Amor otiosae causa sollicitudinis è una locuzione latina che significa letteralmente:
"l'amore è causa di inutile preoccupazione."
▲▲▲Venerdì quattro gennaio era arrivato presto, prestissimo.
Sul calendario di ogni membro di ogni squadra coinvolta nel mondo della pallavolo giapponese quel giorno era contrassegnato da un simbolo: una croce, un cuore, una stella o una palla magari, oppure c'era semplicemente scritto il nome dell'evento tanto atteso.
Era il giorno prima dell'inizio dei Nazionali.Tutti l'avevano atteso come un bambino aspetta il Natale, con quel misto di eccitazione e felicità, unito alla consapevolezza di doverselo godere minuto dopo minuto.
Per i giocatori, ovviamente, la vasta gamma di emozioni provate era composta anche da ansia, paura e sana preoccupazione.Sawamura Y/N non era da meno: aveva passato l'intera settimana a fare, sfare e rifare la valigia, a riguardare i documenti, ad assicurarsi che tutti i pass fossero all'interno della borsa e che riportassero i nomi giusti di tutti i componenti della Nekoma.
Aveva stilato una lista delle cose da fare e da portare, l'aveva appesa sulla porta e aveva evidenziato le cose più importanti così che saltassero all'occhio.
A detta di suo padre, non sarebbe stata così agitata e ansiosa neanche il giorno del suo matrimonio.
Sempre che qualcuno avesse mai avuto il coraggio di sposarla, aveva aggiunto.
Chissà come mai, in quel momento, la mente di Y/N proiettò nel suo cervello l'immagine di un sorridente Bokuto che la attendeva all'altare.
Stava decisamente correndo troppo con la fantasia.Quel venerdì si alzò straordinariamente presto: alle sette in punto la sveglia aveva iniziato a strillare proprio alla destra del suo orecchio, facendo vibrare tutto il comodino e amplificando il suo rumore insopportabile, ma invece di imprecare come al suo solito, spegnerla e maledire quel modo orrendo di interrompere i suoi sogni, la gatta della Nekoma fuoriuscì dalle coperte in un lampo.
C'erano troppe cose da fare per rimanere a letto come avrebbe desiderato qualsiasi altro giorno dell'anno.Il coach Nekomata aveva ordinato alla squadra di presentarsi alle quattordici in punto di fronte ai cancelli dell'istituto, in modo tale da arrivare con calma alla struttura dove avrebbero alloggiato per tutta la durata dei nazionali e poi dirigersi al palazzetto per la cerimonia d'apertura.
Quando aveva comunicato loro l'orario, i suoi occhi felini si erano assottigliati puntando dritti dritti verso di lei: stavolta non le avrebbe perdonato l'ennesimo ritardo, Y/N ne era certa.
Soprattutto per quel motivo, alzarsi ben sette ore prima della partenza non era stato così difficile.Tra i preparativi di lei e gli ultimi, importantissimi, allenamenti di lui, Bokuto e Y/N non avevano avuto alcun modo di vedersi dopo Capodanno.
Ovviamente chi ne aveva risentito di più era stato proprio il capitano della Fukurodani, lamentandosi e piagnucolando ogni sera al telefono, pregandola di andare a dormire da lui o di lasciare che lui andasse a trovare lei.
La gatta, naturalmente, era stata irremovibile: la loro relazione doveva rimanere in secondo piano fino alla fine del torneo.
Il suo proposito era riuscito alla perfezione, si era dedicata con così tanto zelo al suo ruolo di manager che non vedere il suo ragazzo era risultato straordinariamente semplice.
Questo, tuttavia, evitò di dirglielo: conoscendolo, sarebbe entrato in uno dei suoi famosi stati depressi e deprimenti.
Eppure, anche se si era distratta a dovere pur di non pensarlo eccessivamente, mentre usciva di casa ripassando mentalmente la lista di cose da non dimenticare, sentiva anche di essere felice di poter rivedere, finalmente, quell'idiota di un gufo.Tutti sull'autobus erano agitatissimi.
Taketora aveva già chiamato due volte sua sorella minore per supplicarla di portargli un paio di pantaloncini di ricambio che aveva scordato di prendere e le urla squillanti della piccola Akane erano rimbombate fino all'ultima fila.
Tamahiko aveva minacciato di rimettere pranzo e colazione facendosi venire conati di vomito che avevano scatenato, a loro volta, quelli che Yūki amava definire come "conati di riflesso": a suo dire, ogni qualvolta qualcuno fosse sul punto di vomitare nelle sue immediate vicinanze, lo stesso stimolo lo avvertiva lui stesso.
Il coach aveva dovuto fermare il mezzo per ben due volte.
Lev era pericolosamente calmo, se ne stava raggomitolato sul sedile -per quanto possibile, con quelle gambe chilometriche che si ritrovava- senza dire una sola parola.
Kuroo, troppo impegnato com'era a stilare schemi, cancellarli e finire con lo strappare la pagina del quaderno con rabbia, non aveva ancora rimproverato il loro biondo alzatore per non aver minimamente alzato lo sguardo dalla sua console portatile.
Yaku e Nobuyuki, probabilmente per distrarsi dal nervosismo che senza dubbio aveva assalito anche loro, stavano tentando di insegnare una stupida canzoncina a Inuoka, che aveva tutta l'aria di un bambino di tre anni al massimo che batteva le mani felice.
Alla fine era stato Kenma a sbottare: dopo aver minacciato di assassinare l'intera squadra durante la notte, tutti si erano ammutoliti.
Solo Y/N aveva riso, una risata che, però, più che divertita era sembrata isterica e al limite dell'esaurimento nervoso: quando incontrò gli occhi omicidi del suo migliore amico si zittì anche lei.
Il tutto era avvenuto solo nei primi venti minuti: sarebbe stata una lunghissima giornata.
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Omnia vincit amor [BokutoxReader]
FanfictionLui era come il sole: splendente, raggiante, sincero. Lei era l'oscurità: ingannevole, incerta, inafferrabile. Un passato fatto di parole non dette, l'abitudine di chiudersi in sé stessa l'aveva portata ad essere diffidente e schiva. Solo lui può ri...