Capitolo 14

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Nilüfer si svegliò presto. Rimase ancora un po' a letto, godendosi l'aria fresca che entrava dalla finestra spalancata poi si alzò. Passò davanti la porta di Demet e pensò a lei. Ieri sera, appena tornata a casa, era scoppiata a piangere fra le sue braccia. Nilüfer pensava centrasse Can ma, appena Demet gli parlò di Özgür, Nilüfer sembrò paralizzarsi dalla notizia. Un tempismo perfetto! Aveva borbottato sarcasticamente la ragazza. Demet era distrutta ed avevano passato tutta la sera a letto, abbracciate e in silenzio.
Anche quella mattina la casa era particolarmente silenziosa per Nilüfer, accese la radio al minimo e iniziò a preparare la colazione. Mangiò sola, lasciando  un piatto alla sua amica con un post-it affianco, poi si preparò ed uscì di casa.
Il supermercato era vicino ma la lista sembrava interminabile.
Al market, il carrello pesante cigolava mentre la ragazza lo trascinava a fatica. Nilüfer arrivò al reparto dolci e cercò la farina: era posta troppo in alto e non riuscì ad afferrarla. Provò a saltare diverse volte ma nulla, non riusciva ad agguantare il prodotto. Si voltò alla ricerca di qualcuno e adocchiò un ragazzo.
<Ei, scusami. Potresti prendermi la farina?> trillò la ragazza, agitando la mano in aria per attirare la sua attenzione. Il ragazzo osservò la ragazza e si avvicinò. Afferrò la busta ma gli scivolo da mano e la polvere sottile cadde addosso a Nilüfer, imbiancando la pelle e i vestiti. La ragazza tossì e si strofinò gli occhi. Era ricoperta di farina e il naso le pizzicava. Starnutì diverse volte poi osservò il ragazzo.
Era rosso in volto come un pomodoro. Si stava scusando, talmente tante volte che a Nilüfer quasi venne il mal di testa.
<Ti prego, scusami, non era mia intenzione rovesciarti la farina addosso>
La ragazza rise nervosamente, questa scena era talmente surreale che non riusciva proprio ad arrabbiarsi. <Tranquillo, sono cose che capitano... Credo>
<Posso sdebitarmi in qualche modo per quest'imperdonabile incidente?>
Nilüfer sorrise e annuì. <Il carrello è troppo pesante, potresti aiutarmi? E mi prenderesti dell'altra farina? Grazie!>
Il ragazzo prese un'altro pacco - stando attento a non rovesciare un'altra volta il contenuto - poi seguì la ragazza fra i vari reparti. Quando Nilüfer sbarrò l'ultimo prodotto dalla lista era passato un quarto d'ora e si era sgrullata il più possibile la farina sul volto e sui vestiti. Alla cassa una signora le puntò il dito e lei, indispettita, incrociò le braccia al petto.
<Non arrabbiarti, rimani sempre bellissima!> sussurrò qualcuno dietro di lei, Nilüfer si voltò verso il ragazzo.
<Davvero?>
<ehm no, cioè si, sei molto bella, bellissima!> balbettò lui, arrossendo. I capelli color carota quasi si confondevano con il colorito di pelle assunto. Nilüfer sorrise e lo ringraziò.
Fuori il supermercato i due si guardarono per un po'. Lei ammirò i suoi occhi verdi e il sorriso sincero, lui gli occhi color ghiaccio di lei e i suoi capelli color miele.
<Sono Nilüfer> trillò lei, porgendogli la mano. Lui la strinse dolcemente.
<Piacere mio, sono Bulut!>
<Allora io vado> disse lei, indicando la strada a sinistra. Il ragazzo osservò il carrello pieno di buste e le indicò.
<Dove hai la macchina? Ti aiuto a portarle>
Lei scosse la testa. <Non ho la macchina>
<E riesci a portarle tutte in mano fino a casa? Da sola?> domandò Bulut, sbalordito.
<Certo che no! Utilizzo il carello>
<Il carrello?>
<Si, il carrello! Abito qui vicino e lo trascino fino a casa, poi torno indietro e lo poso>
<Ah!> riuscì a dire Bulut <allora lascia che ti trascini il carrello!>
<Sei molto gentile!> cinguettò civettuosa Nilüfer porgendo tutto il peso a Bulut. I due camminarono tranquillamente, in un silenzio piacevole. Alcune volte si osservavano di sfuggita. Arrivati in casa i due si fermarono sotto il portone, imbarazzati.
<Allora...> dissero all'unisono. I due rimasero in silenzio, poi scoppiarono a ridere.
<Prima tu!> dissero in coro, entrambi.
<Inizio io> disse Nilüfer, ridacchiando, <Ti ringrazio per tutto, tranne per la farina addosso>
<Ed io mi scuso ancora, sono terribilmente dispiaciuto>
<Allora io vado, ciao!> quasi sussurrò la ragazza. Aprì il portone e prese le due buste del supermercato. Bulut l'osservò sparire sulle scale e rimase lì, imbambolato, anche quando Nilüfer sparì.

Demet si fermò di fronte la porta in mogano e tirò fuori dalla borsa uno specchietto. Si aggiustò i capelli, lisciandoli con le dita e sistemò il trucco. Prese un grosso respiro e bussò il campanello.
Sentì tintennare i passi di qualcuno poi la porta si spalancò. La madre di Özgür osservò con astio Demet. La madre attribuiva a Demet la colpa dell'incidente accaduto a suo figlio e non tollerava rivederla.
<Buongiorno signora> parlò piano Demet. Alla donna infastidiva la sua voce ed era tentata di sbatterle la porta in faccia.
<Mamma, chi è alla porta?> gridò Özgür, arrivando dal corridoio. Era in sedia a rotelle ed a torso nudo. Demet osservò alcune cicatrici sul busto, poi distolse lo sguardo e salutò Özgür.
<Demet, sono felice tu sia qui. Accomodati!> disse lui. La madre si spostò e fece passare Demet. La donna chiuse la porta, un po' troppo forte, poi si rifugiò in cucina. I due andarono in soggiorno dove una signora sedeva sul divano.
<Melis, potresti lasciarci soli?> chiese Özgür. La donna annuì ed uscì dal soggiorno sotto lo sguardo confuso di Demet.
<È la badante, mi aiuterà durante il periodo di convalescenza> spiegò lui.
Demet prese posto sul divano e si guardò intorno, nulla era cambiato: le lunghe tende color verde petrolio svolazzavano grazie all'aria fresca che sferzava dalle finestre e le foto appese al muro mostravano orgogliose la famiglia felice. Demet ricordò di una foto scattata al parco con Özgür posta sul camino. La cercò ma non riuscì a trovarla. Delusa, si guardò le scarpe.
<Come stai?>
Demet alzò di scatto la testa <Bene, tu?> mentì lei, cercando di nascondere la sua tristezza in un sorriso.
<Il dolore agli arti è insopportabile ma ora che ti vedo tutto sembra essere sparito>
Demet arrossì. <Come hai fatto a trovarmi? Intendo ieri a lavoro>
<Ho fatto alcune chiamate e volevo farti una sorpresa>
<Non sapevo ti fossi svegliato. Eppure avevo lasciato il mio numero di cellulare all'ospedale qualora tu ti fossi svegliato> borbottò irritata Demet.
Lui scosse la testa e bevve un sorso di caffè. <Non c'era il tuo numero. Avevano quello di mia madre ed hanno chiamato lei>
Era stata la madre a togliere dall'elenco dei numeri d'emergenza quello di Demet. Özgür, appena sveglio, avrebbe dovuto iniziare una nuova vita senza di lei. La signora era sicura di questo ma ciò non avvenne. Al ritorno dalla farmacia, dopo aver riaccompagnato suo figlio a casa dall'ospedale, non aveva più trovato Özgür nella villa e la sedia a rotelle era abbandonata in soggiorno. Era andato da Demet.
<Come hai fatto a venire da me? le tue gambe sono ferme da anni!> trillò agitata lei. Non sapeva come comportarsi, né cosa dire. Era mattina presto e lei si sarebbe dovuta trovare a casa, a prepararsi per andare a lavoro, eppure Demet si era vestita in fretta e furia ed era arrivata a casa di Özgür.
<La villa è poco fuori città ed io ho chiamato un taxi. Il breve tratto a piedi l'ho fatto usando le stampelle. Il dolore era lancinante e le gambe sembravano cedere da un momento all'altro ma dovevo vederti. Mentre ero in coma riuscivo a percepire la tua presenza. Ti sentivo al mio fianco, sentivo il calore delle tue mani, le tue parole, le tue lacrime, le tue grida. Ho sentito tutto ma non riuscivo a risponderti ed è stato un'incubo. Appena mi sono svegliato tu sei stata il mio primo pensiero. Sentivo il bisogno di vederti e l'ho fatto!>
Demet rimase in silenzio, ad assimilare quelle parole tanto toccanti. Una lacrima le rigò il volto ricordando ogni giorno senza di lui. Erano passati quattro anni ed ora lui era fronte a lei, sveglio e vivo.
<Sei un cretino e un'irresponsabile. Potevi peggiorare la tua situazione!> balbettò Demet preoccupata mentre le sue gote si dipinsero di rosso. Özgür sorrise e mosse meccanicamente il braccio, la sua mano sfiorò quella di Demet e gli provocò brividi elettrizzanti su tutto il palmo.
<Farei qualsiasi cosa per te...>
Demet osservò le loro dita intrecciate poi alzò la testa ed osservò il volto di Özgür. Il suo sguardo si fermò sulle sue labbra e senza pensarci, Demet si fondò su di esse.
Inizialmente il bacio fu lento e romantico poi divenne sempre più passionale. Le mani di Demet arrivarono sul volto di Özgür. Accarezzò i suoi lineamenti e sfiorò i capelli. Erano più lunghi di come li portava ma a Demet piacevano. Continuarono a baciarsi, a trovarsi finché l'aria nei polmoni mancò ad entrambi. Si staccarono solo per riprendere fiato poi le loro labbra si sfiorarono ancora e ancora, fino ad inebriare i due.

HOLIDAY canto d'amore [Can Yaman e Demet Özdemir ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora