Capitolo 16

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Ancora una volta Iris si ritrovava a percorrere i corridoi che la separavano dalla palestra, decisamente più dolorante del giorno prima e molto meno entusiasta, sopratutto perché oggi il suo personal trainer sarebbe stato il Capitano.

Dopo ciò che Iris gli aveva detto prima di andare da Trevor non si erano quasi rivolti la parola, se non per salutarsi e lei lo aveva evitato il più possibile.

Il giorno precedente era tornato dopo cena, nemmeno lo aveva visto in giro.

Non gli andava a genio il fatto che non si credeva a ciò che dicesse, e soprattutto che non si credesse alla sua parola d'onore.

«Sei in ritardo.» sentì, non appena mise piede in palestra e per poco non sobbalzò, assorta com'era nei suoi pensieri, guardò l'orologio alla parete.

«Sono in ritardo di un solo minuto, buongiorno anche a te.» tentò di giustificarsi la corvina, ma ogni tentativo fu vano.

«In battaglia un minuto può essere fatale.»

«Ma noi siamo in una palestra.» sospirò la ragazza, intuendo che sarebbe stata una lunga giornata. «Cosa devo fare?» continuò, nella speranza di non iniziare una discussione così presto.

«Iniziare a correre.» affermò il biondo, e lei lo fece senza esitazioni. Se con Natasha poteva dimostrarsi stanca, con lui quest'opzione era del tutto scartata. Non avrebbe mostrato cenno di cedimento.

Corse per più di un'ora questa volta, e se il giorno prima aveva creduto di non farcela, in quel momento ogni fibra del suo essere le sembrava lacerarsi come sotto i colpi di una frustra e tutto le bruciava terribilmente, ma non un verso lasciava le sue labbra serrate. 

«Così può bastare, adesso alterna tre serie di questi esercizi.» le disse Steve, mostrandole che cosa fare.

Mentre faceva ciò che le era stato detto, pensava che aveva terribilmente ragione a pensare che quest'allenamento sarebbe stato molto peggio rispetto a quello di Natasha e Bucky, il capitano non scherzava per niente.

Terminati gli esercizi che le erano stati assegnati, Iris andò verso Steve, che era intento a tirare dei pugni ad un sacco da boxe.

«Io ho finito. Devo fare altro?» chiese al biondo.

«Per oggi basta così, puoi andare.»

«Al prossimo allenamento, allora.» tentò lei, in un vago tentativo di saluto, ma lui si limitò ad un cenno del capo, facendola sospirare.

Probabilmente il discorso che aveva fatto non aveva sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello del biondo. Fece per andarsene, ma poi tornò indietro.

«Ascolta... io non voglio che Bucky soffra, se è questo che ti preoccupa. Lui è anche mio amico e credo di volergli bene.» tentò, ricordando ciò che le aveva detto Natasha.

«Non credo che Buck possa soffrire per te, ma se non fosse stato per il suo intervento ora io e tutta la squadra saremmo sotto terra per colpa tua.»

«Anche tu mi stavi attaccando, io non ti porto rancore!» sbottò lei esasperata, così lui smise di prendere a pugni il sacco e la fissò dritta negli occhi.

«Ti sei trasformata nella donna che amo, per indebolirmi. Lei è morta e non passa giorno in cui io non pensi a lei e mi illuda sperando che potrei rivederla, magari. E per un attimo lei era là, capisci cosa può significare, questo?» le chiese con rabbia, quasi urlando.

«No...» gli rispose lei in un sussurrò. «Non ho mai amato nessuno come tu amavi lei.» continuò, ed era maledettamente vero. Lui sbuffò irritato, passandosi una mano tra i capelli.

«Per questo non mi fido di te. Non hai nessuno per cui lottare. Darei la vita per ogni mio singolo compagno di squadra, senza pensarci due volte. Tu no, tu sei fatta per distruggere, non hai niente o nessuno da proteggere. Certe cose non cambiano.» sputò velenoso lui, lasciandola senza parole, perché aveva tremendamente ragione.

Semplicemente tacque ed andò via, sentendo dietro di sé il rumore del sacco da boxe che si infrangeva al suolo.

[...]

Non si presentò a cena, quella sera, persa com'era nei suoi pensieri. Sentiva così tanto il peso delle parole che Steve le aveva riservato, che non provava nemmeno dolore.

Sentì bussare alla porta ma smise perfino di respirare, pur di non far intuire la sua presenza e doversi confrontare con un altro essere animato. Voleva semplicemente stare lì a crogiolarsi nel letto e a pensare, ma evidentemente questa grazia non era possibile perché la porta si aprì comunque, rivelando Bucky al di là della soglia.

«Hei, ho bussato, ma non mi hai sentito.» si giustificò per essere entrato. «Qualcosa non va?» continuò, chiudendo la porta alle sue spalle.

«Sono solo stanca.» si limitò a dire Iris, che non voleva in alcun modo causare ulteriori problemi a Steve ed incrementare la sua indisposizione.

«Quindi non c'entra nulla il fatto che tu e Steve avete litigato?» chiese il moro.

«Non mi va di parlarne con te, sei il suo migliore amico e non voglio causare problemi.» spiegò lei, mettendosi seduta con le gambe a cavalcioni e facendo spazio sul letto. Bucky le si mise di fronte e per un po' restarono in silenzio, mentre Iris osservava il braccio in vibranio scintillante. 

«Posso toccarlo?» chiese, un po' timorosa, ma il soldato annuì.

Iris si fece più vicina a lui, ed alzò piano il bracciò. Sfiorò quasi impercettibilmente la linea in cui il vibranio si congiungeva alla pelle dell'uomo, ma invece di deviare verso il freddo metallo, deviò verso quest'ultima, passando dalla spalla al collo e poi al lato del viso, che sfiorava appena con pollice, mentre i capelli di lui le solleticavano il dorso della mano.

In quel momento si ricordò di quando fece suo tutto il suo male, svenendo tra le sue braccia. Lo avrebbe fatto ancora, si. E non perché era obbligata o per ricambiargli un favore, ma perché voleva aiutarlo e basta.

«Sei tu...» sussurrò più a se stessa che al moro, colpita da una folgorazione.

Steve si sbagliava, perché anche lei aveva qualcuno per cui lottare e da difendere ad ogni costo. Ed era la stessa persona che alche il biondo si riservava di proteggere.

«Cosa?» le chiese lui, fissandola negli occhi senza accennare ad annullare il contatto.

La corvina sembrò risvegliarsi da un sogno, guardando il moro come a chiedersi cosa stessero facendo. Tentò di ritirare la mano, ma Bucky la bloccò con la sua in vibranio, avvicinando ancora di più il viso della corvina al suo.

Razionalmente Iris non seppe mai a cosa stava pensando, forse perché non stava pensando a niente, ma sentiva la testa così leggera ed invece lo stomaco così pesante.

Si guardarono negli occhi e vi scorsero lo stesso riflesso dei propri, non è forse questa l'essenza di due anime destinate a ricongiungersi al di là del tempo e dello spazio?

I loro sguardi scesero sulle labbra e si annullarono nella nascita di un bacio.

Per lei, che di anni ne aveva fin troppi, quello era il primo bacio. Per lui, era il primo dopo essere stato il Soldato D'Inverno.

Perché dopo tutto il dolore, anche la più spietata delle creature è destinata ad un briciolo d'amore.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora