Capitolo 11

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Avrei voluto picchiarlo. Non sono una persona violenta, ma lo avrei voluto davvero. Ripresi a camminare per non sferrare la mia mano contro alla sua guancia. Il suo tono di voce, il suo sorriso beffardo, perfino i suoi occhi mi facevano innervosire al punto di dovermi voltare per andare via.

Fortunatamente, ero riuscita ad attraversare e a ritrovarmi su un marciapiede, che sicuramente era più sicuro rispetto a camminare al centro di una via trafficata.

Zayn, comunque, mi aveva seguita e aveva cercato di convincermi a fermarmi ed ascoltarlo, ma non lo avevo fatto nonostante avessi il fiato corto ed i talloni dei piedi che bruciavano per colpa degli scomodi tacchetti degli stivali.

«Sai qual è l'unico modo per farmi andare a quell'intervista?» gridò per attirare la mia attenzione.

«Legarti, rapirti e portartici?» ironizzai con l'acidità che colorava ogni mia singola parola.

«Quasi.» ridacchiò lui mantenendo il mio passo per rimanere di fianco a me, «Potresti passare tutta la giornata, e la notte, con me.»

«Spero che tu stia scherzando.» risi teatralmente scuotendo la testa, ma lui rimase in silenzio e capii che non stava scherzando affatto, «Hai sentito almeno due parole di quello che ho detto fin'ora? Non passerei una giornata con te neanche per tutti i soldi del mondo.»

«Pensaci. Riusciresti a tenermi d'occhio, a non farmi fare cazzate, a non farmi bere, a farmi dormire... E domani sarei fresco come una rosa per l'intervista.» mi prese la mano per costringermi a fermarmi e, nonostante mi liberai subito, rimasi a prendere fiato.

«Davvero ti vuoi umiliare così?» domandai alzando un sopracciglio, lui chiuse le labbra in un broncio e sembrò confuso dalle mie parole, «Hai bisogno che io stia con te tutto il giorno per riuscire ad arrivare pronto per un'intervista?»

«A quanto pare, sì.» annuì con un ghigno di sfida.

«Non hai un minimo di amor proprio, di senso del dovere?» lo provocai, speravo che le mie parole lo facessero riflettere, ma ne dubitavo.

«Forse no, ma io domani avrò ancora un lavoro almeno.» fece spallucce punzecchiandomi a sua volta.

Mi indicò le auto ancora ferme con l'indice della mano, probabilmente cercando la nostra con lo sguardo. Io sospirai e lui capì di aver vinto e me lo dimostrò con un sorriso fiero.

Nel frattempo la fila si era mossa e l'auto nera era più vicina di quanto mi aspettassi. Salii, mestamente, pensando solo a quanto sarebbe stato bello terminare le due settimane e ottenere quella raccomandazione, poter dire a me stessa di avercela fatta nonostante tutto.

Era estenuante e maledettamente difficile resistere, ma lo avrei fatto. Più che mai, ero convinta a trascinare Zayn a quell'intervista, il giorno seguente.

«Allora, vuoi sapere come inizia la tua giornata da baby sitter?» esordì quando ormai eravamo seduti in auto da un po' e avevamo quasi superato l'ingorgo.

«Credevo che fosse già iniziata stamattina quando ho cacciato le principesse dal tuo letto.» alzai gli occhi al cielo provocandogli una risatina contenuta.

«Oh, quello è stato forte!» annuì guardandomi con una certa ammirazione, «Ma no, la tua giornata inizia ora con del sushi.»

«Sushi? Ma non è nemmeno ora di pranzo!» mi lamentai.

«Lo so, ma io ho i postumi della sbornia e sono affamato.» si giustificò per poi chiedere all'autista di portarci ad un ristorante dall'impronunciabile nome giapponese.

Mi stupii di trovarlo aperto e mi guardai attorno mentre un soprammobile a forma di gatto ci dava il benvenuto muovendo la zampa. Una ragazza bassina ci lasciò scegliere il tavolo, anche perché il ristorante era vuoto vista l'ora, e ci chiese cosa volevamo da bere.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora