Capitolo 5

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Per fortuna anche quella mattina Iris poteva cucinare i pancake con la vecchia ricetta che tanto amava. Rock richiamava la sua attenzione con la zampa destra, nel disperato tentativo di poter assaggiare un po' di quello che la sua padrona stava preparando. La faccia che il cucciolo assumeva in queste situazioni faceva sempre ridere la corvina, convincendola a dargli ciò che chiedeva e stavolta non era diverso.

Dalla sera precedente lei ed il Soldato non si erano più rivolti la parola, ed immaginava che fosse stato per l'imbarazzo creatosi in macchina. Poteva capire che il moro si fosse trovato in difficoltà dopo ciò che aveva detto perché riusciva a comprendere il suo carattere introverso e poco fiducioso, così simile al suo. D'altro canto sapeva che per lui quella situazione non era affatto facile: sebbene lei fosse abituata alla criminalità, sapeva che per il Soldato non era lo stesso e che trovare piacevole un evento illegale poteva significare per lui una grande sconfitta, ma ovviamente non gliene avrebbe parlato.

A modo suo aveva già tentano di aiutarlo, giustificando il suo atteggiamento con l'influsso dei suoi poteri, ma non credeva si trattasse esclusivamente di questo: la mente di lui era davvero così debole? Così facile da aggirare?

L'ingresso del soggetto dei suoi pensieri in cucina le fece distogliere l'attenzione da quei pensieri così poco da lei. «Buongiorno.» le disse lui e lei rispose allo stesso modo.

«Come hai dormito?» chiese, per smorzare la tensione del silenzio.

«Come al solito.» si limitò a dire lui, facendole intuire che forse aveva deciso di distaccarsi molto di più di quanto fosse realmente necessario. Era evidente dalle sue occhiaie che non aveva chiuso occhio, ma ancora una volta, lei non avrebbe detto nulla a riguardo.

Una chiamata le fece distogliere l'attenzione dal Soldato.

«Pronto?»

«Hei, Iris. Sono Trevor. Il carico per Jackson è arrivato. A momenti sarà qui anche lui.»

«Perfetto. Puoi tenere tu il 50% del compenso, il resto depositalo sul solito conto.»

«Grazie, a dopo allora. Stasera sarai al locale?»

«No, andrò al Rose.» Concluse la chiamata Iris.

[...]

Bucky era tanto stanco quanto irritato dal comportamento che aveva avuto la notte precedente. Come aveva potuto anche solo pensare che potesse divertirsi in un'occasione del genere o che andava bene passare del tempo con quella ragazza per tentare di dimenticare tutto ciò che aveva fatto? I parenti e gli amici di chi aveva ucciso non si erano affatto scordati di ciò che aveva fatto e lui non meritava questo privilegio, anzi. Lui era quello che più di tutti meritava il dolore che sentiva, poiché era stato troppo debole per respingere l'avanzare dell'Hydra nella sua vita e nella sua mente e al contempo era stato così forte da meritarsi l'appellativo di Soldato D'Inverno, che non lo avrebbe mai e poi mai abbandonato. Alle volte si chiedeva come fosse possibile che Steve pensasse che quello potesse diventare il nome di un'eroe e come avesse fatto a convincerlo a provarci era ancora un mistero. Lui per primo non si sarebbe mai accettato, figuriamoci il resto del mondo.

[...]

Iris e Bucky erano appena giunti di fronte al Rose, un locale davvero molto elegante e pieno di gente importante. Molto alla Tony Stark, insomma. «Cosa ci facciamo qui?» chiese il Soldato, sentendosi già inadatto a studio url posto. «Non posso farmi vedere in un luogo del genere, per la polizia sono ancora un problema, non ho un buon rapporto con questi posti.» continuò.

«Non qui.» rispose Iris, puntando il suo guardo su un'entrata laterale del locale che aveva una folla a stento domata da un bodyguard. «Lì.» accennò un'indicazione col capo, dirigendosi nel luogo che stava puntando con lo sguardo insieme al Soldato, di fronte all'uomo in smoking che si occupava della folla.

«Mike, qualcuno qui ti sta dando particolari problemi?» gli chiese la corvina. «Hai bisogno di una mano dal mio nuovo amico?» continuò, scostandosi e facendo risaltare il braccio di metallo del Soldato con il fascio di luce di un lampione. La folla si acquietò all'istante, facendo scuotere il capo all'uomo. «Penso che staranno buoni, adesso.»

Avrebbero sparso la voce, era quello che lei voleva.

«Perfetto. Andiamo, Soldato.» annunciò Iris, calcando l'ultima parola e sorpassando la fila di persone.

All'interno il locale era davvero enorme e capiente, sebbene fosse situato in un piano interrato. Al centro si ergeva un grande ring limitato da delle sbarre di metallo. Iris si diresse in dei posti speciali che probabilmente erano di sua proprietà, abbastanza lontani dalla folla e la loro visuale era migliore di tutti gli altri, che si limitavano ad imitare dei semplici spalti da stadio. Di fronte all'entrata vi era anche un angolo bar, costellato di gente che sembrava aver dimenticato cosa significasse stare eretti.

Un uomo con un microfono si presentò al centro del ring, e la folla si agitò di conseguenza, come se fosse incapace di aspettare che quello terminasse in suo discorso. «Buonasera a tutti. Stasera, prima di presentare gli sfidanti, vorrei fare un ringraziamento speciale ad Iris, che ci permette ogni sera di osservare questi combattimenti.» la folla emise grida di eccitazione, girandosi verso i due. Iris accennò un saluto al presentatore, mentre Bucky rimase impassibile. «Bene, adesso vi presento gli sfidanti di questa sera! All'angolo di destra John, vincitore della battaglia precedente, mentre a quello di sinistra Manson, direttamente da Los Angeles. Che vinca il migliore e ricordate: fama o morte!» la folla andò su di giri più di prima, mentre i partecipanti entravano nel ring. John era un uomo di colore, altissimo e senza ombra di dubbio molto forte. Manson era poco più giovane e di conseguenza molto meno sviluppato, ma molto più agile. Nonostante ciò, poco tempo dopo, John iniziò una raffica di pugni che Manson non riuscì a schivare.

«Perché non lo ferma nessuno?» chiese Bucky, preoccupato per le condizioni del partecipante.

«Fama o morte. La sfida si concluderà con la morte di uno dei due sfidanti, non prima.»

«Ma è una follia! Tu li puoi fermare, Iris!» tentò il Soldato, girandosi verso di lei, che non fece una piega. Sapeva com'era. Non si sarebbe fermata.

«Sta al tuo posto, Soldato.» rispose lei, in tono glaciale, senza girarsi nella sua direzione.

Bucky tentò di alzarsi ma era come se una forza superiore lo tenesse ancorato alla sedia. «Non ci provare. Io sto mantenendo la mia parola, e te ne ho dato dimostrazione più di una volta. A te tocca fare lo stesso.»

«Non posso lasciare che quell'uomo muoia!» tentò ancora una volta di divincolarsi, ed ebbe per la prima volta l'attenzione della ragazza su di se. Gli occhi celesti di lei erano impenetrabili, freddi ed allo stesso tempo abissi senza fine, le labbra rosse erano chiuse in una linea dritta.

«Avresti dovuto pensarci prima di accettare il nostro patto, allora. Loro mi implorano di partecipare a queste sfide, sanno benissimo con chi avranno a che fare sul ring e posso scegliere se ritirarsi meno, ma sono troppo orgogliosi per farlo. Non intendo aiutare qualcuno che mi implora di combattere, consapevole di poter morire.»

sputò velenosa e lì il moro si riscoprì incapace di replicare, così decise di tentare un'ultima volta.

«Iris... tu puoi.» sussurrò, ma il tono disperato non servì a molto, poiché mentre vide un lampo negli occhi di lei che gli fece sperare mettesse fine a quella follia, la campanella che annunciava che l'incontro era terminato suonò e due uomini presero il corpo esanime di Manson dal suolo del ring ormai pieno di sangue che si andava già raggrumando, trascinandolo via di peso e senza alcun rispetto, mentre la folla si andava dissipando.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora