Capitolo 4

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Il mattino seguente Nilüfer si svegliò all'alba. Iniziò a preparare la colazione e ad apparecchiare la tavola poi, quando tutto fu sistemato alla perfezione, si recò in camera dell'amica. Demet era sdraiata a pancia in giù, i capelli erano tutti arruffati e aveva il respiro pesante. Nilüfer si avvicinò alla finestra e la spalancò di colpo, spaventando la sua amica.
<Nilüfer, ho sonno!> borbottò stizzita Demet, sistemandosi il cuscino sul volto per coprirsi dalla luce mattutina.
<Muoviti, ho preparato anche la colazione!> rispose lei, allontanandole il cuscino e scoprendo il corpo della ragazza dalle coperte. Demet sbuffò poi, controvoglia, si alzò pigramente.
La sveglia segnava le sette in punto del mattino: indossò la felpa e seguì la sua amica verso la cucina, poi in bagno. Nilüfer le pettinò con cura i capelli, arriciandone le punte poi la truccò. Le scelse dei vestiti comodi e non troppo appariscenti, optando per un jeans chiaro e una maglietta bianca e finì la sua opera prestando a Demet una sua giacca.
<Hai finito di usarmi come manichino?> borbottò sarcasticamente Demet, guardandosi allo specchio. Stava scherzando e lo sapeva anche la sua amica. Nilüfer le si avvicinò e gli fece indossare alcuni accessori.
<Ora si!> trillò, poi prese la borsa dell'amica e gliela porse <Ora muoviti o farai tardi all'appuntamento>
Demet abbracciò Nilüfer e uscì dall'appartamento. Il luogo d'incontro era fuori Istanbul e il taxi c'impiegò all'incirca trenta minuti ad arrivare.
Quando Demet uscì dalla macchina si trovò di fronte un'enorme villa moderna. Si sentì piccola; non era abituata allo sfarzo, la sua famiglia era piccola e tradizionale e viveva nel quartiere di periferia d'Istanbul. Era cresciuta, fin da piccola, con il senso del dovere anche se suo padre aveva sempre faticato per mandare avanti la sua famiglia e il piccolo negozio ereditato dal nonno.
Demet bussò il campanello e poco dopo venne ad aprirle una donna. Era alta e magra, vestita elegantemente e con i capelli raccolti in uno schignon perfetto. La guardava in modo severo e non accennava un sorriso. Demet pensò fosse la mamma del bambino e le sorrise cordialmente, doveva avere il lavoro a tutti i costi.
<Buongiorno signorina Demet, mi segua!> disse poi si voltò e iniziò a camminare frettolosamente verso l'entrata della casa. Demet osservò il giardino, non c'erano fiori ma solo una distesa enorme di prato tagliato accuratamente, la vista che si poteva ammirare era mozzafiato, Instanbul sembrava sotto i suoi piedi e riusciva perfino a vedere il mare. L'arredamento del giardino, che prevedeva sedie, poltrone e tavoli, era in rattan e facevano da sfondo ad una piscina moderna. I gabbiani volavano verso l'orizzonte e l'odore dell'erba e del cloro inebriavano le narici della ragazza.
<Il bambino ha sei anni e con l'inizio dell'estate e la fine della scuola ha bisogno di qualcuno che badi a lui. Il signor Can è molto indaffarato a lavoro e, spesso, deve assentarsi persino il pomeriggio...> spiegò la donna, Demet annuì e affrettò il passo per non rimanere indietro. Quella donna sembrava un robot programmato!  Pensò Demet, domandandosi ancora se fosse lei la madre.
<Le passo alcuni fogli. Questi sono i doveri che avrà accettando il lavoro, questo è il contratto. Lo legga, intanto vado a chiamare il signor Can e il piccolo Deniz>
<La ringrazio!> rispose la ragazza a disagio. Demet iniziò a leggere il contratto: con una mano tintinnava la penna sul bancone, con l'altra si torturava una ciocca viola. Quando sentì dei passi, si voltò.
Mai si sarebbe aspettato questa scena. Il signor Can era lo sconosciuto che aveva conosciuto in vacanza. Demet si ricordò della serata passata a cantare e suonare poi la sua mente rimembrò la mattinata in cui lasciarono l'hotel, dicendosi addio.
Aveva condiviso il letto con un uomo sposato... E con un figlio!
Si agitò, ma cercò di camuffare il suo stato d'animo. Lo guardò e notò che anche lui era sorpreso.
<Buongiorno Layla, può andare a controllare Deniz, deve sistemare gli ultimi giochi nella sua cameretta. Intanto parlerò con la signorina>
La donna annuì e si voltò verso le scale, lasciandoli soli.
<Ancora tu?> borbottò Demet quando rimasero soli, incrociando le braccia al petto.
Can rise, infastidendo ancor di più la ragazza <Sei tu che sei entrata in casa mia>
<Io ho solo bisogno del lavoro, non credevo che il bambino potesse essere il tuo!> disse Demet.
<Firma e sarà tuo...>
Demet prese il contratto e lo rilesse, tutto era in ordine e la paga era ottima. Aveva bisogno di quei soldi e di un impiego. Impugnò la penna e guardò minacciosamente Can, poi abbassò la testa e firmò.
<Buon primo giorno di lavoro> si congratulò Can <Nel caso voleste andare in città basta chiamare questo numero. L'autista sarà a vostra disposizione>
<L'autista?> borbottò Demet. Quei ricchi non li capiva proprio...
<Almeno mio figlio non rimarrà a piedi come il padre> rispose Can, rimembrando l'incidente con l'auto. Demet annuì.
Lui sorrise, sotto lo sguardo scettico di Demet. <Chi è ora quella appiccicosa?>
Demet alzò gli occhi al cielo, innervosita dalla battuta.
<Non sono appiccicosa. E di certo non mi presenterò nel tuo letto e ti abbraccerò come hai fatto tu in hotel>
<Ora devi darmi del Lei, bisogna tenere un rapporto professionale> disse Can, nascondendo il sorriso sotto uno sguardo serio.
Demet si morse la lingua e contò fino a dieci nella speranza di tenere a freno la parlantina. Voleva rispondergli ma voleva anche non perdere il lavoro il primo giorno.
<Con piacere, sua altezza signor Can!> trillò sarcastica Demet, inchinandosi. Qualcuno corse verso di loro poi fece la comparsa un bambino dai lunghi ricci biondi e dai grandi occhi celesti. Demet osservò meravigliata il bimbo: era incantevole.
<Deniz, ti presento Demet, la tua nuova babysitter> disse Can al piccolo, prendendolo in braccio.
Il bambino inclinò la testa, pensieroso <Papà è strana! Perché ha i capelli viola?> domandò. Can guardò lo sguardo torvo di Demet e rise.
<È molto strana, delle volte persino antipatica, tu però ascoltala e fai il bravo. Papà verrà questo pomeriggio!>
<Dopo mi porterai al parco?>
<Solo se farai il bravo, a più tardi Deniz. Demet, buon lavoro. Layla dobbiamo andare o faremo tardi all'appuntamento>
<La ringrazio signor Can> rispose Demet, sforzandosi di sorridere. La donna, che aveva scoperto essere la sua segretaria, seguì il capo, lasciando soli Demet e Deniz.
<Conosce già la signorina Demet?> domandò la donna a Can quando rimasero soli.
Lui annuì.
<Ora capisco perché ha lasciato subito suo figlio con lei. Di solito non è così permissivo>
<Il bene di Deniz è al primo posto. Ciononostante chiami Bulut e faccia fare delle ricerche sul passato di Demet e sul suo presente. La prudenza non è mai abbastanza, non dopo quello che è successo> disse Can, pensieroso. Aveva conosciuto Demet per puro caso e non avevano parlato molto. Rimaneva una sconosciuta ai suoi occhi e  come tale bisognava controllarla per il bene di suo figlio.

HOLIDAY canto d'amore [Can Yaman e Demet Özdemir ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora