Capitolo 8

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Iris si sentiva stanca come poche volte in vita sua e la testa le faceva un male tremendo. Cosa era successo? Non riusciva a metterlo a fuoco e dovette ragionarci su per un po', per poi ricordarsi la sensazione della braccia del soldato che la afferravano e dopo solo il buio. Fece un sorriso fiero, sebbene non avesse ancora aperto gli occhi: ce l'aveva fatta ancora una volta e non le importava del dolore e del fatto che fosse svenuta tra le sue braccia, perché lei aveva vinto e tutto quello valeva la vittoria.

«Sei sveglia?» Si sentì chiedere.

Annuì col capo, cercando di girarsi verso destra, dove aveva sentito provenire la voce, poi aprì pian piano gli occhi cercando di mettere a fuoco sia lui che il posto in cui si trovava: era in camera sua e il soldato era seduto su una sedia vicino al suo letto, con i gomiti sulle ginocchia e la testa appoggiata alle mani.

«Riesci a parlare?» continuò lui.

«Si...» rispose la corvina con una voce così flebile che pensava che lui nemmeno fosse riuscito a sentirla, ma per fortuna si sbagliava. La gola le bruciava tanto, così tentò di alzarsi per andare a prendere un po' d'acqua, facendo leva sulle braccia, ma non riuscì a fare poi molto.

«Aspetta. Ti do una mano io.» si offrì il moro.

«No...» si oppose lei, guardandolo dritto negli occhi. Non avrebbe accettato l'aiuto di qualcuno per mettersi seduta su un letto, non lei che era così potente. Eppure si sentiva così debole in quel momento che un aiuto sarebbe stato gradito, ma il suo orgoglio proprio non lo accettava. «Ce la faccio da sola.»

«No, non è vero. Tu mi hai aiutato, ed è per questo che stai così adesso, quindi fatti aiutare.» non spostò lo sguardo nemmeno per un secondo e quegli occhi così profondi le fecero ricordare l'uomo seduto su quella sedia ed il suo sguardo così diverso. Abbassò lo sguardo ed annuì impercettibilmente col capo. Magari, lui avrebbe potuto aiutarla. Solo un pochino.

Il moro l'aiutò a mettersi seduta e le appoggiò un altro cuscino dietro la schiena, in modo tale che non dovesse affaticarsi troppo.

«Mi prenderesti un po' d'acqua?» gli chiese e lui annuì, sparendo dietro la porta e tornando poco dopo con un bicchiere. Lo prese e bevve, di certo non era disperata al punto tale da doversi far aiutare anche per bere un po' d'acqua.

«Sapevi che sarebbe successo questo?» chiese lui, dopo un po' di silenzio. Evidentemente non era sicuro di voler fare quella domanda, forse temendo una reazione negativa dalla parte di lei.

«Avevo ipotizzato cose peggiori di questa. Sto meglio di quanto non stessi nella tua testa. Non ho mai sentito un dolore così straziante.»

«Forse non hai mai permesso a nessuno di ferirti così tanto. Cosa hai visto?»

«Non credo che vorresti sapere quello che ho visto. Ma ho sentito un sacco. Hai sopportato davvero tanto, Soldato, ma il tuo sguardo è diverso da quello che avevi un tempo.» lui sembrò bloccarsi un attimo, colpito da quelle parole.

«Vado a prepararti qualcosa da mangiare, riposati nel frattempo.»

Bucky svincolò agilmente il discorso. Non era pronto a parlarne, non era pronto ad affrontarlo ad alta voce, a guardare con gli occhi di un altro tutto quello che aveva subito. Non ci era riuscito pienamente neanche con Steve, eppure lui era suo amico da prima della Seconda Guerra Mondiale e lo aveva aiutato nonostante tutte le volte in cui aveva provato ad ucciderlo e in cui lo aveva ferito con le parole. Si rendeva conto che il suo silenzio fosse straziante per le persone che gli volevano bene, ma non era ancora in grado di abbandonarlo, e non credeva che Iris fosse tra le persone che gli volevano bene, anche se lo aveva aiutato. E lo aveva capito senza il bisogno che lui le spiegasse nulla. Il silenzio è tutto ciò che resta quando hai l'anima a pezzi, se hai la forza di parlarne vuol dire che o si sta ricomponendo o hai solo crepe.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora