Capitolo 23: Suum cuique.

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Suum cuique è una locuzione latina che significa letteralmente:
"a ciascuno il suo."
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«Bentornata a casa, Y/N.»
Era sicura che non si trattasse di un incubo: la fastidiosissima voce di Daichi Sawamura era ben peggiore di un incubo.
Suo fratello maggiore aveva la straordinaria capacità di spuntare fuori quando meno se lo aspettava e, puntualmente, lo faceva proprio quando non avrebbe dovuto.

Era stato deciso che, per quell'anno, avrebbero tutti trascorso le vacanze natalizie a Tokyo invece che a Miyagi come avevano fatto l'anno passato: sua madre, per puro caso, aveva del  particolare lavoro da svolgere nella capitale, perciò non era stato necessario insistere più di tanto e, forse, non ci sarebbero state neanche troppe discussioni tra gli ex coniugi.
Di certo non si poteva dire lo stesso che per i due fratelli: le cose, quella sera, non promettevano per niente bene.

«Grazie, onii-chan
Gli artigli della gatta della Nekoma si erano attorcigliati attorno alle maglie della giacca di Bokuto come quelli di un leone si avvinghiano alla preda che vuole sfuggirgli: Bokuto, intanto, tremava.

«Non osare fermarti.»
Aveva spalancato gli occhi e/c e incontrato le pupille dilatate dalla paura del suo-ormai-ragazzo, e aveva sibilato quell'ordine a denti stretti: non avrebbe rinunciato a quel bacio solo perché Daichi aveva deciso di rovinare il momento.

«Ma Y/N-chan...»
Nonostante fosse grande, grosso e muscoloso, c'erano parecchie cose al mondo che lo spaventavano: come i ragni ad esempio, o i test scolastici, soprattutto quelli di matematica, oppure i rimproveri del coach o, ancora peggio, di Akaashi.
Ma nessuna delle sue paure era minimamente paragonabile allo sgomento che provò quella sera di dicembre: erano ben due i Sawamura che lo puntavano, la situazione era drammatica.

Bokuto poteva vedere, con la coda dell'occhio, il corvo che lo osservava torvo sull'uscio della villetta: il piccolo prodigio dai capelli arancioni della Karasuno allora non mentiva quando, durante il ritiro estivo, gli aveva raccontato di quanto potesse essere terrificante il loro capitano.
Ma d'altra parte il gufo doveva affrontare una minaccia che si trovava ad un passo dalla sua giugulare: le unghie della gatta della Nekoma erano pronte a recidergli la gola e lui non vedeva via di scampo.
Se non fosse morto quella notte, si disse, avrebbe dovuto recarsi al tempio ogni giorno.

«Puoi aspettarmi in casa, Daichi.»
Y/N non si era mossa di un singolo millimetro, la sua faccia contorta dall'irritazione era ancora nella stessa posizione di prima, in attesa di un bacio che, almeno per quel giorno, avrebbe dovuto aspettare ancora un po'.
Era lui ad essersi allontanato al solo suono della voce del maggiore dei Sawamura.
Una volta finito con suo fratello, Y/N avrebbe pensato anche a Bokuto: vigliacco di un gufo.

«Preferisco stare qui.»
Il capitano della Karasuno aveva un sorriso inquietante sul viso, lo stesso sorrisetto spietato che mostrava quando gli altri ragazzi della squadra non lo ascoltavano, quando Kageyama e Hinata incorrevano in una delle loro solite liti o quando Tanaka e Nishinoya importunavano esageratamente la povera Shimizu.
Ma sotto la sinistra luce proveniente dall'ingresso della casa, che gli illuminava solo per metà il volto, la sua espressione sembrava ancora più temibile: forse era perché il suo nervosismo era dovuto a sua sorella minore, o forse perché, in fondo, la cosa lo divertiva da morire.

«Sono un po' impegnata al momento.»
Non si stavano guardando negli occhi i due fratelli, Y/N gli dava le spalle e, a dirla tutta, Daichi non puntava direttamente lei, ma piuttosto il povero Bokuto.
Eppure sembravano due lottatori su un ring di wrestling, uno di quelli chiusi dentro una gabbia in cui, per uscire, si doveva prima versare del sangue: e Bokuto, naturalmente, era appeso a testa in giù come un premio da torturare una volta finito il match.

Omnia vincit amor [BokutoxReader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora