Capitolo 1

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Aprì gli occhi e guardai il mio telefono illuminarsi, mentre la mia 'sveglia' riempiva con le sue note tutta la mia stanza.

Dopo essermi girato nuovamente a pancia in su, mi misi a fissare il soffitto intonacato della mia stanza, ascoltando la mia canzone preferita: <Left and right> dei Survive Said The Prophet.

♪ Stavo cercando di chiamare ma la linea è stata occupata tutta la notte al telefono.

Vabbè, ci riproverò più tardi ♪

Oggi è un giorno speciale, forse il più importante di tutti i miei venti anni di vita.

♪ Se avessi controllato ogni ora dell'orologio, saremmo andati diversamente?

Se avessimo sincronizzato i nostri cuori, sarebbe stato diverso?

Dentro il guscio preparato dai nostri ideali di vita,

sto soffrendo solo per dirti come questo ciclo non stia funzionando♪

Oggi ci sarà la cerimonia dove ci verrà assegnato il nostro genere secondario, e quindi dopo 20 anni saremmo inseriti a tutti gli effetti nella società con degli stupidissimi ruoli predestinati.

Odiavo le etichette e le cazzate sulla predestinazione e sul destino immutabile di ognuno, ancora di più sul rispetto di stupite regole che sono state inventati moltissimi anni fa.

Per me <il significato psicologico della dottrina della predestinazione esprime ed esaspera il sentimento dell'impotenza e dell'irrilevanza dell'individuo. Nessuna dottrina potrebbe esprimere con maggior forza di questa l'indegnità della volontà e dell'impegno umani. La decisione sul proprio destino viene completamente sottratta all'uomo. E non c'è nulla che egli possa fare per mutare questa decisione: è uno strumento impotente nelle mani di Dio>

Guardai il libro di Erich Fromm 'Fuga dalla libertà' appoggiato sulla libreria, era di certo uno dei miei preferiti.

Nonostante tutto, ero comunque emozionato e molto nervoso.

A farmi rinsavire dai miei pensieri fu la vibrazione del mio cellulare sul comodino, segno che mi era arrivato un nuovo messaggio.

Non mi servì neanche guardare il mittente per sapere chi fosse.

Da Yoichi: Buongiorno Yuu come stai? Ci incontriamo al solito posto così andiamo alla cerimonia insieme?

Sorrisi leggendo il messaggio del mio migliore amico e gli risposi velocemente: Certo Yoichi ci vediamo tra un'ora! Vedi di non fare tardi.

Sia io che lui sapevamo benissimo che se avessimo fatto tardi ci potrebbe sgridato per bene... senza contare il fatto che tra i due, il ritardatario ero senza ombra di dubbio io, così mi sbrigai a spogliarmi e ad entrare sotto la doccia calda.

Mentre ero sotto il caldo getto dell'acqua chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi, ma come spesso capitava, dietro le mie palpebre si presentò sempre la stessa scena.

Cinque occhi vitrei mi fissavano dal pavimento, con la bocca aperta nello spasimo supremo; chino sopra di loro, una testa bionda li scuoteva e nel mentre tendeva una mano verso di me.

Erano passati 15 anni da quel fottutissimo giorno, ma nonostante il lungo tempo trascorso, questa scena era ben chiara nella mia mente; al contrario dei loro visi sfocati a causa di una amnesia dovuta allo shock, o almeno così dice la mia psicologa.

Sospirando, aprì gli occhi e mi passai una mano tra i capelli umidi.

Non passava giorno che io non vedessi quella scena, e non passava giorno in cui io non mi sentissi in colpa, maledettamente in colpa.

Razionalmente, sapevo che ciò che era successo non dipendeva da me, ma nel mio cuore, maledicevo la mia debolezza che non mi aveva permesso di proteggerli, il mio pessimo comportamento e il mio fastidioso orgoglio.

Per paura di sembrare debole, avevo deciso di recitare la parte del menefreghista che preferiva mangiare da solo, ferendo così tutti gli altri.

Solo Mika riusciva a vedere le mie vere intenzioni, quei suoi occhi sembravano leggermi dentro; davanti a lui non aveva senso mentire, tanto mi avrebbe scoperto lo stesso.

Quegli occhi.

Sono l'unica cosa che mi ricordo dei loro volti, due bellissimi occhi leggermente allungati ai lati, simili a quelli di un gatto, che a seconda sul suo umore cambiavano tonalità, passando da un azzurro chiaro come il cielo a un grigio cupo quando era furente.

Quegli occhi che nei miei sogni mi colpivano come lame perché leggevo in essi il dolore e il rammarico.

Sospirai per la seconda volta in breve tempo, e spensi il getto della doccia.

Mi guardai allo specchio coperto di vapore, non permettendomi di distinguere i miei stessi tratti somatici; sarebbe stata una lunga giornata.

Mio amato serafinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora