•Ho fatto una grandissima Ashliata•

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Il silenzio che mi avvolge è pesante, perfetto per autocommiserarmi come si deve.

Ho sempre saputo di essere pazza, una ragazza un po' speciale e tutto il resto, ma soltanto poco fa, dopo essermi svegliata e a mente più lucida, ho realizzato di essere davvero da manicomio. Del tipo che dovrebbero rinchiudermi da qualche parte e gettare via la chiave.

Proprio per questa ragione mi trovo ancora qui, distesa sul mio letto a fissare il soffitto impersonando "L'Urlo" di Munch. L'unica differenza è che io ho le mani tra i capelli, un paio d'occhiali per combattere la mia mancanza di vista, e come se non bastasse ho stretto un patto con la versione giovanile di Tremotino.

Potrebbero fare un quadro e chiamarlo proprio "L'Urlo di Ashley."

«Complimenti, Gaston con i capelli rossi», mi rimprovero. «La tua è stata davvero una trovata geniale.»

Travolta da un profondo senso di angoscia, comincio a mettere in moto il mio cervello malandato, l'unica parte funzionante del mio corpo visto che per colpa degli esercizi del giorno precedente mi sento un sacco di patate. Olaf riuscirebbe senza alcun dubbio a fare meglio di me. E a dire il vero, anche la testa, da un punto di vista clinico, non è nelle condizioni migliori.

Ce la metto tutta per cercare una via d'uscita, nonostante la nostra bavosa stretta di mano suggelli un patto.

Sono ancora in tempo per assumere un sexy personal trainer, ma chi voglio prendere in giro?

Lui non conoscerebbe la crudeltà di Testa Pelata Comeunapatata.

Credo persino di avere sognato quel farabutto di Mitchell che mi mordeva in stile Edward Cullen, con l'unica differenza che io cercavo con tutta me stessa di divincolarmi e lui, ostinato, continuava a succhiarmi il sangue.

Il solo pensiero mi procura un brivido lungo la spina dorsale, così mi porto istintivamente le lenzuola fino al mento nel disperato tentativo di proteggermi dalla mia mente e dai suoi promemoria lugubri.

Mi sento sfigata come la morte.

Tutto il mio sconforto, però, non fa che peggiorare quando, dopo il mio minuscolo movimento delle braccia, sono trafitta dai dolori acuti dovuti all'indolenzimento post tortura a cui sono stata sadicamente sottoposta durante le ore di ginnastica della settimana.
Gemo e piagnucolo. Mi sento proprio come se avessi delle pallottole ficcate in più parti del corpo, adesso in fiamme.

E se mi trasformassi nella Torcia Umana?

Porca Sirenetta, come diamine ho fatto ad accettare un patto con Jamie Mitchell aka il figlio illegittimo del diavolo?

Eri disperata, genio, mi ricorda la mia infallibile e odiosa vocina interiore.

«E' vero, ero disperata» sussurro tra me e me sconsolata, serrando le dita intorno al bordo delle lenzuola con aria guardinga. «E lo sono ancora» aggiungo grugnendo come un porcellino.

Più ci penso, più mi viene soltanto voglia di rannicchiarmi e mettermi a piangere in un angolino per la disperazione. In pratica ho accettato di diventare la sua schiavetta personale. Mi metto a ringhiare, furiosa, per poi cominciare a sbattere i piedi contro il materasso come una furia.

D'accordo, devo somigliare più ad una sardina, ma non importa.

Il miagolio acuto che d'un tratto si diffonde nella stanza, oltre le continue fitte di dolore, mi mette subito in allerta. Mi irrigidisco, tutti i miei muscoli che protestano ancora una volta.
L'attimo successivo, la fronte aggrottata, scorgo un'ombra scura e sfocata volare dal letto alla mia scrivania compiendo un arco nello spazio che li divide.
Appena mi accorgo che si tratta di Chico, il mio gatto, mi porto entrambe le mani alle labbra, mortificata.

Revenge loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora