Capitolo 14.

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Volevo camminare, così, per distrarmi... Era una bella mattinata di sole, anche se dentro me c'era solo tempesta e i miei occhi.. I miei occhi sembravano il cielo dopo che è piovuto.

Andai a fare una passeggiata. E dove mi ritrovai? Proprio li, davanti casa di mio padre. Perché? Perché pur sapendo che mi avrebbe fatto del male io tornavo sempre? Perché non riuscivo ad odiarlo nonostante tutto?
Suonai, e quando lui mi aprì sorrise maliziosamente, un sorriso cattivo.
"Ciao bellissima, sei in cerca di botte?" Disse prendendomi per un polso e trascinandomi dentro.
Mi scaraventò a terra come fossi il nulla, lo ero in quel momento... Un pupazzo in preda al suo delirio. Alla sua follia.
Come al solito iniziò a riempirmi di botte... E di cintate... Dalla parte della fibia però.
Poi si mise a cavalcioni sopra di me ed iniziò a spogliarmi.
"NO, QUESTO MAI" Urlai piangendo.
Cercai di dimenarmi, ma la sua forza era indescrivibile.
Poi si tolse i pantaloni, e mi tolse l'intimo, e spinse, sempre più forte per entrare in me. Non mi restava che urlare per buttare via tutto il mio dolore, urlare, sempre piu forte.
Quando finì mi lanciò i vestiti addosso e mi fece rivestire. E poi mi sbattè fuori, sentivo il sangue colare perfino dalle parti intime del corpo.
Non pensavo sarebbe arrivato a tanto, e corsi, corsi fino ad un ruscello che si trovava nel bosco, per urlare, per poter urlare dove nessuno mi avrebbe sentita. Un posto che conoscevo solo io, che Bill mi fece scoprire.
In quel momento, presa da una crisi mi chiamò Bill. Risposi, ma non volevo dirgli che cos'era successo, non so come l'avrebbe presa.
"Cassie. Sei in vivavoce." Disse Bill sorridendo.
"B-bill?" Dissi singhiozzando.
"Cassie! Che ti è successo?!" Chiese preoccupato.
Non sapevo che fare.
"Sei a migliaia di chilometri da me, ecco che è successo."
"Cassie, se ti diciamo che la settimana prossima torniamo?" Disse Tom.
Ero felice. Ma... Non troppo.
"Che bello!" Dissi fingendo in modo penoso.
"Cassie, dimmi subito cos'hai!" Disse Bill.
"Papà." Dissi con la voce strozzata.
"Ancora? Ti ha picchiata ancora?" Disse Tom furioso.
"Peggio.... Mi ha...." Non avevo il coraggio di dirlo.
"No Cas! Dimmi che non è vero ti prego." Disse Bill.
Sentii un grande botto provenire dall'altro lato del telefono.
"Che succede?" Chiedo.
"Tom ha dato un pugno alla porta rompendola."
"Mi dispiace" dissi sentendo le lacrime bruciare di nuovo suo tagli.
"Cassie. Noi torniamo da te. Domani!" Disse Tom. Era destabilizzato.
"NO! No dovete lavorare!" Dissi preoccupata.
"Non me ne frega un cazzo! Domani torniamo." Disse riagganciando.

Tornai a casa, non volevo che mamma mi vedese così, specie dopo quello che mi aveva detto, ma per fortuna era al lavoro. Cosi andai a farmi una doccia, lavandomi da quello schifo che avevo addosso. L'acqua e il sapone bruciavano su di me come fuoco.
Uscita dalla doccia mi tagliai. Volevo che fossi io a far provare a me stessa il dolore più grande. Ma non fu così, mio padre aveva vinto stavolta. Aveva distrutto Cassie, l'aveva frantumata. Spezzata, in mille pezzettini come carta. Ed io, che come un castello di carte cercavo di rimettermi in piedi. Ma che al primo soffio di vento crollavo.
Vomitai, sentivo la bulimia impossesarsi di me. Sentivo il dolore sopraffarmi... Uccidermi, violentarmi, raccontarmi i suoi segreti, baciarmi...
Cassie era morta... Dentro...

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