ma il mio cliente gli ride in faccia.
-E tu chi saresti moccioso?- lo sfida, dandogli un colpetto sulla spalla.
-Vedi quei due che ci stanno fissando?- continua il mio salvatore, indicandogli due uomini, robusti, dai pettorali sporgenti, che alzano lo sguardo verso di noi.
-Ecco, sono i miei fratelli, se vuoi essere preso a pugni da loro basta dirlo.- continua il mio cavaliere, spaventando a morte il cliente, che senza aggiungere altro si alza, e se ne va, quasi correndo.

Lo guardo sorridere divertito, prendere posto, e rivolgermi la parola –A me però potresti offrire da bere, June Irwin- dice malizioso, rivolgendomi un sorrisetto fin troppo convinto.
-Luke Hemmings, che ci fai qui?- domando, versando un succo alla pesca in un bicchiere –lo sai che i minorenni non sono ammessi in discoteca?- continuo, mettendo del ghiaccio.

Lui continua a sorridermi, vedo le sue fossette formarsi sulle guance, gli occhi fissi su di me.

-Certo che lo so, ma tra poco devo suonare- mi spiega, sorseggiando un po’ dalla cannuccia –ma avevo sete, e sono venuto a scroccarti da bere, visto che ti ho pure salvato la vita- annuncia soddisfatto, facendomi ridere.
-è solo perché i tuoi fratelli sono ben messi e l’hanno spaventato, se no quello lì ti tirava una sedia in testa.- gli rispondo, indicando i due uomini.
-E chi ha detto che sono veramente i miei fratelli?- mi chiede, sorridendo ancora, facendomi l’occhiolino e alzandosi dalla sedia –grazie ancora del succo, June- e si volta, per poi incamminarsi verso la folla.

La sua testa sparisce in mezzo a tante altre e lo perdo di vista.
Tipo strano quello lì, e ci dovrò passare parecchio tempo insieme, lui e la matematica non vanno d’accordo neanche sotto incantesimo.
Abbasso lo sguardo, e comincio a raccogliere i bicchieri vuoti appoggiati al bancone; ma poi, le luci si abbassano, quasi buio, so che vuol dire: è il momento della band.
Il piccolo palco viene illuminato da una luce chiara, intravedo tre figure sopra, tre ragazzi, tre chitarre, la folla urla, li acclama, come se fossero chissà chi; li guardo da lontano, e quel viso da bambino lo riconosco, il mio “salvatore”, Luke.
Prende la chitarra, se la sistema all’altezza giusta, prova le corde, lo sguardo basso; dura solo un istante, e lo rialza verso il suo pubblico, le urla lo travolgono, si fanno sentire più forte quando un mezzo sorriso gli compare sul viso, e le sue immancabili fossette lo fanno sembrare ancora più tenero.

So Out Of ReachDove le storie prendono vita. Scoprilo ora