Humanum amare est, humanum autem ignoscere est è una locuzione latina che significa letteralmente:
"E' umano amare, ed è ancor più umano il perdonare."
▲▲▲I primi quattro giorni del torneo erano volati e, per ogni squadra, era andata come doveva andare.
Y/N aveva visto molti ragazzi piangere, altrettanti ridere, alcuni abbracciarsi e altri lanciare la felpa della divisa a terra con rabbia; aveva avuto parole di conforto per il capitano di una squadra femminile che aveva trovato in lacrime nel bagno del palazzetto, aveva abbracciato Kaori quando entrambe ne avevano avuto bisogno e aveva, ovviamente, sostenuto sempre e comunque i suoi amati compagni di squadra.
Le cose da fare erano ancora tante e nonostante il sonno arretrato, lo stress, la stanchezza sia fisica che mentale, lei trovava ancora il tempo di preoccuparsi di come si sentisse il suo ragazzo.
Si erano chiamati ogni sera raccontandosi di quello che era successo durante la giornata, dato che non sempre era possibile che andassero a vedere le partite delle rispettive squadre, avevano avuto modo di sfogarsi e consolarsi nei momenti in cui lo sconforto aveva preso il sopravvento, ma non era certo come stare insieme fisicamente.
Era paradossale, ma vedersi di sfuggita come accadeva dall'inizio dei nazionali, senza più che un bacio fugace o un abbraccio dato di fretta, era ancora peggio che non vedersi affatto.
Avvertivano l'ardente bisogno di stare insieme davvero: accoccolati per ore a letto in compagnia di un vecchio thriller, punzecchiandosi a vicenda per finire poi a fare l'amore, mangiare cibo spazzatura e addormentarsi con l'odore dell'altro addosso.I momenti peggiori, poi, erano quelli in cui sapevano che una delle due squadre stava giocando e loro non potevano essere presenti a confortare il proprio partner in caso di sconfitta.
In quel preciso istante, sugli spalti della struttura principale, la manager della Nekoma stava attraversando proprio uno di quei momenti ed era un unico fascio di nervi.
Tutta la squadra era attentissima ad osservare i corvi che, nel campo centrale, lottavano strenuamente per la vittoria: Inuoka, al solito, strillava ogni volta che il piccolo numero dieci faceva una delle sue azioni strabilianti, Yaku borbottava qualcosa a proposito della bravura del libero e Fukunaga, di tanto in tanto, riprendeva qualche servizio dell'alzatore prodigio con il cellulare.
Lei, invece, era stata attenta sì e no solo i primi dieci minuti, aveva applaudito per un salvataggio miracoloso di suo fratello maggiore e aveva salutato con la mano Kaori quando l'aveva vista seduta sulla panchina accanto al coach Ukai.
Dopodiché non aveva fatto altro che guardare l'orario sullo schermo del suo telefono: l'aveva sbloccato e ribloccato così tante volte che Kenma, seduto di fianco a lei, aveva perso il conto e tutto quell'accendi-spegni gli stava per far venire un gran mal di testa.
Inoltre, se avesse continuato a tamburellare nervosamente i piedi sul pavimento in quel modo frenetico per un solo altro minuto, il biondo alzatore giurò tra sé e sé che sarebbe andato ad osservare il match dall'ultima fila.La partita della Fukurodani nell'altro palazzetto sarebbe iniziata di lì a pochi minuti e lei non poteva andare ad assistere.
La Nekoma non avrebbe giocato, questo era vero, ma se qualcuno avesse avuto bisogno di lei? Se uno dei primini si fosse perso, lei come avrebbe giustificato la sua assenza? Dicendo che aveva preferito andare a fare il tifo per il suo ragazzo?
Impensabile: aveva promesso di mettere la sua squadra prima di tutto e di tutti, anche davanti ai suoi interessi personali.
No, non poteva andare a meno che qualcuno non le avesse proposto di farlo.
Così se ne stava là, sbuffando e sospirando di continuo, non rendendosi conto che, in quel modo, non avrebbe aiutato nessuno in ogni caso.Stava riflettendo sul fatto che avrebbe potuto mandare almeno un messaggio di buona fortuna a Bokuto, o andare a salutarlo di sfuggita prima di seguire la Nekoma sugli spalti, o magari tranquillizzarlo di più la sera precedente, quando i suoi pensieri furono interrotti da una voce profonda alle sue spalle.
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Omnia vincit amor [BokutoxReader]
FanfictionLui era come il sole: splendente, raggiante, sincero. Lei era l'oscurità: ingannevole, incerta, inafferrabile. Un passato fatto di parole non dette, l'abitudine di chiudersi in sé stessa l'aveva portata ad essere diffidente e schiva. Solo lui può ri...