⊱ Ruby Red

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Never by Mag.Lo, O Super ]

Min Yoongi
— rosso rubino
"Show me a hero, and I'll write you a tragedy."
F. Scott Fitzgerald

Sistemare i libri tra le mensole era sempre stato per Jimin un lavoro difficile ma che andava fatto

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Sistemare i libri tra le mensole era sempre stato per Jimin un lavoro difficile ma che andava fatto. Li divideva con una precisione quasi ossessiva: non si limitava al solito ordine alfabetico ma li separava per anno d'uscita e per nazionalità dell'autore. Jimin era ossessionato dall'ordine e dalla perfezione, era sempre stato così, fin da bambino, il punto è che se non lo faceva rischiava di impazzire, di perdere il controllo della sua vita. Uno, due, tre, dov'è finita la penna che aveva comprato ad Edimburgo? Qualcuno l'aveva spostata? Ah, no, eccola! Doveva essere rimessa insieme a tutti gli altri souvenir, quelli più piccoli, doveva stare lì così che tutto sarebbe andato per il meglio. Ogni cosa deve essere al suo posto se no perde il suo valore, diceva a sua mamma quando gli spostava qualcosa dalla scrivania.

Ma con le emozioni come la mettiamo? E con i disegni? Con le palpitazioni quando vedeva Yoongi? Non poteva e non riusciva a controllarli. Quelli arrivano all'improvviso, si fanno spazio nella tua testa e non puoi decidere in che posto devono stare. I pensieri prima di addormentarsi, la sua voglia di disegnare con le mani, il desiderio di vedere Yoongi ridere: quelle, anche se incontrollabili, erano le uniche cose che lo facevano sentire umano. Il colore sulle dita, brillante e freddo, lo guidava sulla tela bianca e gli faceva percorrere le strade segrete del suo cuore che oramai lo portavano sempre in un unico luogo: tra le braccia candide di Yoongi. Era successo, ed era impossibile decidere quando smettere o quando mettere ordine.

Non era mai riuscito a spiegare a parole ciò che aveva in testa e quando ci provava gli altri lo guardavano sempre con aria di perplessità, come a volergli dire "ma non sei mica matto?" oppure si limitavano ad annuire un "capisco bene come ti senti". Ma erano bugie, erano frasi fatte e dette soltanto per smorzare l'aria cupa che Jimin portava dietro sé; gli altri non volevano vederlo triste quindi lui semplicemente smetteva di esserlo. A tutti andava bene che lui fingesse, che dicesse "sto uscendo a prendere una boccata d'aria" solo per poter togliere dalla faccia la maschera che portava sempre con lui ma con Yoongi non era stato così.

Yoongi lo guardava davvero, si accorgeva del corpo leggero di Jimin nei corridoi, per lui non era un fantasma e questa cosa gli faceva sempre mancar l'aria. C'erano state delle volte in cui si era accorto che gli occhi del più grande seguivano il movimento lento della curva delle sue labbra quando gli sorrideva, Yoongi non era cattivo, non lo era mai stato. Jimin sì, lui aveva sempre calcolato tutto: aveva detto parole di conforto agli amici quando ne sentivano il bisogno, aveva riso alle battute di sua madre e si era approfittato della gentilezza di Hanbin quando l'unica cosa che desiderava era la sua vita.

Quando li vedeva amarsi con così impeto e segretezza, lui pensava a quanto vuoto conservava nelle vene, all'immensità di essere trasparente come l'acqua di un ruscello, sempre nascosto e senza mai avere nessuno con cui giocare a nascondino. Piccolo com'era, poteva camminare su un cornicione, danzare sull'orlo di un precipizio, gridare a squarciagola delle poesie, ma nessuno lo avrebbe mai visto.

RESILIENZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora