Capitolo 28

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Il viaggio in auto con Kim fu particolarmente silenzioso. Probabilmente, entrambe eravamo troppo perse nei nostri pensieri per fare conversazione su quello che era successo.

Il motore della macchina era l'unico rumore, insieme ai ciondoli del braccialetto della mia migliore amica che tintinnavano quando muoveva il braccio.

Quando arrivammo davanti al mio appartamento, io rimasi seduta un attimo e mi voltai per guardarla. Era tesa, talmente tesa che non si girò per osservare me. Fissava la strada buia davanti a lei, nonostante l'auto fosse già ferma, e stringeva ancora il volante con talmente tanta forza che le nocche si colorarono di una sfumatura bianca.

«Non guardarmi così, Charlie.» mi rimproverò duramente, ma comunque non si era ancora girata nella mia direzione.

«Così come?» domandai, distesi la mia fronte ed abbassai lo sguardo. Non volevo che si sentisse giudicata da me.

«Con quel solito modo che hai.» finalmente, mi squadrò e indicò il mio viso, «Come a dire io sono una Santa e voi siete tutti peccatori

Sbuffai e scossi la testa, mettendomi più comoda sul sedile dell'auto, «Kim non ti sto guardando in alcun modo, sono solo preoccupata per te.»

«Sto bene, non preoccuparti.»

«Davvero? Perché non sembra, te lo assicuro.» incrociai le braccia al petto.

«Mi sento in colpa, ok?» alzò le mani in segno di resa e poi le lasciò cadere di nuovo sul volante e si accucciò con la fronte su di esse.

«Lo so...» annuii comprensivamente e la mia mano prese ad accarezzare il tessuto nero sulla sua schiena.

«L'hai detto tu, forse Marcus non è quello giusto per me.» si tirò su e mi guardò con la speranza che accendeva, finalmente, i suoi occhi verdi. Sperava di trovare approvazione sul mio volto, sperava che le dicessi che aveva ragione ma non ci riuscii, non potei prendermi una responsabilità così grande.

«E lui lo sa?» domandai cautamente.

«Ecco, lo vedi? Mi stai giudicando!» si lamentò con un broncio.

«Kim sto solo cercando di capire!»

«E puoi cercare di capire senza guardarmi così?» il problema non era il modo in cui la guardavo, lo avevo capito. Il vero problema erano i sensi di colpa che la stavano tormentando, la mangiavano dentro. E io volevo solo essere una buona amica per lei.

«Tu lo ami?» la interrogai.

«S-sì, credo di sì. No. Non lo so.» balbettò incerta, poi coprì il suo viso con le mani dalla manicure perfetta.

Si lasciò andare contro al sedile e chiuse gli occhi per un momento, facendo dei lunghi respiri e provando a calmarsi, invano.

«Perché non gliene parli? Per fare chiarezza...» feci spallucce, le rivolsi un sorriso rassicurante ma lei non sembrò tranquillizzarsi neanche un po'.

«Parli proprio tu di chiarezza?» sbottò, riaprì gli occhi e le sue iridi mi incastrarono, talmente severe da farmi sentire sotto accusa, «Tu che stai con mio fratello da ventiquattro ore e lo hai già tradito?»

«Cosa? Io non ho tradito Ian!» cercai di giustificarmi, senza convinzione.

«E cos'hai fatto con Zayn chiusa in bagno per dieci minuti, Charlotte? Gli hai parlato di quanto stai bene con il tuo ragazzo?» il suo tono mi fece immediatamente distogliere lo sguardo dal suo bellissimo viso, ancora truccato alla perfezione.

«Non è successo niente.» farfugliai, ma la verità è che Kim aveva perfettamente ragione. Strusciarsi contro un'altra persona, bramare le sue labbra, il suo tocco, il suo corpo e ricevere baci sul collo non era giusto. Ma il mio tradimento più grande, almeno per come la vedevo io, era provare un interesse così forte per un'altra persona.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora