•Incontri ravvicinati del terzo tipo•

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Io e Georgia usciamo insieme dall'edificio, l'una stretta all'altra, lasciandoci la porta di sicurezza alle spalle come se avessimo appena abbandonato il mondo dei vivi per dirigerci verso morte certa. E sono grata di averla come sostegno morale in questo momento così tragico.
Il coach non ci ha nemmeno tenuto la porta aperta, nonostante fossimo subito dietro di lui e per poco non ci sono finita con la faccia spiaccicata contro. Grazie a Dio l'ho fermata in tempo, anche se mi sono fatta male alla spalla.

Comunque, ringrazio mentalmente la ragazza al mio fianco per essere anche il mio termosifone personale, visto che la brezza invernale si fa sentire e scommetterei qualsiasi cosa che mi prenderò l'influenza. Mi stringo le braccia al petto, come se questo potesse bastare, mentre il signor Barton ci fa strada in tacito silenzio e io per tutto il tragitto ho la tentazione di svignarmela a gambe levate come Cenerentola a mezzanotte.
Al contrario di come avrei pensato, invece che nel campo da football poco distante da qui, ci dirigiamo verso quello da basket.

Grandioso.

Avrei di gran lunga preferito essere torturata sull'erba, piuttosto che sul cemento.

Deglutisco a vuoto. «Oh, no» mormoro nel notare diverse persone in lontananza che si stanno già scaldando. «Dov'è la mia fata turchina quando serve?»

«Me lo sto chiedendo anch'io.» Georgia mi sta aggrappata come se fosse Tarzan e io la sua liana.

E in effetti noi stiamo proprio per inoltrarci in una giungla colma di bestie feroci e scimmioni con gli ormoni scoppiettanti come fuochi d'artificio a capodanno.

Sono consapevole del guaio in cui sto per cacciarmi e non oso immaginarmi la reazione che avrà Mitchell non appena si accorgerà che la sua nemesi ha appena varcato il suo territorio. Spero solo che non ci abbia fatto pipì sopra. Questo sì che sarebbe disgustoso.

Il mio lato sadico, emozionato all'idea di sconvolgerlo e fargli venire un esaurimento nervoso, sta ballando la Samba. Invece, quello razionale mi sta stritolando lo stomaco per l'ansia. E quest'ultimo è molto più forte. Mi chiedo se non ci sia un frullatore nascosto lì dentro.

Non sono pronta. Non sono pronta per niente.

Mamma, perché non hai procreato con il Dio della guerra o qualcosa del genere, invece che con l'Uomo che non sa tenersi il gingillo dentro ai pantaloni?

Magari avrei potuto utilizzare le mie straordinarie abilità ereditate per sterminare gli idioti.

Ringrazia il cielo di avere ereditato la tua lingua tagliente da tua nonna.

Giusto.

Quando siamo quasi arrivati, gli omini in lontananza cominciano a cambiare forma. Cominciano ad avere delle gambe, delle braccia muscolose e ad assumere sembianze disumane. Inizio a pentirmi per l'ennesima volta di quello che sto facendo. Noto Jared, il ragazzo con la mascella quadrata e le vene in rilievo sul collo, impegnato a saltellare sul posto e allargare braccia e gambe come se stesse facendo una qualche strana danza satanica.
Mi vengono i brividi.
Alcuni stanno correndo intorno al campo, altri saltellano di lato, altri fanno flessioni o allungamenti che mi fanno subito provare dolore fisico. Mi sembra di essere il soggetto di un incontro ravvicinato del terzo tipo. Mi sento sperduta come Nemo in fondo al mare in mezzo a tutti questi pesci pagliaccio.

Purtroppo non impiego molto ad individuare la fonte di ogni mio problema. Oltre la spalla massiccia del professor Barton, infatti c'è il ragazzo che mi ha convinta a salire su un albero a otto anni, che mi ha rassicurata di scendere perché sotto c'era lui e mi avrebbe presa. Lo stesso che, appena io ho chiuso gli occhi trovando il coraggio di lasciarmi andare giù si è spostato e io mi sono rotta il braccio.
Si è sempre approfittato della mia gentilezza, fino a quando non l'ho persa. Almeno nei suoi confronti.

Revenge loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora