Capitolo 45

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I combattimenti si erano interrotti e i combattenti si erano spostati all'interno dell'arena, alle spalle del palazzo d'argento. Quel momento era stato così surreale da non sembrare vero: le due fazioni procedevano verso l'arena, disponendosi sui due lati opposti, senza che vi fossero scontri nel mentre. Gli uomini erano feriti, sporchi del sangue proprio e di altri, ancora carichi di adrenalina, ma ignoravano il nemico e andavano a prendere posto nella propria parte.
L'arena era ovale, i lati più lunghi gremiti di gente che si accalcava in cerca del posto migliore per vedere lo scontro.
Iris si trovava al centro, a poca distanza da Heid. Il terreno sotto di lei era una distesa di sabbia chiara, ma poteva sentire la durezza del terreno, quindi se fosse caduta in malo modo si sarebbe comunque fatta abbastanza male. Questo era tutto quello che poteva sapere su quel posto, poi non c'erano trucchi, soltanto una distesa di sabbia. Uno spazio troppo ampio per lei che non aveva energia oscura per riempirlo.
«Fa che funzioni.» sussurrò tra sé e sé, rivolta non si sa bene a chi.
Si mise in posizione d'attacco, non distogliendo lo sguardo dal suo avversario. Non doveva capire, o avrebbero perso la loro unica opportunità.
Heid estrasse la sua spada, e così Iris i suoi coltelli. Erano simili a quelli di Loki, ma le sue lame erano fatte in vibranio.
«Spero che tu sia pronto a morire.» ringhiò al suo avversario, lanciandosi contro di lui. Quando stava per prenderlo frontalmente, cosa che sicuramente lui avrebbe previsto, scattò a destra e gli colpì il punto dietro al ginocchio, facendo in modo che la prima gamba cedesse.
Lui aveva capito cosa stava per fare, così aveva spostato la gamba, evitando che gli lacerasse il tendine, infatti la corvina riuscì a ferirlo solo superficialmente.
«Stai iniziando a giocare sporco. Non ricordavo che usassi questi insulsi trucchi. Allora, dove si trova il tuo vero potere?» le ruggì lui.
«Non sei degno di quel potere!» disse lei con sdegno, mentre parava la spada che incombeva su di lei creando una croce con le sue due lame. Colpi veloci si susseguirono, Iris stava iniziando a rallentare, mentre Heid sembrava ancora carico della rabbia che lo aveva aizzato contro di lei.
Iris aveva già collezionato tutta una serie di graffi superficiali, quando lui riuscì a farle volare una delle due lame.
«Cazzo!» esclamò la corvina, passando quella restante dalla sinistra alla destra. Pregò che Thor, Tony e Clint impiegassero poco tempo, perché sentiva di non averne ancora molto a disposizione.
«Credi ancora che non sia degno del tuo potere? Vuoi morire credendolo? In tal caso, sarai accontentata!» la sfidò Heid.
Iris stava per aprire la bocca e controbattere, quando una voce alle sue spalle la anticipò gridando più forte delle altre «Smettila di giocare, Iris. Fagli vedere quello che sai fare!»
Suo fratello Loki. Si girò abbastanza da incrociare i suoi occhi, ormai vicina al muro per distanziarsi dal Vanir e riprendere fiato e lo vide annuire. Aveva un piano. Ne era certa.
«E va bene. Allora giochiamo seriamente.» disse la corvina, riponendo la sua lama e alzando il braccio destro.
"Fa che abbia capito. Fa che non mi stia sbagliando." implorava dentro di sé, ma era sicura che dall'esterno avesse uno dei suoi sguardi più freddi e letali di sempre. Vide comparire due sfere nere sulle sue mani. Sapeva di non essere lei ad averle create, ma che suo fratello le stava manipolando per lei. Erano solo un riflesso della luce, un'illusione, ma questo Heid non poteva saperlo. E lei avrebbe avuto il tempo necessario per riposare.
«È la Dea dell'energia oscura che volevi? Allora vieni a prenderla.» sorrise gelida, ma in cuor suo non potè fare a meno di pensare alle prima parole che Bucky le aveva rivolto. "Se è il Soldato D'Inverno quello che vuoi, vieni a prenderlo."
Spalancò le braccia e le due sfere sparirono, sostituite da migliaia di aghi acuminati alle sue spalle.
Fu in quel momento che accadde.

Il primo colpo fu scagliato dall'armatura di Tony, che aveva una sorta di cerchio nel quale Thor aveva scagliato i suoi fulmini. I colpi successivi furono le frecce di Clint. Appena ne lanciava una, quella precedente esplodeva.
Poi fu il momento dei fulmini di Thor. Fu una strage. Tutta la parte dell'arena occupata dai Vanir crollò su se stessa, seppellendo quelli che erano ancora vivi.
Heid non ebbe il tempo di formulare una frase di senso compiuto che Bucky saltò giù dal suo posto e gli riversò più proiettili del necessario in corpo.
Avevano giocato sporco. Ma i nove regni erano più importanti di quello. In quel caso il fine giustificava i mezzi.
Heid, essendo un Vanir, era comunque duro a morire. Iris gli si avvicinò, consapevole che ormai non avrebbe più potuto farle nulla.
«Iris.» la richiamò il super soldato con tono preoccupato, l'arma ancora puntata su di lui e pronta a fare fuoco.
«Sta tranquillo. L'hai sistemato per le feste.» gli rispose la corvina, abbassandosi su Heid, mentre il suo sangue si stendeva tutto intorno, finendole sotto la suola delle scarpe.
«Sai, i midgardiani hanno un modo di dire che calza davvero a pennello. "In amore ed in guerra tutto è lecito".» gli disse.
«Tu...come...» capì cosa voleva dire. Come hai fatto a venir meno alla tua promessa. Sorrise.
«Da un po' di tempo non sono più la Dea dell'energia oscura. La mia nuova condizione ha rimosso anche tutti i miei vincoli.» spiegò.
«La mia gente... Non prendertela con il resto della mia gente.» furono le ultime parole di Heid, appena udibili. Una preghiera. Una preghiera per il suo popolo.
Era pronto a morire per difendere il suo popolo ed i suoi uomini. Iris non riuscì più a dire nulla, commossa da quello che aveva visto e udito. Heid aveva sbagliato ad attaccarli, ma forse non lo aveva fatto per il potere, forse lo aveva fatto per l'uguaglianza.
Gli chiuse gli occhi con la mano. La stessa mano che lo aveva ingannato.
«Iris.» la richiamò di nuovo il moro, unico spettatore di quanto era accaduto. «Vieni qui. È finita.» le disse, abbassando l'arma e riponendola in una tasca apposita.
La corvina lo fece, assimilando quello che era appena successo. Avevano vinto, ma a quale prezzo?
«Passerà.» le disse lui stringendola tra le braccia. «È finita.» le ripetè ancora. «Guardami.» le disse, prendendole il mento con le mani come aveva fatto tante volte, incurante che qualcuno potesse vederli. «Lo hai fatto per salvare la terra, i tuoi amici, gli asgardiani che stavano combattendo al tuo fianco. Era la cosa giusta da fare.» le spiegò, asciugandole un rivolo di sangue che le cadeva da una ferita sulla guancia.
«Adesso torneremo a casa e ci lasceremo tutto questo alle spalle. Staremo tranquilli per un po'. Tuo padre provvederà ad aiutare quelli che sono rimasti, vedrai.» cercò di convincerla. Lei annuì, per poi poggiargli la testa sul capo e lasciare che il suo calore la cullasse per un po'. Tutti i rumori di fondo sembrarono sparire. C'erano solo loro due, al di là del tempo e dello spazio, dovunque e da nessuna parte.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora