Capitolo 22

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«Loki, dove sei?» chiese Iris, visibilmente triste.

Se si fosse voltata indietro adesso probabilmente sarebbe scoppiata a piangere. Avrebbe dovuto spegnere i suoi sentimenti almeno per un po', il tempo necessario per dare a Loki il suo stupidissimo trono. Aveva perso tutto quello che aveva: un'amica, un amore, una famiglia. Avrebbe davvero dovuto smettere di fare tutte quelle promesse, dato che le si ritorcevano sempre contro.

Suo fratello le si palesò dinanzi, sorridendo beffardamente. Se avesse avuto meno autocontrollo probabilmente gli avrebbe dato un gran bel pugno in faccia, ma restò immobile.

«Eccoti, sorellina. Allora, sei pronta a distruggere questo posto?» le chiese lui.

«Se lui dovesse arrivare, io mi farò da parte e non alzerò nemmeno un dito in tuo favore.»

«Lui non c'è mai stato per te in questi anni, perché dovresti trattarlo come un tuo fratello?» strinse i pugni il dio degli inganni.

«Non ho mai detto che lo sto facendo per lui.»

«E per chi, di grazia?» alzò il tono lui, irritato.

La risposta non arrivò mai alle orecchie di Loki, rimase intrappolata nella mente di iris, nel suo cuore. Lui non avrebbe capito.

«Io ti voglio bene, Loki. Te ne ho sempre voluto.»

«Ma nemmeno tu vuoi aiutarmi.»

«Forse non voglio aiutarti in questo, ma a fare la cosa giusta.»

«Non mi importa cosa sia la cosa giusta, non farebbe più alcuna differenza. Inizia dal Bifrost, se attaccherai Hemindall lui non potrà arrivare.»

[...]

Iris fece ciò che Loki le aveva chiesto come se fosse un robot. Non si fece domande, non cercò risposte, non diede alla mente la capacità di ragionare su ciò che stava accadendo: se si fosse lasciata prendere da queste cose, non avrebbe avuto la forza di fare neanche un passo.

Arriva un momento della vita in cui bisogna fare un resoconto, mettere sulla bilancia tutte le proprie scelte e vedere da che lato pende. Non era quello, il momento di Iris. La sua bilancia non era ancora pronta, i suoi pesi non erano completi.

«Hemindall.» chiamò, una volta all'interno della cupola. La spada era al centro, del guardiano nessuna traccia. Fece un altro passo e poi lo vide comparire e prendere la spada. Si bloccò.

«Non hai mai detto ad Odino dove mi trovavo, ma non mi sono mai nascosta ai tuoi occhi.»

«Stare lontani dalla propria terra è anche peggio che essere rinchiusi, a volte.»

«Gli hai giurato fedeltà.»

«Anche tu l'avevi fatto. Avevi anche giurato di proteggere questo ponte. Eppure adesso sei qui. Quali sono le tue intenzioni?»

«Combatterti.» sussurrò lei, poco convinta. «Ucciderti, poi distruggere il Bifrost.» la sua voce si inclinò, poi scattò in avanti, tentando di ferire Hemindall con delle sfere di energia, ma lui sapeva i suoi punti di forza e quelli di debolezza, dopo tutti gli allenamenti che avevano fatto insieme.

Creò una lama di energia oscura e si fiondò nuovamente verso di lui, che la schivò e contrattaccò.

Andarono avanti così per molto tempo, facendosi solo lievi graffi superficiali.

«Sei migliorata tanto.»

«Tu non sei da meno, sai?»

«Essere un guardiano porta a questo, devi farlo per forza.»

«Già.»

Iris pensò che certe cose andavano fatte e basta, che a volte la libertà di scelta non è possibile o non è resa possibile dalla nostra mente. Avrebbe potuto fermarsi, aspettare che Thor arrivasse e che lui e Loki si distruggessero a vicenda, oppure avrebbe potuto scegliere di non partire, di restare con i suoi amici e di chiedergli scusa molte molte volte, ma era andata via. Certe volte non si può scegliere, altre volte lo si vorrebbe fare solo quando non è più possibile. Da che lato si sarebbe inclinata la sua bilancia?

Non lo sapeva e non poteva fare a meno di pensarci, mentre feriva Hemindall al braccio, poi alle gambe, poi lanciava via la sua spada e passava al corpo a corpo.

«Sei diventata brava anche in questo, vedo» si complimentò il suo avversario.

«Ho avuto buoni maestri.» spiegò lei, prima di bloccarsi un secondo.

Nat. Steve. Bucky. Cosa stavano pensando di lei, adesso?

Quel secondo le fu fatale, perché il guardiano la scaravento in fondo alla cupola, probabilmente facendole rompere due costole che sarebbero comunque guarite velocemente. Restò a terra abbastanza, non aveva la forza di rialzarsi, o forse non ne aveva voglia. Non era giusto, non lo era. Aspettò che Hemindall la attaccasse di nuovo, le palpebre a coprirle la visuale. Meglio debole che in grado di ferire le persone che ami, si ripeteva.

Una luce potente le illuminò il viso e quando alzò lo sguardo, Thor, Nat, Steve, Clint e Bucky erano lì, di fronte al guardiano, che parlavano con lui.

Non doveva più lottare, non doveva più fare ciò che Loki voleva, ma adesso si sarebbe scontrato con Thor e probabilmente uno dei due non ce l'avrebbe fatta. Ancora una volta non seppe quale fosse la cosa giusta da fare, così si alzò lentamente. Le costole erano già tornate al loro posto e non le facevano più male, ma lo sguardo dei suoi amici bruciava come migliaia di soli e nemmeno li stava guardando.

Sentì una mano afferrare la sua, l'avrebbe riconosciuta tra milioni, quella stretta.

Bucky.

Diverse lacrime le solcarono il viso e non poté che gettarsi tra le braccia del suo soldato. Lui era lì, incurante di ciò che gli altri potessero pensare, e la stringeva al suo petto, accarezzandole la schiena.

«Non dovrai più far niente per lui, non permetterò che scelga per te, non ti perderò per l'ennesima volta.»

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora