Capitolo 1

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Pregai mentre giravo un paio di volte la chiave nel nottolino. Finalmente, il mio maggiolino usato partì e, quando schiacciai sull'acceleratore, tossì prima di muoversi.

Le strade erano decisamente poco affollate, colpa del fatto che fosse un giovedì sera, o forse semplicemente del periodo dell'anno, ma le luci delle insegne erano accese ed illuminavano Los Angeles, rendendola un posto magico.

Provai ad accendere la radio ma, ovviamente, Meggy – così avevo soprannominato la mia auto – non collaborò e finii per tirare un pugno al tasto d'accensione. Fortunatamente il viaggio non fu lungo, perché la villetta a schiera della mia migliore amica distava meno di due chilometri dal mio appartamento. Mi fermai davanti al vialetto ed aprii la portiera, pronta per scendere ed andare a suonare il campanello ma, con mia sorpresa, fu Kim ad uscire sventolando la mano per salutarmi. 

Mi presi un momento per osservarla mentre mi raggiungeva, era esattamente l'opposto di me: era alta e formosa, il suo corpo era strizzato in un abitino nero che metteva in risalto la sua quarta abbondante, semicoperta da una lunga cascata di capelli lunghissimi, liscissimi e biondissimi. E, come se Dio non l'avesse già fatta abbastanza bella, al posto degli occhi sembrava aver incastonato due smeraldi da quanto era brillante ed intenso il verde.

Camminava con agilità su alti e sottili tacchi e teneva in mano una borsa talmente piccola, che non sono sicura che potesse contenere le chiavi, il cellulare e il portafoglio.

«Finalmente, pensavo che ti fossi persa!» scherzò appena prima di salire e sprofondare nel sedile scomodo e consumato della mia auto, lamentandosene con una smorfia, «Che cos'è questa puzza?» domandò poi, fiutando.

«Oh, ciao anche a te. Sì sto bene, grazie per l'interessamento. E tu?» ironizzai, lei piegò le sue labbra sottili in un sorrisetto divertito, «È il mio nuovo profumo per auto. Prato fiorito, non senti l'odore di rosa e ciclamino?» domandai non appena richiuse la portiera. Diedi gas e il mio maggiolino saltellò come se stesse tirando gli ultimi.

«Direi piuttosto campo appena concimato. E...» si voltò nella mia direzione e potevo già sentirla giudicarmi per i miei capelli o per la totale assenza di trucco, o per la mia maglietta, «Che cosa è successo sulla tua testa? Dei corvi hanno deciso di usarla come nuovo nido?»

Finsi una risata, «Cos'hanno i miei capelli?» chiesi fingendomi sorpresa ma, in realtà, sapevo esattamente quello che non andava. Erano ricci e, quella sera, lo erano addirittura più del solito ed io non avevo avuto il coraggio di infilarci la spazzola, quindi mi ero limitata a risolvere il problema raccogliendoli in una crocchia mal fatta sopra alla mia testa.

«Dico solo che mi piacerebbe vederti con i capelli sciolti, un po' di trucco, un bel vestito...» 

Rieccoci, il solito discorso su quanto starei bene se mi curassi di più, pensai mentre lei continuava a parlare ed io avevo già smesso di ascoltarla. Conoscevo Kimberly da quando avevo appena cinque anni e ricordo che, anche a quell'età, cercava sempre di farmi vestire da principessa e di spalmare un po' del rossetto di sua madre sulle mie labbra.

Il cellulare della mia amica vibrò ed emise un trillo, lei fece scorrere la cerniera della sua borsetta griffata e lo estrasse, «È Marcus. Dice che lui e mio fratello ci aspettano al Berry, hanno prenotato un tavolo e sono pronti per festeggiare il tuo nuovo lavoro.» cantilenò, come se stesse leggendo.

«Il Berry? Quel locale è sempre strapieno!» mi lamentai, le serate nei posti affollati non facevano proprio per me.

«Hanno trovato un posto, a quanto pare.» fece spallucce Kim e rimise il suo Iphone nella borsa dopo aver digitato ed inviato una veloce risposta. Ne approfittò per prendere uno specchietto e controllare il suo rossetto color prugna, in netto contrasto con la sua pelle chiarissima.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora