•Il patto con la Bestiaccia•

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•Playlist:

—"I wanna be your slave", Måneskin;

—"Coraline", Måneskin;

—"Voce", Madame;

***

Mitchell mi sta scrutando da sotto le ciglia scure con quei suoi occhi tenebrosi, senza fondo. Occhi che colpiscono e feriscono quanto braci ardenti. Occhi che assorbono e trattengono tutto ciò che li circonda.
Mentre si avvicina, il volto una maschera imperscrutabile, ogni suo passo ricorda quello di un predatore: lento, studiato e coinciso.
Se solo ci trovassimo in una fiaba, non ne ho alcun dubbio, lui sarebbe il cacciatore e io, ovviamente, la sua preda preferita.

Appena si fa più vicino, non mi sfugge il debole bagliore di sorpresa dipinto nei suoi occhi, come se non riuscisse a credere ai propri occhi.

Ammutolisco, avvertendo il mio viso scaldarsi.

La mascella serrata, fa un passo avanti, poi un altro, le suole delle sue scarpe da ginnastica che piegano e schiacciano l'erba del terreno. E anche così, con dei pantaloni sportivi al ginocchio e una semplice maglietta, ha tutta l'aria di qualcuno che con quelle braccia abominevoli non ci metterebbe molto a ridurmi ad un ammasso di spazzatura.

Avvolta dal mio malumore, non posso non concedermi di pensare a quanto sia stata coraggiosa in tutte quelle occasioni, quando sono riuscita a non farmi sopraffare dal suo caratteraccio, dalle sue battute prepotenti. Per tutto questo tempo io... Io sono riuscita a difendermi da tutta la sua irruenza.
D'un tratto qualcosa si risveglia dentro di me, sbucando fuori dal mio stato confusionale.
Pura e semplice consapevolezza.
Il mio acerrimo nemico si sta avvicinando, si trova a pochi passi da me. Cosa più importante, vede le mie lacrime e scorge la mia fragilità.

Pronto? Base militare aka parte del cervello ancora funzionante chiama Ashley. Ashley cazzuta, rispondi. Bestiaccia a ore dodici. Passo e chiudo.

Aggrotto la fronte, non riuscendo a fare altro se non fissarlo attonita. Quando, però, le mie rotelle arrugginite cominciano a ricevere olio e riprendere a girare, abbasso lo sguardo allarmata, verso la mia mano ferita. Brucia parecchio.
Certo, per forza, mi sono lasciata prendere dal momento e ho tirato un pugno contro il pavimento, dimenticandomi momentaneamente di non essere l'incredibile Hulk. Mi esibisco in una smorfia. Non ha ancora smesso di sanguinare e c'è della sporcizia tra il liquido rosso.

Bleah.

Fa abbastanza schifo. Al momento, però, ho un altro problema. Molto più urgente. Sollevando lo sguardo su di lui, vengo sopraffatta dal panico. Non deve per alcuna ragione al mondo vedermi così, non deve sapere di potermi spezzare. Nemmeno con le lacrime agli occhi come ora o con le guance umide.

Socchiudo gli occhi a fessura, scoccandogli un'occhiata minacciosa, da animale selvatico.

«Vattene.» Mi metto praticamente a ringhiare, affrettandomi ad abbassare la mano e posarla accanto alla mia gamba, in modo che alla distanza in cui si trova non possa vedere il sangue, godendo di conseguenza del fatto che io mi sia ferita. Non mi stupirebbe affatto visto le parole tutt'altro che gentili che mi ha gettato addosso il giorno prima.
Affrettandomi ad asciugare le lacrime con il braccio della mano sana, continuo ad intimargli con lo sguardo di filarsela se non vuole che stavolta il mio pugno si imbatta sulla sua faccia da figlio del diavolo.

Sfortunatamente, al contrario, il mio silenzioso avvertimento non sortisce alcun effetto. Mitchell continua a fissarmi a sua volta, impassibile, le braccia muscolose incrociate sul petto ampio.

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