Capitolo 35

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Iris aveva già fatto un paio di giri di corsa, quando finalmente Nat arrivò per allenarsi con lei.
«Allora, come ti senti?» le chiese la rossa, per rompere il ghiaccio.
«È una strana sensazione, ad essere onesta. Mi stanco molto più in fretta e ne risento più a lungo.» le confessò l'altra.
«Sei stata ferma per un po', ma vedrai che passerà. Devi solo allenarti un po' di più per recuperare il ritmo.»
«Vorrei che fosse solo questo, ma non è così...» per quanto volesse evitare di pensarci, Iris era consapevole del fatto che senza i suoi poteri era molto più difficile difendere sé stessa e i suoi amici.
«Iris, tu sei fortunata. Hai iniziato ad allenarti quando ancora avevi i tuoi poteri. Adesso devi solo continuare l'addestramento. Poteva andare molto peggio. Siamo stati previdenti, ed è stato un bene. Dai, fammi vedere se ti ricordi ancora qualcosa.» la sfidò.
Iris si mise in posizione di difesa, ma non si mosse. Non sarebbe toccata a lei la prima mossa ed intuendo ciò la Vedova partì subito con un pugno.
Piuttosto che pararlo, Iris si spostò all'indietro con poca agilità, rischiando quasi di inciampare nei propri piedi.
Non riusciva a concentrarsi, non riusciva a pensare di difendersi e contrattaccare insieme. La sua mente non faceva altro che dirle che sarebbe potuta cadere, che avrebbe potuto battere la testa, che un pugno mal assestato sarebbe potuto essere fatale.
«Hei! Che cosa era quello?» si bloccò Nat.
«Niente, sono solo fuori allenamento. Riproviamo, stavolta sono pronta.» mentì l'asgardiana, riprendendo la posizione di difesa.
La vedova attaccò ancora una volta, questa volta con un calcio, rallentando leggermente i suoi movimenti per studiare la risposta della sua avversaria.
Anche stavolta si stupì, in senso negativo: al posto di bloccare la sua gamba e contrattaccare, Iris portò le braccia al petto, come a formare uno scudo, una tecnica banale, assolutamente non alla sua altezza.
«Okay, vuoi dirmi quello che sta succedendo?» le chiese la rossa, intenzionata ad andare fino in fondo alla faccenda.
«Sono solo fuori allenamento, te l'ho detto.» mentì di nuovo l'altra.
«Non è vero. Dimmi che ti passa per la testa.»
Iris sbuffò, pensando che ultimamente si trovava troppo spesso incastrata in conversazioni che non voleva portare a termine.
«Non riesco a fare a meno di pensare che qualsiasi cosa possa uccidermi. È più forte di me. Da quando mi sono svegliata non riesco a pensare ad altro quando sono di fronte ad un pericolo. Non riesco più a ragionare. Sento solo questa voce nella mia testa che mi dice che sto per morire.» snocciolò prima lentamente, poi accelerando finché le parole non divennero come un fiume in piena.
«So che è difficile, Iris, ma non puoi lasciare che questo ti distrugga. Devi ricordarti perché stai lottando.»
«Ho lottato per tutta la vita. Sono stanca di lottare. Vorrei solo poter stare tranquilla.»
Era quello il punto della questione. Era stanca di quella vita, di dover sempre lottare per restare a galla, di perdere sempre pezzi di sé.
«Questo è il motivo per cui esistono gli Avengers. Far sì che il mondo sia un posto tranquillo.»
«Non vi sarò utile di questo passo.»
«In realtà conosco un modo per farti venire voglia di combattere. Ma non ti piacerà.» spiegò la rossa alla sua amica.
«Se credi che possa funzionare, va bene tutto.»
«Beh, se proprio insisti... Jarvis? Chiama Bucky. Fallo venire qui se può.»
Dopo qualche istante, l'intelligenza artificiale gli comunicò che il super soldato le stava raggiungendo.

[...]

Il moro fece il suo ingresso in palestra qualche minuto dopo.
«Che c'è, non riesci a starle al passo?» canzonò la vedova nera.
«Qualcosa del genere.» rispose vagamente lei ed Iris la ringraziò con lo sguardo per non averne parlato con il moro.
«Allora, cosa devo fare?» chiese lui.
Natasha gli indicò un punto al centro della palestra «Mettiti lì.» gli ordinò «Dopodiché non devi fare altro.» gli spiegò.
«In che senso?» chiese lui.
«Dovrai incassare tutti i miei colpi senza rispondere o parare. Sarà Iris a bloccarli per te. Qualora non ci riuscisse, beh, peggio per te. Sarai il mio sacco da boxe. » spiegò la rossa. Il super soldato si limitò ad annuire. «Sono pronto.» affermò.
«No, Nat. Non farlo.» la pregò Iris, ma sapeva che non sarebbe servito a niente. E infatti un attimo dopo la rossa partì all'attacco con una serie di mosse.
Bucky non reagiva, di tanto in tanto emetteva qualche verso strozzato, ma non più di questo.
«Basta, Nat! Adesso devi fermarti!»
le ordinò la corvina, ma questo non sortì nessun effetto sulla spia.
«Vuoi che mi fermi? Allora fermami.» la sfidò, bloccando il moro con una mossa da strangolamento. Fu quando lui si inginocchiò per terra e la guardò dritto negli occhi che lei non pensò più a tutto quello che le immobilizzava le gambe, le braccia, che le faceva dimenticare anche come si stringessero le mani per formare un pugno, e si lanciò contro la sua amica.
Andava bene tutto, ma quello era troppo. Non lui. Non lui. Queste erano le uniche sue parole che le martellavano in testa. Ferisci me. Colpisci me. Ma non lui.
Iniziò a colpirla con una foga tale che perse completamente il controllo del suo corpo. Ora era l'istinto a prevalere, a comandare.
Si sentiva come un animale appena uscito dalla gabbia. Era feroce, era fuori controllo... e le piaceva.
La memoria muscolare aveva preso il sopravvento su tutto il resto, cosicché lei non dovesse nemmeno pensare alla mossa successiva. Difendi. Difendi. Si ripeteva solo queste parole in mente, il suo corpo faceva il resto.
Attacca. Attacca. Colpisci più forte.
Era per lui che stava combattendo. Per la sua squadra. Si sentiva ringhiare tra i denti.
«Basta così, Iris.» la richiamò il moro a qualche passo di distanza. Ma lei non lo stava ascoltando. Sentiva la sua voce, ma era lontana. Troppo lontana.
«Iris.» la chiamò ancora lui, più vicino e più deciso della prima volta. Riprese il controllo della situazione.
Non si era nemmeno resa conto di aver bloccato Nat in una presa e che ormai era ferma così da un po'. Si alzò di scatto dalla rossa.
«Stai bene?» le chiese, porgendole la mano.
«Si, tranquilla.» le rispose afferrandola e facendo forza sulle gambe per alzarsi. «Non è la prima volta che mi strangoli.» scherzò.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora