Capitolo 7 - sul serio?

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Tempo presente

Hora

Mentre camminavamo, mi lamentai mentalmente. Parecchio, anche.

"Dovesse osare chiamarmi di nuovo donzella lo ammazzo."

"Giuro che se prova di nuovo a darmi ordini, stasera cucino la sua lingua per cena."

"Perché devo andare io con Pin e Flick? Parlano troppo. Spero per lui che non ci consideri l'anello debole del gruppo, altrimenti gliela faccio vedere io."

Speravo che cercare insulti creativi da rivolgere ad Atoldir mi avrebbe distratta dal chiacchiericcio di Pin e Flick, ma non fu così. L'uno raccontò di cosa aveva visto nelle case, di nuovo, mentre l'altro faceva ipotesi assurde e congetture su cosa potesse essere successo.

Non incontrammo nessuno, ma sentii comunque diversi lamenti provenire sempre dall'interno delle abitazioni. C'erano persone, ma evidentemente o erano sofferenti o erano pazze. Non volevo saperlo.

Nei pressi della strada piastrellata che separava la parte bassa della città - quella più umile - da quella alta - la più benestante -, Pin si arrestò. I suoi capelli fumosi si fecero meno densi, spargendosi in tutta l'aria circostante, come polvere che svolazza.

«C'è qualcosa che non va...»
«Ma va? Non mi dire» ironizzai.

«Intendo più di prima. È come se ci fosse una magia, molto potente. La percepisco.»
«Che genere di magia?» domandò Flick.
«Non saprei. Sento che...» si bloccò. Sgranò gli occhi e ci indicò davanti a sé. Mi voltai, e non riuscii a decidere se essere più spaventata, disgustata o impietosita.

Due persone, se così si potevano definire, erano riverse in mezzo a una strada molto lontana da noi in preda all'agonia. Erano due figli di Maat, ma non sembravano normali. I figli di Maat hanno la pelle coperta da chiazze scarlatte, i capelli in genere rosso scuro, braccia muscolose per via della loro propensione alla forgia e gambe esili, goffe e impacciate. Tuttavia, persino da quella distanza, si notava che le macchie sulla pelle di quei due ragazzi sembravano ribollire, le chiome erano bruciate e i corpi smagriti. Cosa poteva averli ridotti così?

In un attimo, accadde l'imprevedibile.

I figli di Maat ci videro e iniziarono a urlare nella nostra direzione, caracollando verso di noi. Dalla loro bocca fuoriuscivano versi disumani. Nello stesso momento, anche Pin urlò e se la diede a gambe levate nella direzione da cui eravamo venuti.

Io rimasi interdetta; non era da me tirarmi indietro da una dichiarazione d'attacco, ma non volevo nemmeno combattere contro delle persone indifese. Flick urlò qualcosa al suo compare, ma non penso ricevette risposta. In due secondi, elaborai un piano.

Dimenticai Flick, pensando che avrebbe scelto di sua spontanea volontà se seguirmi o fuggire. Corsi in avanti, andando incontro ai due zombie, per poi infilarmi in una stradina laterale pochi metri prima dello scontro frontale. Passai un paio di case e vidi altri abitanti che si muovevano distanti. Tagliai in diagonale e mi nascosi dietro un rudere quando fui a una decina di metri dal gruppo più vicino. Dovevo attraversare la strada se volevo raggiungere il palazzo, al centro della città alta, ma i figli di Maat mi avrebbero notata. Sembravano tutti molto stanchi, lenti e poco svegli, quindi avrei anche potuto ucciderli tutti. Ma a che scopo? Non ero lì per sterminare una città.

Mentre decidevo se attendere o agire, percepii un urlo familiare. Un attimo dopo, da dietro un angolo, spuntarono due ragazzi con un Flick dimenante bloccato tra le loro braccia.

«AAH! Scottate! Lasciatemi andare! Mi bruciate!» si stava lamentando, a buona ragione. I suoi vestiti stavano fumando, in alcuni punti erano già bucati e la pelle iniziava ad arrossarsi.
Cercai di fare uno più uno al volo: erano i figli di Maat a ustionare.

La figlia dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora