Capitolo 28 - rivelazioni pt 1

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Tempo presente

Hora

La casa in cui ci condussero era composta di un'unica stanza che conteneva ogni necessità: un tavolo, un caminetto – in una palafitta di legno? – con una pentola sospesa grazie a due bracci metallici, degli scaffali stracolmi di libri e ampolle, dei secchi che dovevano fungere da sanitari e una stuoia dall'aria logorata e scomoda.

Una giovane donna era seduta su una delle due sedie poste ai capi del tavolino rettangolare, intenta a versare un liquido viola da un vasetto a un bicchiere dalla forma bizzarra. Era talmente piccola che all'inizio non l'avevo neppure notata. Se non fosse stato per il fuocherello azzurro che brillava indomabile sopra la sua testa, segno inconfondibile della sua appartenenza alla stirpe di Seshat, sarebbe totalmente scomparsa dietro alle pile di tomi che occupavano il ripiano su cui stava lavorando.

Quando si accorse di avere visite, saltò giù dalla sedia, un po' troppo alta per lei, e si spostò verso di noi ancheggiando. Pur essendo alta un metro e poco più, aveva un portamento elegante, sinuoso, quasi fosse fatta anche lei di materiale allo stato fluido come le Eleadi. Era abbastanza giovane, all'incirca della mia stessa età, ma aveva una bellezza tale da sembrare più matura.

«Ora ditemi...» esordì con voce ammaliante. «Perché mi avete portato tutti e tre, e non solo due di loro come vi avevo ordinato?»
Non pareva arrabbiata, eppure la frase le uscì con una freddezza tale da farmi gelare il sangue nonostante non fossi la diretta interessata.

Mona iniziò a tremare, cingendo un braccio attorno a quello del bardo come alla ricerca di protezione, mentre Merula balbettò senza articolare parole sensate. Possibile che quella donnina le spaventasse tanto? Aveva modi perentori, ma era comunque più esile e inoffensiva di loro... all'apparenza.

Si avvicinò ancora con passo felpato, tanto da dare l'impressione di fluttuare; l'unico rumore che si sentiva era quello dei denti di Mona che sbattevano. Mi superò senza guardarmi e fissò Keta, per poi fare un cenno alle Eleidi. Non so come fecero a intendere il suo ordine, ma Merula la sollevò con una specie di scala di fango per far sì che i volti della figlia di Seshat e di Keta fossero alla stessa altezza.

Gli prese il mento in una mano, strizzandogli le guance con pollice e indice. Il figlio di Ailteo non si ribellò, nonostante avrebbe potuto scansarsi. «Lui non dovrebbe essere qui» sussurrò poi la donna.

Ebbi un fremito di paura. Mi ero affezionata a Keta, dopotutto. Era sempre stato gentile con me e con gli altri membri del gruppo, era piacevole chiacchierare con lui nonostante temessi il suo potere. Non provavo nulla di più che semplice affetto... ma non desideravo comunque che soffrisse. Che gli avrebbe fatto? E perché invece io e il bardo eravamo ben accetti?

La donna tornò all'altezza del terreno e indietreggiò. Sul volto aveva dipinto un sorriso sghembo. Scosse un po' la testa prima di pronunciarsi: «Be', per ora può anche ascoltare. I veri segreti arriveranno poi.»

Si voltò e andò a sedersi di nuovo al tavolo, invitandoci a seguirla; ma per il momento nessuno di noi tre si mosse. «Lasciateli andare e uscite, Eleadi» dispose con voce mielosa. Dal tono poteva essere inteso come un semplice invito, anziché un ordine. Eppure, qualcosa nel suo modo di fare costringeva a eseguire ogni sua richiesta e ad ascoltarla con attenzione.

Mona si allontanò dal bardo con sguardo triste, salutandolo con la mano. Merula invece mantenne le liane attorno ai polsi di Keta, stringendo la presa. «Mia signora... sua eccellenza...» azzardò, con sguardo basso. «Ecco... ci chiedevamo...»

La donna la fissò con curiosità. Non sembrava arrabbiata o scocciata. Tuttavia, c'era un'aura che la circondava che sembrava infondere paura e riverenza in tutti i presenti. Nonostante fosse più bassa di almeno una cinquantina di centimetri rispetto alle Eleidi, le due creature erano intimorite all'idea di rivolgerle la parola.

La figlia dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora