Capitolo 10

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<Perché non viene?> domandò Deniz, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto. Lui e Can erano seduti in giardino a gustare la colazione ma nessuno dei due sembrava realmente intenzionato a mangiare.
<Deniz, oggi Demet ha degli impegni e non riuscirà a venire> mentì Can.
Deniz si agirò sulla sedia <Non ti credo>
<Deniz> borbottò Can ma il piccolo si alzò dalla sedia. <Non ti credo, avete litigato e lei ora non vuole più venire!> gridò lui, battendo il piede sull'erba. Can lo guardò in silenzio. Deniz era la fotocopia di sua madre ma, per quanto riguarda il carattere, aveva preso tutto dal padre. Can sembrava rivedere sé stesso attraverso i suoi gesti. Deniz era un tipo inteliggente e perspicace. Così come lui da piccolo.
Can quella mattina non si sentiva bene. Era stanco e spento. Gli scoppiava la testa e scottava. Aveva preso una pasticca ma sembrava non avesse ancora fatto effetto. Non si ammalava da molto e questo non l'avrebbe fermato nell'andare a lavoro. Si alzò di scatto e un capogiro lo colpì. Cercò di mantenere l'equilibrio, poi si voltò verso suo figlio.
<Fra poco verrà la signora Layla, comportati bene!>
<Non voglio la signora Layla, ma Demet!>
<Basta!> tuonò Can, nervoso.
<Signor Can!> era Layla.
Lui si voltò verso di lei e cercò di calmarsi. Si era svegliato nervoso e i ricordi l'avevano compito immediatamente. Il ricordo del volto deluso di Demet, le sue parole, le sue urla, il suo passato. Tutto soffocava Can. Lui baciò il figlio sulla guancia poi si allontanò frettolosamente, i ricordi però, continuarono a persefuitarlo

***

Qualcuno bussò alla porta di Demet. Era Nilüfer, in una mano reggeva una bottiglia di limonata e due bicchieri, nell'altra aveva una grande busta di patatine. Sorrise all'amica, poi si sedette sul suo letto.
<Ciao> sussurrò piano, temendo di poter infastidire l'amica, Demet si tirò su dal letto e le sorrise rassicurante. L'amica appoggiò la bottiglia e i bicchieri sul comodino e si sistemò sul letto. Nilüfer e Demet si guardarono a lungo; erano cresciute insieme e si conoscevano da quando indossavano il pannolino. Durante l'adolescenza avevano riso molto, versato qualche lacrima per qualche stupido ragazzo ma non avevano mai litigato. Nilüfer era perfino riuscita a stare accanto a Demet quando neanche lei stessa riusciva più ad andare avanti con la vita. Lei si sentiva prosciugata, svuotata di ogni energia e solo Nilüfer riusciva a darle sollievo. Ed ora lei era ancora al suo fianco.
<Vuoi parlarne?> sussurrò dolcemente Nilüfer, raggiungendo il cuscino dell'amica e sistemandosi al suo fianco. Demet stette in silenzio e cercò di riordinare i suoi pensieri. Il sangue le ribolliva dalla rabbia e la delusione le investiva ogni centimetro del corpo.
<Se non te la senti non fa nulla...> iniziò l'amica ma Demet la interruppe. Sentiva il bisogno di sfogarsi e di sentire il parere della sua più grande amica. Demet era impulsiva, Nilüfer più riflessiva. Riuscivano sempre a completarsi a vicenda ed entrambe c'erano sempre nel momento del bisogno. Ora Demet aveva necessità di Nilüfer. Le raccontò tutto e l'amica si limitò ad ascoltare attentamente il monologo dell'amica. Solo quando Demet finì di raccontare l'accaduto, Nilüfer parlò:
<Tutto questo è così complicato. Entrambi vi siete comportati da immaturi e l'unico ad averci rimesso è stato il piccolo Deniz> pensò Nilüfer, abbracciando l'amica. Demet pensò al piccolo; avevano instaurato un bellissimo rapporto e l'aveva abbandonato come se non fosse importante per lei. I sensi di colpa la colpirono talmente forte da farle venire il mal di testa. Demet odiava questa situazione. Da un lato c'era il suo capo, Can, che aveva investigato ossessivamente sulla sua vita, dall'altro lato c'era il piccolo Deniz, un dolce bambino che aveva iniziato ad amare. Demet era combattuta fra due fuochi e temeva che si sarebbe bruciata presto.
<Cosa faresti al posto mio?> chiese Demet con un filo di voce. Nilüfer sembrò pensarci su.
<È una situazione complicata, Demet, dopotutto lui ha agito alle tue spalle ed ha scoperto molte cose della tua vita. Eppure, se è arrivato ad agire così, avrà sicuramente un motivo e tu non gli hai dato modo di spiegare. Entrambi vi siete surriscaldati e non avete sentito quello che dovevate dirvi. Se fossi io nella tua situazione, andrei a parlargli> concluse lei, osservando l'amica con i suoi grandi occhi verdi. Demet annuì debolmente e poggiò la testa al cuscino. Era ormai calata la sera e lei non aveva concluso nulla in questa giornata. Era rimasta a letto, a guardare la tv o a leggere un libro. Non amava ciondolare e perdere tempo eppure oggi si sentiva prosciugata di ogni forza.
<Lo chiamo!> rispose Demet, afferrando il cellulare dal comodino. Nilüfer la fermò:
<Aspetta, Demet, non puoi parlargli al cellulare!>
<Lo so, Nilüfer, voglio solo dargli appuntamento in quelche bar così da poter parlare civilmente. Lo faccio per Deniz, non merita tutto questo...>
Nilüfer gli sorrise dolcemente e Demet ricambiò. Stava per pigiare il contatto di Can sul cellulare quando il display s'illuminò e la suoneria partì, avvisandola che Can stava chiamando.
<È lui> borbottò lei, inarcando un sopracciglio.
<Rispondigli!> squittì l'amica, elettrizzata. Demet seguì l'ordine dell'amica. Aspettò che Can parlasse ma, dall'altro lato della linea le arrivò la voce di Deniz.
<Ciao Demet> sussurrò il bambino, singhiozzando. Demet si alzò di scatto dal letto, sotto lo sguardo indagatore dell'amica.
<Deniz. Perché piangi? È successo qualcosa?> rispose lei, cercando di tenere sotto controllo le emozioni. Nilüfer si alzò dal letto appena sentì il nome del piccolo e avvicinò l'orecchio al cellulare dell'amica.
<Si> rispose debolmente Deniz <papà non sta bene ed io non so che fare. Ho chiamato te perché sei mia amica> lamentò il bambino.
<Deniz non piangere e aspettami in soggiorno. Arrivo subito!> detto questo Demet staccò la chiamata e iniziò a vestirsi. Nilüfer aveva sentito tutta la conversazione e aspettò l'amica all'ingresso.
< Nilüfer, non so quando tornerò>
<Stai tranquilla tesoro, chiamami se dovessi avere un problema>
<Lo stesso vale per te!> si scambiarono un dolce abbraccio, poi Demet montò in sella alla sua moto e partì sotto il cielo stellato.
Quando Demet arrivò alla villa erano da poco passate le ventidue. Il cancella era già aperto e Deniz l'aspettava seduto in soggiorno. Abbracciava il suo pupazzo e aveva il volto rigato dalle lacrime. Il piccolo alza la testa e osserva Demet, scatta verso di lei e l'abbraccia forte.
<Demet, papà sta male!>
<Stai tranquillo, me ne occupo io!>
<Non voglio che sparisca come la mamma...> sussurrò lui. Demet si paralizzò. Era la prima volta che Deniz parlava della madre. Era un argomento che non si affrontava mai in questa casa, sembrava vietato parlare della donna che aveva masso al mondo Deniz, della persona che è stata al fianco di Can. Demet pensò alle parole dure di Can e a quelle di sua madre. Non era giusta per lui, questo aveva detto Gizem, e lei non aveva capito. La madre era scomparsa e non era giusta per Can. Cosa significava tutto questo.
<Deniz, ti prometto di prendermi cura di tuo padre. Adesso, però, devi andare a letto. Domani mattina il signor Can starà bene>
<Mi sei mancata tanto oggi!> balbettò il piccolo, scaldando il cuore di Demet. Era mancato anche a lei.
<Anche tu, ora andiamo a metterti il pigiama> detto questo, Demet baciò gli occhi di Deniz e gli asciugò le lacrime. Lo prese in braccio e l'accompagnò nella sua stanza. La porta di Can era semiaperta e non proveniva nessun rumore all'interno. Demet aiutò Deniz a indossare il pigiama poi gli rimboccò le coperte e gli sistemò il peluche al suo fianco.
<Buonanotte tesoro>
<Buonanotte Demet>
La ragazza uscì dalla camera e chiuse la porta alle sue spalle. La stanza di Can era di fronte quella di Deniz. Bussò ma nessuno gli rispose. Entrò piano e camminò in punta di piedi. Can era disteso e occupava tutto il letto matrimoniale. Le coperte erano cascate per terra e i cuscini erano sparsi sul materasso. Le tende erano scostate e la luce che emanava la luna illuminava il suo volto contratto. Si dimenava sul letto e si lamentava. Indossava una maglietta bianca e dei pantaloncini della tuta. Demet gli toccò la fronte bandita di sudore. Scottava molto e lei tolse la mano velocemente, come se anche lei si fosse scottata.
Andò in bagno e riempì una bacinella con dell'acqua fresca poi prese un paio di asciugamano, cercò in casa un ventilatore e prese anche quello poi, senza fare rumore, portò tutto in camera di Can.
La maglietta era zuppa di sudore; Demet intrecciò le sue dita alle sue e, con non pochi sforzi, sollevò il busto di Can. Gli sfilò delicatamente la maglietta e osservò il petto di Can che si alzava e abbassava. Gli asciugò il sudore poi gli sistemò i cuscini e lo fece distendere. Accese il ventilatore al minimo e gli bagnò la fronte con l'altro asciugamano. Il voltò contratto si addolcì.
<Sevim> bisbigliò lui. Demet si fermò ad osservarlo. Can dormiva beatamente e aveva sussurrato un nome. Demet non sembrò turbata e continuò a prendersi cura di Can. La febbre sembrò essere scesa solo dopo la mezzanotte. Mandò un messaggio a Nilüfer e si sistemò sulla poltrona posta di fronte la vetrata. I vestiti erano troppo scomodi per Demet, in punta di piedi raggiunse la cabina armadio di Can e prese in prestito una maglietta nera. Si spogliò piegando accuratamente i vestiti poi indossò l'indumento. Era larga e le arrivava a metà coscia. Prese di nuovo posto sulla poltrona e osservò Can. Dolcemente, Demet si addormentò.

HOLIDAY canto d'amore [Can Yaman e Demet Özdemir ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora