Capitolo 24 - questioni irrisolte

41 9 76
                                    


Circa trent'anni prima

Chandra

Per tutto il resto del giorno rimasi in camera, senza cenare né dormire.

Noienyr era andato con suo padre per "consegnarsi" alle guardie, con la speranza che, essendo Draugluin un uomo abbastanza influente, la potesse passare liscia.

Camminai avanti e indietro per ore arrovellandomi su cosa potesse raccontare del nostro viaggio, di noi. Ogni dieci minuti cambiavo umore: una volta piangevo disperata, pensando che le forze e la speranza mi stessero abbandonando; poco dopo mi ripromettevo di essere ottimista e confidare nel mio ragazzo. Nessuno dei due stati d'animo però mi dava benessere.

Le mie dita vennero torturate fino a farne uscire il sangue. I fazzoletti finivano a vista d'occhio. Ero completamente inutile, di nuovo.

Anche la madre e la sorella di Noienyr piangevano, ma almeno si tenevano occupate prendendosi cura di Noignar. Invidiavo il piccolo, ignaro di tutto e ancora inconsapevole dei dolori che sarebbero arrivati quando sarebbe cresciuto. Avrei voluto tornare una neonata ed essere coccolata tra le braccia di mia madre.

Invece non avevo nessuno, solo una stanza vuota che odorava del mio amato. Il letto che avevamo condiviso, le coperte che avevano riscaldato i nostri corpi, il cuscino che aveva reso comoda la nostra notte... tutto profumava di Noienyr.

Ogni tanto Mabel veniva a chiedermi come stavo e a ripetermi il punto della situazione. Gli avrebbero fatto delle domande, lui avrebbe negato e sarebbe stato rilasciato. Poi mi avrebbe riaccompagnata a Euphanor e tutto sarebbe tornato come prima. Ma io non ero ingenua: sarebbe cambiato tutto, in un modo o nell'altro.

Anche se lui ne fosse uscito incolume, probabilmente avrebbero continuato a cercare me. Se fossi riuscita ad attraversare il confine, non sarei mai più potuta tornare a Ordya, né alla sua meravigliosa biblioteca che per me era stata come una seconda casa, né lì dove mi trovavo, nell'accogliente dimora di Mabel.

Soprattutto, il rapporto tra me e Noienyr sarebbe cambiato drasticamente. Incontrarci sarebbe diventato complicato, ancora più di quanto già non fosse stato in quegli anni. Continuavo a chiedermi se ciò lo avrebbe condotto a rinunciare a me, se si sarebbe tirato indietro visto lo stato delle cose. Io avrei cercato in tutti i modi di perseverare, di continuare a vederci anche se con il mondo contro. Anche se significava affrontare la mia famiglia, la sua, essere ricercata a Ordya o disubbidire alle leggi di Euphanor. Leggi che, tra l'altro, erano deliberate da un ristretto gruppo di oligarchi dalle pance piene e le teste vuote.

Verso sera tarda, quando Lucy e Noignar già dormivano, sentii dei passi nel vialetto silenzioso. Mi affacciai dalla finestra della piccola cucina, dove stavo aiutando Mabel a sistemare i piatti della cena che non avevo consumato. Due figure possenti stavano giungendo a passo spedito verso la porta di casa.

Fuggii in camera avvisando la donna della possibile visita indesiderata. Temetti fossero due guardie alla ricerca della fuggitiva figlia di Seshat. Stavo per mettere un piede nella vecchia cassapanca, quando sentii le voci degli ospiti: una non mi era famigliare, era molto profonda e dura.

L'altra invece apparteneva a Noienyr.

Volevo buttarmi fuori da quella stanza maledetta e gettarmi tra le sue braccia, tuttavia non avevo idea di chi fosse il suo accompagnatore, così attesi sul fondo del mobile, lasciando uno spiraglio aperto per cercare di sentire. Nessuno dei tre parlava ad alta voce, quindi non udii nulla. I miei occhi fissavano con insistenza la parte inferiore della porta per cogliere delle ombre.

Dopo diversi minuti di sospensione snervante, qualcuno abbassò la maniglia e io chiusi di scatto la cassapanca. Sentii uno sbuffo divertito. L'attimo seguente, delle dita lunghe e tozze sollevarono la parte superiore. Riconobbi subito la sua maglietta e mi lanciai ad abbracciarlo, iniziando a piangere senza contegno.

La figlia dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora