Capitolo 41

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«Avrebbe potuto almeno mandarmi un messaggio prima di chiedere a Victoria di prendere il mio posto, no?» mi lamentai io, affogando i dispiaceri nel gelato, «Non mi aspettavo chissà cosa, ma mi doveva almeno un messaggio dopo quello che ho fatto per lui ieri sera!»

«Che stronzo!» lo offese Kim, seduta di fianco a me, «E anche Patricia, sembra proprio una strega!»

«Lei pensa ai soldi, è il suo lavoro ed è normale.» si intromise Ian, comparendo dal corridoio con due birre in una mano e una nell'altra.

Gli rivolsi un'occhiataccia, «E io sono senza lavoro e presto sarò anche senza soldi.»

«Quel lavoro neanche ti piaceva. Vedrai che ne troverai un altro.» mi consolò lui, sedendosi sulla poltrona nella stanza di sua sorella. Mi sembrò di ritornare indietro nel tempo, quando eravamo piccoli e giocavamo proprio in quella stanza. Fu un bel ricordo e sorrisi tra me e me.

«Certo che ne troverà un altro, ma non è questo il punto. Non è giusto che l'abbia licenziata per qualcosa che non ha nemmeno fatto lei!» replicò duramente Kim, ma il suo tono severo fu stemperato dalla bocca piena di gelato al pistacchio.

Annuii per darle ragione, poi bevvi un sorso della mia birra. Gelato e birra non erano la combinazione migliore, ma ero talmente triste che non lo notai nemmeno. Non mi importava di quel lavoro, non era comunque quello che avrei voluto fare per tutta la vita. Ma quando realizzai davvero che non avrei più rivisto Zayn il mio cuore si strinse e provai un dolore inspiegabile allo stomaco, e non per via di tutto il gelato che mi ero mangiata.

Dopo tutto quello che avevamo fatto per lui, non si era neanche degnato di mandarmi un messaggio o farmi una telefonata.

«E se venissi con me a New York?» propose Ian, facendomi trasalire dai miei pensieri. Kim lo fissò sconvolta, io strabuzzai gli occhi e anche lui sembrò particolarmente sorpreso di averlo chiesto, ma annuì come per confermarlo. «Tu hai bisogno di un lavoro ed io avrò bisogno di un'assistente. In più potremo stare insieme e lavorare sul nostro rapporto e-»

«Ian, non ti sembra di correre un po' troppo?» scosse la testa Kim, sghignazzando, forse solo per togliermi dall'imbarazzo siccome io lo fissavo ancora con occhi e bocca spalancati.

«Lo so, è una follia, ma pensaci. Quando avevamo sedici anni, parlavamo sempre di quanto sarebbe stato bello vivere a New York, prendere i taxi gialli e mangiare al Gramercy Tavern.»

«Avevamo sedici anni...» ribattei io.

«E cos'è cambiato, Charlotte?» domandò Ian, alzandosi per raggiungermi e sedersi vicino a me, ai piedi del letto. Mi prese le mani e l'esaltazione colorò le sue iridi già bellissime.

«N-niente, però...»

Zayn, ecco cos'è cambiato, pensai tra me e me. Immaginai Victoria sul set, dove di solito stavo io, lui che la trascinava dal braccio e la portava nel ristorante giapponese con il soprammobile a forma di gatto che muoveva la zampa, mentre la imboccava con il sushi e poi le raccontava le sue difficoltà davanti ad un frullato. In sottofondo, Ian continuava a cercare di convincermi menzionando i monumenti, le strade ed i negozi di New York. Non lo ascoltai, ma pensai a Zayn insieme alla sua nuova assistente, nella sua suite, che sfiorava le sue labbra, catturava i suoi fianchi e la baciava con lo stesso ardore con cui aveva baciato me. Li immaginai sotto l'acqua della doccia, nella camera di Harry mentre il moro, al posto del mio nome, sussurrava il suo in gemiti strozzati.

«Va bene.» mi sentii dire, ancora prima di averlo previsto.

«Va bene?» domandarono Ian e Kim all'unisono, entrambi increduli. Lui mi abbracciò calorosamente, stringendomi a lui, lei mi guardò con la bocca spalancata.

«Va bene.» ripetei io, quasi più per convincere me stessa.

Lui mi baciò a stampo ripetutamente, poi si alzò, «Vado subito a chiamare mio padre per dirgli che partirò. Che partiremo, anzi!»

«Dagli anche questo messaggio da parte mia!» esclamò Kim alzando in aria il dito medio, poi aspettò che suo fratello uscisse e chiudesse la porta per avvolgere il mio braccio con la sua mano. «Che cazzo significa che va bene?»

«Che partirò con lui.» feci spallucce.

Scosse la testa ed i suoi capelli biondi oscillarono nella coda di cavallo, mi guardò come se fossi pazza e strinse ancora di più il mio braccio, «Sei impazzita? Charlie troverai un nuovo lavoro qui, non hai bisogno di andare a New York.»

«Sì, ne ho bisogno invece, credimi.» replicai con sicurezza, alzandomi e mettendomi a camminare nervosamente nella stanza dalle pareti rosa e dai mobili di legno bianco.

«Ti allontanerai dalle tue amiche, dalla tua famiglia, da me.» cercò di convincermi, non perdendo alcun mio movimento.

«E sarà difficile, ma mi farà bene.» insistetti, bevvi un sorso di birra e ripresi a fare avanti e indietro, «Mi farà bene cambiare aria e vedere gente nuova. E poi passare del tempo con Ian mi farà capire che è quello che voglio.»

«È una follia e lo sai bene anche tu.»

«Cosa dovrei fare, Kim? Qual è la cosa giusta da fare?» sbottai, fermandomi e voltandomi per guardarla.

«Non pensare alla cosa giusta, pensa a quello che vuoi tu per una volta! Ti conosco abbastanza bene da sapere che non vuoi trasferirti a New York, ancora meno con mio fratello e non vuoi lavorare per lui!»

«Io-» provai a dire. Sentii le lacrime appesantire i miei occhi, cercai di respingerle ma furono troppo pesanti e sgorgarono lungo le mie guance, raggiungendo le mie labbra e lasciando un fastidioso sapore salato, «Io voglio lui, Kim.»

Lei non perse tempo e si alzò, corse al centro della stanza per tirarmi a lei ed abbracciarmi, nonostante fosse chiaramente confusa, «Vuoi mio fratello?» provò a dire, ma conosceva già la risposta.

La guardai, scossi appena la testa e riaffondai il viso nella sua felpa informe, bagnandola di lacrime. Accarezzò i miei capelli, mi cullò ed io mi lasciai consolare da lei.

«Lo so che è sbagliato, lo so che non potrò mai averlo e ho provato con tutta me stessa ad evitarlo, ma non ci sono riuscita.» singhiozzai, la stoffa grigia con disegni colorati attutì la mia voce.

«Ssst...» mi zittì lei, appoggiando il mento sulla mia testa.

Non le diedi retta e continuai a parlare come un fiume in piena, «È un egocentrico, maleducato, menefreghista ed insensibile stronzo. E lo odio, lo odio con tutta me stessa. Ma poi lui mi guarda, sorride ed io lo voglio ogni volta di più. Sento una fitta allo stomaco, mi sembra che il cuore si rimpicciolisca e non riesco più a capirci niente.»

«Sei innamorata.» concluse lei, con talmente tanta semplicità da spiazzarmi.

«No, lo conosco da così poco e lui è così-»

«Charlie-» mi interruppe, prese il mio viso tra le mani e lo alzò per costringermi a guardarla, i suoi smeraldi questa volta non riuscirono a farmi smettere di piangere, «So che hai paura di guardare in faccia la realtà, ma tu ti sei innamorata di Zayn.»

«Ok, è tutto a posto.» Ian rientrò, spalancando la porta e mostrando tutta l'esaltazione che provava, «Mio padre dice che ci troverà un appartamento vicino all'ufficio, in uno di quei grattacieli altissimi e lussuosi, che affacciano sulle bellissime strade trafficate. Possiamo partire tra due o tre giorni.»

Mi affrettai a staccarmi da Kim e ad asciugarmi le guance con le maniche della maglia, rivolgendogli il sorriso più convincente che riuscissi ad assumere. «Perfetto.»

«Va tutto bene?» mi guardò preoccupato.

Io guardai la mia migliore amica che cercò di infondermi coraggio con lo sguardo, ma mi voltai subito verso suo fratello, «Sì, è solo che Kim mi mancherà tanto.»

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora