Skate

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Jung Wooyoung × Choi San

Il vento mi sferzava il viso, smuovendomi i capelli grigi e neri.
Ero sempre stato un amante della velocità, ed il mio essere scavezzacollo mi aveva sempre solo portato all'ospedale.
I miei genitori non si preoccupavano per la mia salute, bensí erano i miei amici piú stretti che svolgevano quel compito.
Loro erano diventati quelli che ero in grado di definire la mia famiglia.
La mia vita casalinga non era mai stata semplice, e ció mi aveva portato a conoscere la mia passione per lo skateboard. Una semplice tavola con delle ruote che riusciva a trasmettermi piú emozioni di qualsiasi altra cosa.
Mi sentivo libero, leggero.
Il Sole era sul punto di scomparire, lasciando dietro di sé colori caldi e affascinanti. Amavo quegli scenari.
Rallentai di poco, godendomi la vista spettacolare.
Il mare, poco lontano dalla strada da me percorsa, rifletteva in ogni suo dettaglio il cielo multicolore.
Mi scordai completamente di essere nel bel mezzo di una scommessa.
La pista era ben lontana, ed in quel momento ero impegnato in una corsa di velocità.
Io contro il ragazzo dai capelli viola, San.
Lo stesso ragazzo che mi aveva del tutto rapito il cuore.
I suoi occhi felini mi ipnotizzarono fin dal primo giorno in cui li incrociai, ed ogni suo sorriso era un mio battito cardiaco perso.

Ancora perso nell'attenta ammirazione del panorama non mi accorsi della presenza al mio fianco.
"Hai perso."
Quelle parole mi riportarono finalmente alla realtà, facendomi realizzare anche le conseguenze delle mie azioni irrazionali.
"Mi sono distratto."
Dissi semplicemente, dandomi una piccola spinta per mettere un poco di distanza tra la mia e la sua tavola.
Non amavo perdere, e tantomeno ammetterlo.
"Ma una scommessa é una scommessa, Jung."
Lui ancora mi chiamava per cognome.
Un comportamento stranamente formale che manteneva soltanto con il sottoscritto.
"E quale sarebbe la mia penitenza?"
Le mie parole furono seguite solamente dal rilassante suono delle ruote dello skateboard che aderivano perfettamente all'asfalto cocente.
Mi voltai quel poco che bastava per intravedere la sua chioma viola smuoversi.
Il suo viso sembrava perso, indeciso sul da farsi. Mi parve stano come comportamento.
"Ti ho messo in difficoltà, Choi?"
Attirai la sua attenzione chiamandolo per cognome.
Come me, non sembrava avere un buon rapporto con la famiglia, e conoscevo la sua reazione a quel modo di chiamarlo.
"No."
Disse seccamente, per poi fermarsi e scendere dalla sua tavola.
Feci altrettanto, sentendomi confuso per la seconda volta nel fare di pochi minuti.
"Vieni con me."
Prese in mano il suo mezzo, dirigendosi in direzione del vasto e luccicante mare.
Non esitai a seguire l'ordine.
Aveva stimolato la mia profonda ed invadente curiosità bambinesca.

Raggiungemmo la spiaggia dorata. Le onde si infrangevano imperterrite sui grandi scogli o si disperdevano sulla sabbia calda che tanto amavo percepire sotto i piedi.
Il viola prese posto sulla distesa gialla, e mi fece segno di fare altrettanto. Ancora una volta non esitai ad eseguire.
"Sarebbe questa la mia penitenza? Forse non conosci il vero significato della parola."
Dissi ironico, mentre attentamente scrutava l'orizzonte, offrendomi il suo perfetto e ben delineato profilo divino.
Gli zigomi alti, il naso proporzionato, la mascella ben fatta e le labbra invitanti mi fecero deconcentrare e dimenticare l'esistenza della mia domanda.
"La tua penitenza sarà divisa in due parti. Una parte che sono certo non ti piacerà. Ed una sezione del quale non sono certo della tua reazione."
Si voltó, guardandomi negli occhi con le sue pupille profonde e nel quale avrei potuto perdermi.
"Da quale vuoi cominciare?"
Chiese in seguito, cogliendomi alla sprovvista.
"Sei tu il vincitore della scommessa, la decisione spetta a te."
"Bene."
La sua attenzione si spostó sulle mie labbra, al quale si avvicinava sempre di piú. Capii le sue vere intenzioni solo quando fu ad un soffio da me, e la mia razionalità decise di abbandonarmi, facendomi azzerare la minima distanza.
Ero impaziente di poter assaporare finalmente quelle labbra peccaminose eppure paradisiache.
Desideravo soltanto che quel momento non finisse mai, andando contro ogni legge naturale e temporale.
Il mio desiderio si frantumó, quando lui si ritrasse, facendomi notare il suo fiato leggermente affaticato.
Non era stato un bacio a stampo.
"Questa che parte sarebbe dovuta essere della penitenza?"
Chiesi con leggerezza, mentre un tenero sorriso imbarazzato dipingeva il suo bel viso. Amavo le sue fossette profonde.
"Quella per cui non ero certo della tua reazione, ma ora penso sia positiva."
Quella volta fui io quello imbarazzato.
Odiavo aspettare, e la sua lentezza nei movimenti mi aveva esasperato.

𝐎𝐧𝐞𝐒𝐡𝐨𝐭 𝐊-𝐩𝐨𝐩 •𝐌𝐮𝐥𝐭𝐢𝐟𝐚𝐧𝐝𝐨𝐦•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora