Capitolo 3: Multa paucis.

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Multa paucis è una locuzione latina che significa letteralmente
"molte cose in poche parole."
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La domenica ha il sapore del vizio, della colazione a letto dopo un risveglio di baci e carezze, dopo una veloce, ma bisognosa, sveltina del buongiorno.

Ovviamente, tutto ciò non riguardava Sawamura Y/N: lei la domenica, invece di passarla a letto a fare l'amore, la passava a letto sicuramente, ma a dormire.

Quel giorno della settimana le aveva sempre messo addosso un'incolmabile malinconia, come se tutti i problemi le si riversassero addosso come uno tsunami e la costringessero a starsene, bagnata fradicia, in balia di un vento da nord.
Terribile, ecco l'aggettivo perfetto per descrivere la domenica: un terribile affronto architettato con il solo intento di renderla più nevrotica del solito.

Per quel motivo Y/N tentava strenuamente, ogni settimana, di limitare le ore di veglia: la notte tra il sabato e quello stramaledetto giorno veniva religiosamente trascorsa giocando online assieme a Kenma, in modo tale da passare il giorno dormendo.
O almeno, era quello che aveva sperato quando aveva chiuso gli occhi intorno alle sei del mattino.

A lei dormire era sempre piaciuto un sacco, fin da piccola aveva sempre avuto la straordinaria capacità di addormentarsi ovunque: che fosse il sedile di un treno affollato dove le voci della gente si rincorrevano in una marea di volumi diversi, il divano del salotto durante la visione di un film o perfino il banco di scuola, lei non aveva problemi a prendere sonno.

Tuttavia, quella domenica, il suo amatissimo riposo venne interrotto all'improvviso dal fastidiosissimo suono del cellulare che squillava come a voler annunciare la carica di mille cavalli impazziti: perché mai al risveglio i rumori sembrassero amplificati in maniera esponenziale, Y/N non sapeva spiegarselo.

Ancora con gli occhi chiusi e incerta se si trattasse di sogno o realtà, l'assonnata ragazza allungò un braccio fuori dal piumone invernale per afferrare quell'aggeggio infernale: senza neanche guardare, prese a scorrere il dito sul display, prima di portare l'apparecchio elettronico al suo orecchio, ancora sotto le coperte.

«Mhn
Quello fu il solo verso che riuscì ad emettere, ancora mezza addormentata, incapace di mettere insieme la forza necessaria per pronunciare anche la più semplice parola.

«Perché non hai risposto al mio messaggio?»
Era un incubo: doveva essere un incubo.
Quella non era la voce di Bokuto Kōtarō, non lo era assolutamente.
Lei stava semplicemente facendo un brutto sogno e quando sarebbe finito, sarebbe potuta tornare a trascorrere altre dieci ore di indisturbato sonno.

Gli attimi successivi a quella domanda, che lei non aveva neanche realmente ascoltato, troppo impegnata ad inventare tutta una serie di colorite offese verso il gufo, furono estremamente silenziosi e preoccupanti.

«Y/N-chan?»
La cosa più fastidiosa di quella chiamata non era la stessa chiamata in sé per sé, era il tono di voce del capitano della Fukurodani, chiaramente in uno dei suoi famosi momenti di abbattimento.

«Che ore sono?»
Aveva la voce impastata dal sonno, gli occhi appena socchiusi non avevano il coraggio di guardare al di là delle lenzuola la luce proveniente dall'esterno, troppo stanchi per sostenere i raggi del sole che filtravano dalle imposte.

«Le undici e trenta del mattino.»
L'altro aveva risposto come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se quella risposta non significasse che fosse praticamente l'alba, per lei, dato che aveva spento la console circa cinque ore prima, facendo un rapido calcolo.

Omnia vincit amor [BokutoxReader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora