Illusion

576 8 1
                                    

.:。✿*゚‘゚・✿.。.:* *.:。✿*゚’゚・✿.。.:* *.:。✿*゚

Hamada Asahi × Yoon Jeahyuk

I suoi capelli bianchi mi avevano sempre portato sollievo. Sollievo dal dolore, dalla frustrazione.
Il mondo pareva piú bello quando scorgevo la sua pelle pallida e dall'aria soffice. Una presenza speciale di cui non riuscivo piú fare a meno.
Si chiamava Asahi.
Anche quel giorno indossava la sua giacca bianca. Lo sguardo puntato lontano, come alla ricerca di un dettaglio in particolare in quel cielo limpido e azzurro. Il suo profilo era il piú bello di tutti. Aggraziato, proporzionato.
La sua pelle pareva brillare sotto la luce solare, ed i capelli con essa.
Avrebbe potuto prendere il posto del sole, facendogli solo invidia.
«Hai mai pensato che le persone sono come le nuvole, Jaehyuk?»
Sentenzió in modo pacato e sottile come solo lui era in grado di fare.
«No. Perché lo pensi?»
«Ragiona. Le persone vanno e vengono, alcune cambiano col tempo, mutano il loro carattere e magari il loro aspetto fisico. Le nuvole sono sempre in movimento e mai sono uguali. Individui unici, proprio come ogni umano su questa terra disastrata.»
Aveva sempre avuto un modo proprio di vedere le cose. Un punto di vista artistico e poetico, che era in grado di rendere la piú noiosa delle storie la mia preferita.

Il giardino che circondava quella grande costruzione bianca era altrettanto ampio.
Mi sedetti all'ombra di un massiccio ciliegio al culmine della sua bellezza. I suoi fiori rosa sbocciavano imperterriti, meravigliosi.
Asahi si accomodó al mio fianco.
Il vento prese a soffiare piú forte, dandoci un attimo di sollievo in tutto quel caldo.
Un piccolo e sgargiante fiore cadde dal presente albero, proprio accanto a me. Lo raccolsi, osservandolo in tutta la sua bellezza e singolarità.
Avrei potuto gettarlo altrove, strappargli un petalo per volta, calpestarlo.
Ma no, decisi di incastonarlo in mezzo a quella chiara chioma che tanto amavo.
Il rosa di quel fiore stonava in mezzo al lucente e possente bianco che caratterizzava il ragazzo dagli occhi castani. Occhi unici che alla luce del sole ancora piú chiari si facevano.
Unico.
Asahi mi guardó, come in cerca di una giustificazione alle mie azioni.
«Sei carino cosí.»
Sorrisi stringendomi nelle spalle.
Non potevo che essere sincero con lui. Le sue iridi chiare ogni volta mi spronavano a dire il vero, senza esitazione. Ero come sotto il piú bel e potente sortilegio.

Il cielo cambió i suoi colori, facendosi caldo e rosato.
Uno spettacolo unico, come il ragazzo ora disteso sulle mie gambe.
Il suo sguardo rivolto allo stesso fiore che fino a poco prima era tra i suoi capelli per mano mia.
Lo accarezzava, perso nei propri pensieri.
Lo analizzava, come in cerca di qualcosa.
«É strano come i colori caldi e i colori freddi si sposino cosí bene assieme, non trovi?»
«Dipende, non credo sia sempre cosí.»
«L'arancione ed il viola, l'azzurro ed il rosa, il bianco ed ancora il rosa... Un incontro tra due entità opposte ed estranee. Il freddo ed il caldo. L'acqua ed il fuoco. Lo Yin e lo Yang.»
Avrei tanto voluto sapere come arrivasse a deduzioni e discorsi del genere.
Aveva un dono per quel genere di cose.
«Accade cosí anche tra le persone. Tu ed io. Il il fuoco, tu l'acqua. Io il caldo e tu il gelo.»
Dissi senza riflettere troppo sul mio piccolo discorso.
«Suppongo tu abbia ragione. Conosci il mito delle due metà?»
«No. Racconta.»
Mi sistemai un poco, facendo attenzione a tenerlo fermo sul mio grembo.
«Secondo Platone all'origine noi eravamo perfetti. Ogni umano felice con sé stesso, non c'era distinzione fra uomo e donna. Zeus peró era geloso della felicità e perfezione degli uomini, perció divise ogni anima in due parti. Da allora, ogni umano andó alla ricerca disperata della propria metà. L'anima gemella si dice di solito. Ma non sempre le persone raggiungono il loro scopo. Forse non é cosí strano che gli opposti si attraggono. Forse sono opposti se divisi a metà, ma quando si uniscono diventano un tutt'uno. La perfezione.»
Inconsapevolmente, e troppo preso da quella storia, avevo preso ad accarezzare i suoi capelli morbidi e chiari.

Il tramonto si era fatto troppo vicino.
Il cielo arancione si rifletteva nelle sue pupille uniche.
Mi persi ancora una volta nell'atto di contemplazione di tanta magnificenza e maestosità.
«Asahi.»
«Jaehyuk?»
«Tu non hai paura del futuro? Di aprire gli occhi un giorno e non trovare piú ció a cui tieni. Di essere abbandonato, solo.»
«Non lo temo poi cosí tanto. Tu sí invece, vero?»
Annuii silenzioso. Io avevo paura di rimanere solo. Di non avere piú Asahi al mio fianco. Di non udire piú la sua dolce voce mentre mi raccontava piacevoli aneddoti e storie antiche.
Di non incontrare piú quegli occhi magici.
«Ho paura di perderti, sai?»
Dissi in un soffio. Come faceva il vento.
«Non mi perderai mai, Jaehyuk. Io sono sempre qui, lo sai.»
Toccó delicatamente sul mio petto, all'altezza del cuore.
Lui era lí, nello spazio piú importante di tutti. Nel mio cuore, solitamente chiuso a chiunque.
Di lui mi fidavo ciecamente, ammaliato dalla sua presenza. Spesso mi svegliavo con la convinzione che quel giorno lo avrei visto. Quel giorno però non fu così, ero certo che non si sarebbe presentato al mio fianco il giorno successivo. Altre volte pensavo a ció che sarebbe potuto accadere in un prossimo futuro. Un futuro senza di lui.
Sarebbe potuto accadere di tutto: una fuga, un rapimento...
Non potevo escludere alcuna opzione o variante. La linea del tempo era a me sconosciuta, e le varianti erano troppe per essere contate. Qualsiasi mossa poteva essere imprevista o al contrario già meditata e conosciuta.
Io non possedevo alcun potere sul tempo, ma potevo accontentarmi di momenti dolci come quelli.
Potevo sospirare, e continuare ad accarezzagli il capo.
Potevo stringergli la mano, felice di farlo.
Potevo baciarlo, su quelle labbra sottili che raramente incurvava in sorriso.
E così feci, mi abbassai quel che bastò per formare quel contatto che diede vita ad una nuova scintilla dentro di me. Chiusi gli occhi, sperando ricambiasse. Lo fece, posando una mano sulla mi guancia accaldata.

Aprii gli occhi. Al mio fianco stava accovacciata la figura familiare del mio infermiere Hyunsuk. Aveva un sorriso dolce e zuccheroso.
«Jaehyuk, devi prendere le tue medicine.»
Mi passó un bicchierino contenente tre diverse pillole.
Le ingoiai tutte, senza protestare. Sapevo che quella polvere compressa mi avrebbe portato lontano da Asahi, ma ero fiducioso di rivederlo: quel bacio mi donò fiducia.
Abbassai lo sguardo.
Il ragazzo da capelli bianchi era scomparso.
L'ospedale alle mie spalle era ancora presente, e così anche i miei compagni affetti da diverse sindromi.
Io peró non ero come loro. Io non ero malato. Io ero innamorato semplicemente di un'illusione subconscia.

.:。✿*゚‘゚・✿.。.:* *.:。✿*゚’゚・✿.。.:* *.:。✿*゚

𝐎𝐧𝐞𝐒𝐡𝐨𝐭 𝐊-𝐩𝐨𝐩 •𝐌𝐮𝐥𝐭𝐢𝐟𝐚𝐧𝐝𝐨𝐦•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora