Capitolo 4: Gutta cavat lapidem.

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Gutta cavat lapidem è una locuzione latina che significa letteralmente
"la goccia scava la pietra."
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Quella settimana, come tutte le altre da un bel po' di tempo a questa parte, era stata davvero, incredibilmente, estenuante.

Il periodo delle piogge, lei, lo odiava con tutta sé stessa, soprattutto se erano accompagnate da un fastidiosissimo vento: finché c'erano solo piccole gocce d'acqua, che al massimo le bagnavano la divisa e i capelli, andava tutto bene, ma quando ci si metteva quella dannatissima corrente d'aria di mezzo i suoi nervi erano così tesi da sembrare corde di violino perfettamente stirate.
In più, era la stessa fase dell'anno in cui non si sa mai come diavolo doversi vestire: troppo freddo per i trench da pioggia, troppo caldo per i parka da neve.

Così la gente se ne andava in giro vestita completamente a caso: Sawamura Y/N, in particolare, aveva optato per la divisa invernale e una giacca il primo giorno della settimana, ma aveva avuto caldo, così l'aveva lasciata a casa la mattina seguente e aveva indossato solo una sciarpa abbastanza coprente da usare, in caso di necessità, per coprirsi anche le spalle.
Naturalmente, quel martedì aveva iniziato a soffiare un vento gelido e lei era quasi congelata aspettando la metro. Allora mercoledì si era portata dietro sia giacca che sciarpa: che grande idea quella, se solo non si fosse maledetta per l'intera giornata quando aveva cominciato ad evaporare e aveva capito di aver esagerato.
Giovedì aveva tentato di nuovo di affrontare le intemperie con la sola giacca e, infine, il venerdì era uscita di casa solamente con la divisa, sbattendosi furiosamente la porta alle spalle, sotto lo sguardo sconcertato di suo padre: magari le sarebbe presa una gran bella polmonite e sarebbe morta agonizzando per la strada.

Sì, sarebbe stata una fine gloriosa, avrebbe lasciato questo mondo sinceramente felice: forse nell'aldilà le avrebbero spiegato il motivo dell'esistenza delle mezze stagioni e lei, polemica come non mai, avrebbe protestato fino alla fine dei tempi.

Aveva la pelle d'oca per il freddo, quel venerdì, i denti le battevano incessantemente e le persone avvolte nei loro cappotti la guardavano come se fosse un alieno, ma ormai era guerra aperta, tra lei e il meteo: per orgoglio non sarebbe mai tornata indietro per coprirsi, era chiaro che il cielo ce l'avesse con lei e si divertisse un sacco nel vederla ammattire.

Con il capo chino e gli occhi puntati sulle sue scarpe bagnate dalla pioggia, si era infilata nel vagone della metro senza guardarsi minimamente intorno: con quell'umore nero non avrebbe voluto vedere nessuno.
Si limitò a tirare fuori il cellulare dalla tasca e sbloccare lo schermo: sul display compariva un nuovo messaggio.

Bokuto Kōtarō
Buongiorno Y/N-chan!!!
Oggi mi dirai di sì?
Ven 8.07

Sorrise, la manager della Nekoma.
Dopo quella lunga chiacchierata domenicale al telefono, lui l'aveva salutata con la promessa di riscriverle per l'intera settimana, chiedendole ogni santissimo giorno di uscire insieme e giurando che non avrebbe smesso finché non avesse accettato.

Lei aveva risposto con una risatina nervosa e aveva scrollato le spalle, una volta riattaccato, pensando che si trattasse solo di parole che sarebbero finite gettate al vento, ma la mattina del più infernale giorno della settimana si era dovuta ricredere.

Il telefono aveva cominciato a vibrare intorno alle sette del mattino, ma lei, appena alzata, già con il piede sbagliato e un cipiglio scontroso, era stata troppo impegnata a scagliare svariate maledizioni contro il folle che aveva inventato il lunedì, per accorgersi dei messaggi del gufo.

Non aveva rivolto minimamente attenzione all'apparecchio elettronico e si era invece concentrata sul prepararsi per la scuola, sperando di non arrivare in ritardo.
Un altro messaggio le era arrivato una mezz'ora dopo e, mentre sfregava rumorosamente lo spazzolino sui denti, decise di cedere alla curiosità e visualizzare il mittente.

Omnia vincit amor [BokutoxReader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora