<Divertiti piccolo mio e comportati bene!> disse Demet a Deniz, baciandogli la fronte. Lui l'abbracciò forte. Il loro rapporto era tornato normale, con Can però, il bambino risultava ancora restio a fidarsi di lui.
Deniz si chiuse la porta alle spalle e Can si avvicinò a Demet.
<Amore, noi andiamo!> sussurrò Can, cingendo i fianchi della sua fidanzata. Aveva passato notti insonne a pensare a Demet e finalmente aveva preso la decisione giusta per tutti. Avrebbe sposato la sua anima gemella e avrebbe chiesto la sua mano quella sera stessa. Lo faceva per Deniz e per sua figlia Sanem, e lo faceva per loro due. Il loro amore era sincero e nessuno dei due voleva aspettare ancora. Entrambi volevano compiere questo grande passo. Can aveva parlato separatamente con Nilüfer e lei gli aveva confidato che la sua amica aveva iniziato seriamente a pensare al matrimonio. Demet era bella e giovane e desiderava due fagottini e una persona accanto per costruire il suo futuro. Sognava una casa in riva del mare e il lavoro della sua vita. Era in quel momento, seduto in un bar di fronte la migliore amica della fidanzata, che aveva preso la sua decisione. Can avrebbe sposato Demet.
<Stai attento e scopri il piano di quella stronza> bisbigiò Demet, lasciando un rapido bacio sulla guancia di Can. La sua risata riempì lo spazio fra di loro. Demet guardò i la macchina allontanarsi dal vialetto fino a sparire poi tornò in casa. Era sola e per ammazzare il tempo iniziò a pulire il soggiorno. Accese l'aspirapolvere e iniziò a fare su è giù per la stanza quando improvvisamente sentì un rumore. Spense l'elettrosomestico e si guardò intorno, sospetta.
<Can?> gridò, pensando che il fidanzato avesse dimenticato qualcosa. Demet sentì un'altro rumore e si voltò di scatto. Qualcuno le coprì il naso con un fazzoletto. Spaventata, Demet iniziò ad agitarsi e a gridare ma, poco dopo sentì gli occhi pesanti, poi il buio.Demet era stordita mentre veniva sballottata qua e là. Aveva gli occhi bendati e le mani legate. Gli girava la testa ed aveva la nausea. Si trovava in una macchina ma non sapeva il luogo in cui stavano andando. Era spaventata, agitata e il cuore le martellava talmente tanto forte da farle male. La musica in sottofondo era l'unico rumore che riempiva la macchina. Stette in silenzio e continuò a non muoversi, nella speranza di sentire qualcuno parlare. Ciò non avvenne. Passò altro tempo poi la macchina si fermò. Demet sentì le portiere sbattere poi qualcuno la prese per le braccia. Cercò di divincolarsi, ma qualcun'altro la tenne ferma. Erano due uomini.
<Dove mi state portando?> gridò furente la ragazza. Nessuno gli rispose e i due uomini la trascinarono. La benda scura le copriva gli occhi e le impediva di vedere. Demet sentì scricchiolare qualcosa sotto i piedi, erano foglie e intuì di essere in un bosco. Improvvisamente la luce le accecò gli occhi, Demet sbatté le palpebre ripetutamente e si guardò intorno. Due uomini alti e possenti la sorreggevano. Avevano il volto serio e i lineamenti rudi. Provò a liberarsi ma peggiorò la situazione perché i due forzarono la presa su di lei. L'adrenalina le scorreva in corpo eppure si sentiva esausta. Un solo nome balenò nella mente di Demet. Sevim era l'artefice di tutto questo.
Un uomo ritornò in macchina e aprì il porta bagagli. Fu allora che sentì una voce.
<Sei così carina, magari potremmo divertirci> disse colui che teneva Demet. La nausea s'impossessò di Demet mentre lo sconosciuto le accarezzava la guancia. Era spaventata, voleva gridare ma sembrava come se avesse perso la voce. Cercò di ricomporsi e riuscì a mordere il dito dell'uomo. Lui allentò la presa e fu allora che Demet riuscì a vedere la libertà. Colpì il suo punto più sensibile poi pestò il piede dell'uomo che, dolorante, cadde a terra. Le braccia erano ancora intrappolate dalla corda e l'altro uomo si era accorto della situazione. Sapeva come difendersi, doveva solamente usare un po' d'astuzia, cosa che a questi due cavernicoli mancava. Si liberò della corda e si sguardò intorno. Gli alberi accerchiavano il campo e un'idea sprizzò negli occhi di Demet. L'uomo prese a correre verso di lei e Demet scappò via. Raggiunse un albero non troppo grande e con uno scatto fulminio e un colpo dato dalla corda resistente, riuscí a colpire l'uomo sulla schiena. Demet prese l'altro lembo della corda e intrappolò il ragazzo. Lui però era più forte e cercò di divincolarsi dalla presa della donna. Spinta dalla paura, Demet prese la testa del suo rapitore e la sbattè sul tronco. Lui perse i sensi e lei riuscì a correre fino alla macchina. Le chiavi erano ancora incastrate di fianco al volante. Partì rapidamente, lasciandosi il bosco alle spalle. Tremava e sentiva la testa e il corpo pesanti. Le lacrime uscivano dai suoi occhi stanchi e il cuore trapanava il suo petto. Si concesse una piccola sosta in un parcheggio fuori città poi riprese il viaggio. Demet si era calmata e la paura aveva lasciato spazio alla rabbia. Era furente con l'unica persona che avrebbe potuto avere una simile idea malata. Sevim.
Conosceva dove la donna lavorava e, premendo l'acceleratore, Demet arrivò di fronte un palazzo talmente alto da coprire la visuale del sole.
La segretaria si limava le unghie con fare annoiato quando Demet entrò come una furia.
<Devo parlare con Sevim Bursil> tuonò lei. La ragazza dietro il bancone alzò lentamente gli occhi e continuò a masticare la gomma con fare rumoroso.
<Mi dispiace, ma al momento...> trillò la ragazza. Demet però non la fece continuare, si diresse verso il corridoio senza ascoltare, né fermarsi, ai richiami della segretaria. L'avrebbe trovata da sola. E così fu. L'ufficio di Sevim era grande e organizzato con cura. La trovò vicino una grande libreria e in mano aveva dei fascicoli.
<Tu!> strepitò Demet, furiosa. Sevim si voltò lentamente e le sorride.
<Ti hanno mai insegnato a bussare?> chiese la donna, poggiando con cura i fascicoli. Demet si avvicinò a lei, minacciosa.
<Come ti sei permessa... > strepita Demet, senta trovare le parole giuste. La rabbia accecava la sua vista, la paura le sue parole. Era scossa da un mix di emozioni e non riusciva a calmarsi.
<A fare cosa?>
<A rapirmi!>
Sevim si guardò le unghie e increspò le labbra.
<Non so di cosa tu parli, io non ho fatto nulla> disse sbattendo le palpebre e sorridendo furbamente. <Ma stai attenta, Can e Deniz saranno miei, in un modo a nell'altro>
<Abbi il coraggio di ammettere le tue azioni> inveì Demet.
<È quello che vuoi sentire? Bene, sono stata io a farti rapire. I due uomini sono miei complici, dovevano spaventarti e tenerti lontana da Can per giorni. Ma come vedo hanno fallito e tu sei qui>
Demet sbottò, si avvicinò a lei così volemente che Sevim non riuscì a sfuggire alla sua collera. Demet la prese per la costosa camicetta che indossava e la spinse contro la scrivania. Erano faccia a faccia e Demet la colpì in volto. Sevim gridò e due uomini arrivarono a separare le due donne. Demet si liberò dalla forte presa dei due impiegati e puntò il dito contro Sevim.
<Ascoltami bene psicopatica, stai lontana da noi oppure vedrai di cosa sono capace>
Demet uscì in fretta dall'edificio e chiamò un taxi. Chiese all'autista di accelerare e arrivò a casa di Can, casa sua e di Can. Il suo nuovo posto felice.
Sevim invece si ricompose e sorrise alla telecamera posta sopra l'entrata.
Özgür uscì dalla porta semiaperta e guardò preoccupato Sevim.
<Stai bene?>
Lei sorrise, diabilicamente.
<Mai stata meglio!>
Il suo piano era appena iniziato.
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HOLIDAY canto d'amore [Can Yaman e Demet Özdemir ]
Fanfiction[STORIA COMPLETA] È una calda giornata di luglio e Demet si è da poco diplomata. La sua migliore amica le regala un soggiorno in un piccolo hotel sulla spiaggia di Istanbul. Il destino, però, ha in serbo piani differenti e per un'errore commesso da...