•È più pazzo del Joker•

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Il giorno successivo è il suono acuto e a dir poco fastidioso della sveglia a farmi aprire gli occhi.
A volte vorrei davvero essere nata come una di quelle ragazze educate e aggraziate, ma purtroppo non sono state qualità che il Boss lassù ha pensato di accreditarmi.

Mugugnando, allungo la mano a tentoni verso il comodino per spegnerla, ma finisco per farla cadere sul pavimento. Eppure nemmeno questo è sufficiente perché smetta di trillare.

Maledetta.

È più demoniaca di Mitchell.

Ed ecco che il mio cervello stronzo è andato ancora una volta a parare in un luogo proibito.

Il patto con Mitchell.

Basta una semplice frase per rovinare la mia giornata, però mi affretto a cacciarla via a calci dalla mia testa.

Di solito la domenica è sinonimo di relax e ore infinite di sonno, oggi invece comincerà come una puntata di The Walking Dead, dove lo zombie chiaramente sarò io, e finirà come un episodio di Criminal Minds, con me che strangolerò mio cugino.

Comunque sia, mi preparo all'arrivo di Cole con la musica di Grease in sottofondo, anche se con lui non si sarà mai pronti abbastanza.

Altroché il Cappellaio Matto, lui è più pazzo del Joker.

Mia madre il sabato va a camminare insieme alle sue amiche svitate. È la loro macabra tradizione, ma se sono contente loro, contenti tutti, per carità.

Ovviamente, mi sembra inutile sottolinearlo, anche la madre di Mitchell fa parte della stramba compagnia.

Il solo pensiero basta a farmi rabbrividire, mentre mi trovo di fronte al mio armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi.

Ho sbloccato il pazzo maniaco proprio la sera precedente, come suggeritomi da Cole Il Saggio.
Non per dire, ma come sfondo Whatsapp ha un'immagine completamente nera che rispecchia perfettamente la sua anima. Quando l'ho vista per poco non mi sono commossa.

Mi aspettavo la fotografia dei suoi addominali in primo piano?

Sì.

Sono rimasta delusa?

Per niente.

Comunque, dopo una decina di minuti trascorsi a studiare l'armadio come fosse un esperimento scientifico del Dottor Frankenstein, opto per un abito rosso ciliegia con il colletto e una fila di bottoni grossi e bianchi all'altezza del petto. Indosso i guanti, la mia collana di perle finta e infine, con una dolorosa morsa allo stomaco, mi metto anche gli orecchini. Finti a causa del facocero inferocito in questione che ha pensato bene di fargli fare un viaggetto di sola andata dentro al gabinetto.

Però me la pagherà.

Eccome se me la pagherà. A costo di estinguere il suo debito vendendomi le sue microscopiche palle.

Chissà se qualcuno al mercato nero le comprerebbe. Potrei proprio chiederlo al mio amabile cuginetto.

È questo quello a cui penso mentre chiudo le ante dell'armadio, che come sempre avevo lasciato aperte.

Una treccia che mi ricade sulla spalla, infilo anche il cerchietto tra i capelli. Sorrido al mio riflesso, poi giro su me stessa ammirando la gonna dell'abito che si solleva.

Il suono del campanello proveniente dal piano di sotto mi fa sussultare.

«Eccolo» mormoro tra me e me.

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