Capitolo 10.

622 32 3
                                    

-Bill's Pov-
Cassie è andata via, ha detto di aver solo peggiorato le cose con noi, di star male a causa nostra. Come darle torto? Siamo passati dal coccolarla ogni minuto a darle schiaffi.
Rientrai, preso da una tristezza irrefrenabile, l'unica ragazza che amavo davvero stava andando via, e questo solo per causa nostra.
"È andata via." Dissi a Tom che stava piangendo con la testa fra le mani.
Lui continuava a piangere, come un bambino. Io vedevo Tom come il tassello forte della famiglia, quello che non crollava mai. E invece, questo mi dimostrava quanto in realtà fragile fosse, e quanto tenesse a Cassie!
"Scusa, è solo colpa mia se è andata via, le ho messo le mani addosso, mi sono comportato come papà." Disse.
Forse era questa la cosa che si rimproverava di più, di essersi comportato come papà. Ma lui non era come papà, glielo si leggeva negli occhi. Andai vicino a lui e lo abbracciai come se fosse l'essere più delicato del mondo. Come fosse Cassie... Cassie era l'essere più delicato del mondo, era come una farfalla a cui erano state spezzate le ali.... Era fragile... Era appesa ad un filo debole, debole come lei, che si sarebbe staccato da un momento all'altro, e mentre prima c'eravamo noi a sorreggerla, adesso era sola, sola con il suo dolore, sola con se stessa...

-Cassie's Pov-
Era ormai mattina, la luce penetrava dalla mia finestra... Mi alzai e andai a guardarmi allo specchio, e vidi il riflesso di una ragazza sola, vuota, persa, uccisa dal suo dolore...
Lo squillo del cellulare mi riportò alla realtà.
"Pronto?!" Dissi
"Cassie" disse una voce che piangeva.
"Melody? Cosa è successo?" Chiesi preoccupata. Era l'unica persona che mi era rimasta.
"Mio padre ha trovato lavoro in Italia. Ci trasferiamo li oggi pomeriggio." Disse.
"NO!" Fu tutto quello che riuscì a dire.
"Mi dispiace." Disse piangendo.
Riagganciai di colpo e lanciai il telefono contro il muro, spaccandolo in mille pezzi, spaccandomi in mille pezzi... Melody stava andava io, ed io restavo sola.
Mi vestii, e scesi le scale andando poi in cucina dove trovai mia madre...
"Come ti sei ridotta?" Chiese con disprezzo.
"Non sono fatti tuoi."
"Come mai sei tornata? Scommetto che come tutto il mondo neanche loro sono stati capaci di capirti, come tutte le volte tu sei la vittima!" Disse.
"SENTI CHE CAZZO VUOI DA ME?! LASCIAMI IN PACE, LASCIATEMI IN PACE TUTTI QUANTI!" Urlai.
Uscii da casa, forse mia madre aveva ragione... Forse il problema ero io...
Andai al parco e mi siedo sul prato verde, verde lucido... Metto le cuffie e faccio partire la riproduzione casuale... "9 Crimes" di Damien Rice.
Di colpo sentii una mano sulle spalle, mi voltai di scatto togliendo le cuffie.
"Che ci fai qui? Tuo padre ti ha picchiata di nuovo?" Chiese
"Georg.. Mi hao spaventata.. Comunque nom credo siano fatti che ti riguardano!" Dissi acida.
"Ti riaccompagno a casa, da Bill e Tom."
"Non abito più li..." Dissi.
"Allora ti riaccompagno a casa."
"È proprio da casa che sto scappando." Dissi.
"Allora ti porto a bere qualcosa."
"Okay." Dissi
"Ci saranno un po di amici." Disse.
Ci dirigemmo verso il McDonald's. Entrammo e andammo verso un tavolino, dove vidi anche Bill e Tom, che mi videro all'istante.
"Buongiorno, scusate il ritardo! Guardate chi ho incontrato al parco?!" disse Georg.
Io ero impassibile.
"Cassie! Vieni siediti qui!" Disse Shay che si trovava tra Bill e Tom.
"No grazie, sto bene qui." Dissi sedendomi il più lontano possibile da loro.
"Cosa ti è successo alla faccia?" Chiese David.
"Nulla." Risposi.
Georg mi guardò.... E poi abbassò lo sguardo.
"Cassie è una tosta, che fa a botte!" Ironizzò subito dopo Gustav.
"Beh dalla sua faccia non si direbbe!" Sorrise Erik, un loro amico.
"Non sono cose che ti riguardano!" Risposi a tono! "Quello che faccio non ti interessa!" Aggiunsi.
"Però hai un bel caratterino. Piacere, Erik!" Disse porgendomi la mano.
"Cassie!" Gliela strinsi, era la prima volta che lo vedevo.
"Allora, che fai nel pomeriggio?" Chiese.
Vidi Bill contrarre la mascella. Volevo fargliela pagare a quei due.
"Niente, perché?" Dissi flirtando.
"Ti va un gelato?" Disse.
"Neanche mi conosci!" Risposi.
"Conosciamoci." Disse.
"Non mi sembra il caso!" Disse Tom.
"È perché mai?" Disse Erik.
"Perché ha 10 anni meno di te!" Rispose Tom a tono.
Adesso organizzava anche la mia vita?
"E allora? Se a lei va di farlo, lo fa e basta, non deve rendere conto a nessuno, o mi sbaglio Cassie?" mi chiese.
"Esattp! Non devo rendere conto a nessuno... Non più!" Dissi stuzzicando Tom.
"Adesso basta Cassie! Ti riporto a casa!" Disse Tom alzandosi di scatto.
"Tu mi prendi a schiaffi e ti permetti anche di dirmi quello che devo e che non devo fare? Io ci torno quando voglio a casa. Non sei mio padre!" Dissi urlando.
"No... Ma sono tuo fratello maggiore e tu sei minorenne, e se ti dico che devi tornare a casa ci torni!" Urlò Tom.
"Aspetta, tu sei sua sorella?!" Chiese Erik stupito.
"Non per mia scelta!" Dissi.
"Andiamo a casa!" Ordinò Tom.
"Altrimenti mi picchi di nuovo?!" Dissi.
Lui abbassò lo sguardo e tornò a sedersi. Lo avevo colpito in pieno.
Tornai a sedermi anche io...
"Ripensandoci per il gelato, forse non è il caso." Disse Erik intimidito da Tom.
"Sei proprio un ragazzo senza palle, di cosa hai paura? Di mio... Di Tom?" Non mi veniva neanche più da chiamarlo fratello..
"Come, come ti permetti?" Disse Erik infastidito.
"La verità brucia." Dissi.
Si alzò di scatto, puntandomi il dito addosso insieme al suo sguardo minaccioso.
"Non so se ti conviene." Dissi.
"Se ti aspetti una difesa, scordatela!" Disse Tom, con Bill che annuì.
"Non ho bisogno della difesa di nessuno." Dissi
"Si vede dalla tua faccia!" Disse Bill.
Mi avevano fatto male.
"Mi sembra che tu fratello non ha perso occasione per suonargliele a papà." Dissi
"Dovevo togliermi lo sfizio e quella, beh mi sembrava la scusa adatta!" Disse.
Cosa cazzo stava dicendo? Stronzo. Il mio cuore era a pezzi.
"Georg... Voglio andara a casa. Accompagnami per favore." Dissi guardandolo.
"Un nuovo fratello!" Disse Bill
"Beh siccome i miei erano una merda ho dovuto rimpiazzarli!" Dissi uscendo, seguita da Georg.
Il viaggio in auto fu silenzioso. Silenzioso e doloroso.
"Mi dispiace Cassie." Disse Georg.
"Tranquillo, grazie del passaggio." Dissi.
Uscii dalla macchina, aspettai che andasse via e iniziai a correre, il più lontano possibile da quello schifo... Da quel dolore.

Live for themDove le storie prendono vita. Scoprilo ora