Capitolo 12

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Can aveva organizzato tutto nei minimi particolari. Era elettrizzato e tutto il suo corpo era accompagnato da lampi di emozioni. Aveva appena accompagnato Deniz dalla nonna, dicendogli che sarebbe venuto a prenderlo dopo cena e lui era entusiasto di passare il tempo con lei. Deniz adorava passare il tempo con la nonna, a sfogliare vecchi album di foto, oppure a passeggiare fra le vie tortuose del bosco che si estendeva dietro la villetta rustica posta fuori İstanbul.
Can premette sull'acceleratore e sorpassò un'auto ingiallita poi svoltò a destra e proseguì lungo il rettilineo. Istanbul era attiva già dalle prime ore del mattino ed ora il traffico inglobava le strade. Can svoltò a sinistra e grazie alla scorciatoia rivelata dal cellulare e riuscì ad arrivare facilmente sotto casa di Demet. Parcheggiò sotto l'edificio e uscì dalla macchina. Osservò il palazzo poi si fermò ad ascoltare una melodia dolce. Voltò lo sguardo verso il balcone e intravide Demet. Stava innaffiando alcune piante e canticchiava una canzone lenta che non conosceva. I fiori rosa cipria si abbinavano perfettamente alle sue ciocche di capelli. La chioma era scombinata ed indossava una maglietta larga con una stampa estiva.
Quando Demet finì la canzone, Can le applaudì con occhi pieni d'emozione. Era sempre bello poter ascoltare la voce di lei.
Demet si affacciò al balcone e osservò il suo capo.
<Signor Can!> trillò Demet, imbarazzata <che cosa ci fa qui?>
Can sorrise. <Potresti cantare ancora?> le chiese, ignorando la sua domanda.
<Non rimanga fuori, entri dentro!> disse Demet, scomparendo dentro casa. Can accettò l'invito e salì le scale. Era appena arrivato di fronte la porta di Demet quando lei gli aprì. Erano faccia a faccia e si guardarono intensamente sul corridoio deserto. Demet si scansò e fece entrare Can.
<Perché è qui?> domandò diretta la ragazza. Can sorrise, amava questo modo di fare di Demet. Era spigliata, senza peli sulla lingua e non amava girare intorno alle cose. Era diretta e  sempre concentrata a centrare il suo obiettivo.
<È una sorpresa> ammise Can, mettendo le mani in tasca. Dopo il loro chiarimento Can aveva passato tutta la notte a pensare a Demet. Avevano due passati diversi ma entrambi erano stati molto turbolenti ed avevano influito sul loro carattere. Erano simili l'un l'altra eppure Can riusciva a vedere in Demet una sincerità che lui non riusciva ad acquistare. Can si rigirò molte volte nel letto e alle tre e mezzo di notte gli balenò un'idea sorprendente.
<Non mi piacciono le sorprese> asserì Demet, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio. Can sorrise ancora.
<Sono sicuro che questa ti sorprenderà!>

***

Due ore dopo Can e Demet erano quasi arrivati a destinazione. Il fitto bosco si estendeva fino all'orizzonte, le foglie gli alberi erano di un color verde vivo e il ruscello alla loro destra sembrava uno specchio brillante colpito del sole. Demet aprì il finestrino e continuò ad ammirare il panorama, assaporandone i particolari e i suoni. Il fruscio dell'acqua rilassava l'aria. Gli uccelli cinguettavano rivolti al sole e le cicale cantavano alla vita. Un piccolo riccio costeggiava la strada ciottolosa e il cielo limpido trasmetteva pace e serenità. Il suolo era ricoperta da erba fresca di rugiada e i fiori selvatici dipingevano di colori tenui il terreno.
Stregata dallo scenario, Demet non si accorse che erano arrivati. Solo quando Can le aprì la portiera lei si risvegliò da quel dipinto fiabesco.
<Mi ha portato qui per uccidermi?> domandò Demet, nascondendo il riso dietro un volto cupo e serio.
La risata di Can riempì l'aria. <Perché mai dovrei?>
<Non so. Però siamo molto lontani da Istanbul e qui nessuno verrebbe a cercare il mio corpo> alzò le spalle Demet, guardandosi intorno.
<È solo una giornata fra amici, dopotutto ci siamo confidati l'uno il passato dell'altra> sussurrò infine Can, osservando intensamente gli occhi di Demet. Lei annuì, pensierosa. <Non ho molti amici. Dopo l'incidente e il mio ricovero in struttura nessuno mi ha più cercata. Tutti sono spariti tranne Nilüfer. Lei è come una sorella per me>
<Capisco questa situazione. Dopotutto il mio unico e caro amico è Bulut. Siamo cresciuti insieme fin da piccoli, siamo come fratelli e mi ha sempre supportato>
Iniziarono a camminare circondati da un silenzio piacevole. Non c'era tensione fra i due e camminarono fino a raggiungere una splendida casa circondata dal bosco. L'abitazione era classica e con un giardino ben curato. Can aprì la porta e fece entrare Demet, poi la seguì.
<È bellissima!> sospirò Demet, guardandosi intorno. Can la ringraziò.
<Qui vivevano i miei nonni. Ormai l'abitazione viene utilizzata raramente ma io amo tenerla in ordine e sempre pulita> raccontò Can poi si voltò verso Demet. La ragazza stava osservando alcune foto poste sul camino, quella che teneva in mano ritraeva Can a pesca con suo padre e suo nonno.
<Eri davvero un bel bambino> sussurrò Demet, osservando il volto sorridente del piccolo Can.
L'uomo sorrise. <Ero?>
Demet si voltò a guardarlo e sorrise maliziosamente. <Si, eri!>
Can scoppiò a ridere, poi prese un cestino da picnic e una coperta e si avvicinò a Demet.
<Andiamo?>
<Pensavo fosse questa la sorpresa> ammise lei, con una punta d'imbarazzo sulle gote. Can scosse la testa e le prese la mano. Demet gliela strinse forte e insieme uscirono dall'abitazione. Le loro dita erano intrecciate saldamente come radici al terreno e scaldavano l'uno la mano dell'altra. Raggiunsero il retro della casa ed entrambi osservarono meravigliati il panorama di fronte i loro occhi.
Una distesa di girasoli si estendevano fino all'orizzonte, erano tutti rivolti verso il sole e l'osservavano immobili, godendosi la vista dal basso.
Can aiuto Demet a scendere alcuni scalini poi camminarono in mezzo al campo. Trovarono un pezzo di terra incolto e Can sistemò il telo poi entrambi si sedettero.
<Sorpresa!> esclamò Can. Gli occhi di Demet brillavano alla vista dei fiori.
<È tutto così perfetto!> trillò la ragazza annusando un piccolo girasole. Can sorrise e le porse un panino.
<Sono felice che ti piaccia! Mia nonna amava i girasoli e mio nonno, ogni anno, piantava questi fiori come regalo. Mia nonna morì prima di mio nonno ma lui continuò a seminare i girasoli. E così abbiamo continuato mio padre ed io>
<È un gesto premuroso>
<Spero che da lassù riescano ad ammirare il paesaggio>
<Sono sicura che sarà così. Forse, anche in questo istante ci staranno osservando> sussurrò Demet, stringendo la sua mano. Can osservò le loro dita che si toccavano poi spostò lo sguardo sul volto di Demet. I due cominciarono a mangiare e chiacchierarono, chiacchierarono fino a tarda sera. Quando tornarono alla villa entrambi erano rilassati e felici.
<Prima di andare vorrei poter ballare con te> sussurrò Can all'orecchio di Demet. Lei annuì.
<Al piano di sopra c'è l'armadio di mia nonna, perché non vai a cercare un vestito da poter indossare?>

Demet si preparò con cura e lentamente, studiando ogni particolare poi, quando si sentì pronta, scese piano le scale scricchiolanti. Can era lì ad aspettarla, anche lui si era cambiato ed ora indossava una camicia bianca e dei pantaloni eleganti neri. Appena vide Demet si prese del tempo per osservarla. Aveva un ampio sorriso stampato in volto e i lunghi capelli mossi erano portati all'indietro con dell'acqua. Era un'acconciatura semplice ma che donava lucentezza al suo volto poco truccato. Il vestito, lungo, di colore bordeaux, strisciava dolcemente sulle scale. Il corpetto tenuto da sottili spalline metteva in risalto le forme minute ma perfette e la gonna a ruota dava movimento alle gambe sottili di Demet. Era bella da togliere il fiato e Can le porse la mano verso gli ultimi scalini. Demet l'afferrò saldamente e fece una giravolta con l'aiuto di Can. Lui le afferrò i fianchi e lei gli circondò le braccia al collo. Una dolce melodia soffusa risuonava per tutta la stanza. Demet la riconobbe: era la canzone che avevano suonato e cantato in vacanza, la sera in hotel. Lei si guardò intorno: il buio circondava i corpi dei due ragazzi e le luci soffuse delle candele illuminavano i loro volti sereni, in sottofondo la canzone malinconica portava a galla i ricordi dei loro primi momenti passati insieme. Ballarono lentamente, dolcemente, senza mai perdere il contatto visivo. I loro volti erano vicino, i loro nasi quasi si sfioravano. Entrambi chiusero gli occhi e si persero dentro quel momento. Le loro labbra si unirono in un dolce bacio. Continuarono a ballare, ad abbracciarsi e a godersi il momento. Intanto, nell'ospedale di Istanbul, qualcuno si stava appena svegliando da un lungo riposo ed aveva un'unico pensiero fisso; Demet.

HOLIDAY canto d'amore [Can Yaman e Demet Özdemir ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora