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Tempo presente
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Hora
—Quando i nostri cavalli iniziarono ad avere la bava alla bocca e le nostre gambe ci informarono di non reggere più la fatica, eravamo già da un bel po' fuori dalle mura, che avevamo percorso fino al punto in cui eravamo entrati, e stavamo attraversando il povero villaggio abbandonato all'esterno. Rallentammo finché il passo dei destrieri non divenne pacato e ci rilassammo. Come prima, bevvi dell'acqua, ormai quasi terminata e calda, e mi inumidii un po' tutto il corpo tirando via il sudore. La spalla e la mano mi bruciavano ancora più di prima.
Sfilammo di fianco alle case in malora, agli steccati trasandati e ai segni del passaggio del fuoco. Ora capivo perché c'erano tutte quelle chiazze scure sul legno delle case: i figli di Maat, scottando, avevano provocato la distruzione che vedemmo all'andata e di cui ci domandammo la causa. Magari alcuni avevano devastato le loro stesse case o famiglie. Cercai di non pensarci, concentrandomi sul passo lento del mio cavallo, ormai troppo stanco per ribellarsi.
Dopo non molto, Keta riprese la conversazione interrotta.
«Allora, vuoi rispondere alla mia domanda di prima?»
Assunsi un'aria spaesata, facendo finta di non ricordare per prendermi un po' di tempo. Durante la cavalcata avevo svuotato la mente, come faccio sempre, quindi non avevo riflettuto su cosa inventarmi.
«Ti avevo chiesto una spiegazione riguardo alla pietà che hai dimostrato nei confronti dei tuoi aggressori» mi rinfrescò la memoria. Ovviamente non ce n'era bisogno. Presi un bel respiro, poi cercai un modo fumoso per eludere la richiesta.
«Non mi piace uccidere, se posso evitarlo preferisco.»
Keta sembrò aspettarsi quella risposta da parte mia, tanto da essersi preparato in anticipo cosa ribattere. «Penso non piaccia quasi a nessuno. Ma in quel momento, se volevi sopravvivere, direi che era necessario. Credo ci sia dell'altro, sotto sotto.»
Maledissi il suo fiuto per le menzogne. Elaborai una mezza verità.
«Erano innocenti, non meritavano di morire più di quanto non lo meritassi io. Capisci che intendo? Insomma, non vedo perché la mia vita debba valere più di quella di quelle povere persone che hai sterminato.»
Mi si formò un groppo in gola. Sperai non fraintendesse l'ultimo pezzo della mia frase: forse ero stata troppo diretta, come mio solito. Cercai di rimediare.
«Scusa, non intendevo dire che sei un assassino, solo che hai sacrificato una dozzina di vite umane per me. Mi chiedo se ne sia valsa la pena.»
«Avresti preferito che ti lasciassi morire? Se fossi morta tu, lo sarebbe anche Pin. In più, siamo qui per risolvere questo disastro; se nessuno di noi torna indietro, i figli di Maat finiranno per mangiarsi a vicenda e Fendiroccia potrebbe essere eliminata dalle cartine» controbatté impassibile, come se si fosse preparato anche questo. Dopo un attimo di riflessione, aggiunse: «La scelta era fra te e loro.»
«La scelta era fra due o una dozzina di vite umane. Inoltre, tu saresti benissimo riuscito a tornare indietro.»
«Non credo, visto che non avrei trovato un cavallo e sarei dovuto tornare a piedi. Probabilmente non avrei neanche notato l'uscita secondaria e sarei stato costretto a riattraversare la città infestata.»
Rimasi zitta per evitare di peggiorare la situazione. Keta non sembrava arrabbiato, tuttavia come al solito mi era difficile decifrare quelle sue enigmatiche espressioni senza emozioni esplicite. Il mio cavallo parve sentire la frustrazione che mi divampava nel petto, manifestando la sua disapprovazione nitrendo e piegando all'indietro le orecchie. "Grazie del supporto, antipatico di un equino" pensai, innervosendomi ulteriormente.
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La figlia dell'Inganno
FantasyVecchio titolo: "Hora" , per chi si fosse perso il cambio ^^ -Trama- In un ipotetico futuro, su un'isola dimenticata dagli uomini, Dei non convenzionali decisero di procreare con solo pochi eletti, generando un mondo abitato da esseri umanoidi con c...