Capitolo 29

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Il mio piede batté freneticamente contro al pavimento del patio mentre il mio indice suonava il campanello per l'ennesima volta.

L'aria fredda della sera mi provocò un brivido e rimpiansi di non aver preso una giacca con me.

Stavo per suonare di nuovo quando, finalmente, la porta si aprì e Ian comparve dietro di essa.

«Charlie?» fu chiaramente sorpreso a giudicare dalla sua espressione e poi, come era prevedibile, si lasciò andare al suo solito sorriso contento.

«Ciao Ian.» ricambiai la smorfia, più a disagio di com'era lui.

Mi fece entrare e, non appena chiuse la porta della sua villetta appena comprata, si sporse per baciarmi a stampo sulla bocca. Glielo lasciai fare, forse perché non ebbi i riflessi abbastanza pronti o forse perché mi sentivo in colpa.

«Non ti aspettavo.» mi fece segno di accomodarmi indicandomi i divani al centro del suo spazioso salotto, «Voglio dire, sono contento che tu sia qui ma non mi aspettavo di vederti e non ho preparato niente-»

«Non c'è bisogno di prepararmi qualcosa, Ian, volevo solo passare a trovarti e... Parlare.»

Lui annuì e, a giudicare da come abbassò lo sguardo, sembrò capire il motivo della mia visita. «Ho una bottiglia di un vino delizioso in frigorifero, aspetta.»

Si dileguò verso la cucina ed io rimasi lì, in piedi, per un attimo, cercando di elaborare un discorso nella mia mente che avesse un senso.

Sai, non volevo stare con te ma avevo troppa paura di rovinare tutta la mia vita se te lo avessi detto. No, troppo diretto. Ehi, Ian, è meglio se rimaniamo amici. Non sei tu, sono io, troppo banale. Mi piace un altro ragazzo, ma sono rimasta zitta quando mi hai chiesto di stare insieme perché sono una fottuta deficiente. No, no, decisamente troppo cattivo, non va bene!

«Che ci fai lì in piedi? Vieni!» ridacchiò Ian una volta ritornato. Si sedette su uno dei divani bianchi ed appoggiò due calici sul tavolino di vetro davanti a lui. Io mi misi un po' più distante, ma lui scivolò per finire di fianco a me. Stappò la bottiglia senza far rumore, poi versò il vino bianco all'interno dei bicchieri.

«Brindiamo al futuro?» levò il calice.

«Al futuro.» annuii, speravo con tutta me stesse che non intendesse il futuro insieme.

I bicchieri si scontrarono ed io bevvi il liquido giallastro.

«Guardiamo un film? Mangiamo qualcosa?» ebbi la sensazione che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non parlare.

«No, no, è meglio se parliamo subito...» scossi debolmente la testa.

Lui sospirò, annuì debolmente e si mise seduto con una gamba sotto al suo corpo, voltato verso di me.

Sapeva quello che stavo per dire, era chiaro dal modo in cui guardava in basso e torturava i suoi capelli. Prima ci passò una mano, poi ne tirò le punte ed alzò ripetutamente il ciuffo biondo.

Feci un lungo respiro. Avevo immaginato questo momento per tutto il giorno, avevo cercato di prepararmi, eppure non ero pronta. Perché lui era fantastico ed io non volevo che soffrisse. E poi mi sembrò, un po', di buttare tutte le convinzioni che avevo collazionato in quei ventiquattro anni di vita.

«Ian... Tu sei-»

«Aspetta!» mi bloccò lui con una mano davanti al viso, poi la appoggiò alla mia coscia, per fermarmi e calmarmi allo stesso tempo, «Charlotte, tu mi piaci tanto. Sono molto impegnato con il lavoro e mi rendo conto di averti dedicato poco tempo ultimamente.»

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora