Capitolo 13

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Non so se era solo una mia stupida impressione, se stessi impazzendo o se fosse reale, ma quando ritornai a casa e mi spogliai, mi sembrò di sentire il profumo di Zayn sui miei vestiti. Per un attimo ebbi addirittura la folle idea di tenere la maglietta per dormire, poi mi sgridai mentalmente e la levai, infilando il pigiama.

Al mattino mi svegliai, stranamente, prima del solito e più energica. Prestai più attenzione, mentre mi preparavo, alle mie occhiaie e ai miei capelli, legandoli in una coda talmente ordinata – almeno rispetto al solito – che scattai un selfie solo per mandarlo a Kim e ricevere i suoi complimenti. Indossai un blazer elegante e dei jeans scuri, poi uscii di casa.

Meggy partì al primo colpo e, da quel piccolo particolare, capii che la giornata sarebbe andata bene. Le nuvole del giorno prima si erano diradate per far posto ad un sole quasi accecante e caldo, così caldo che provai ad accendere l'aria condizionata che, ovviamente, non funzionò.

Quando arrivai all'hotel, la receptionist mi riconobbe e mi salutò con un sorriso invece di cercare il mio nome nella lista. Salii in ascensore e diedi un'ultima occhiata alla mia figura riflessa in uno dei grandi specchi tutt'attorno. I miei capelli non erano ancora sfatti, il rossetto era piuttosto preciso e le occhiaie quasi completamente coperte: mi ero superata. Controllai l'orologio al mio polso, ero in anticipo e sarei riuscita a svegliare Zayn, dargli il tempo di prepararsi ed uscire in orario. Doveva per forza andare bene quella giornata, ero quasi a metà del mio periodo di prova e non potevo essere licenziata.

Sistemai la giacca che aderiva perfettamente ai miei fianchi prima di bussare alla porta ed attesi Rita. Invece, con mia enorme sorpresa fu Zayn, già sveglio, a darmi il benvenuto.

Era indubbiamente ancora assonnato a giudicare dai suoi occhi gonfi, ma sorrise in modo impacciato e si spostò per farmi passare.

«Già sveglio?» ridacchiai io, appoggiando la borsa all'entrata per dirigermi verso il salotto.

«E ti ho anche preparato la colazione!» mi mostrò allargando le braccia una volta raggiunta la cucina. La sua voce roca e insonnolita era la cosa più tenera del mondo.

«Rita?» alzai un sopracciglio.

Lui annuì sbuffando e poi rise. Era così bello quando rideva: i suoi occhi diventavano due fessure allungate e vicino si formavano delle piccole rughe, la sua bocca si apriva per mostrare dei perfetti denti bianchissimi e le sue guance sembravano più paffute e tenere.

«Sembra tutto buonissimo.» mi concentrai sulla colazione per distogliere lo sguardo dal suo sorriso. In effetti, il bancone era stato apparecchiato con un bel po' di cibo ed io avevo solo bevuto una tisana prima di uscire.

«Sono quasi le undici. Sbrigati a mangiare e vai a prepararti. Non voglio rischiare di arrivare tardi anche oggi.» ordinai mentre mi sedevo sullo sgabello dovendomi aiutare con un saltino.

«Beh, allora dovrai andare a cacciare la modella nel mio letto.» sembrò serio e io sgranai gli occhi, cercando di capire se ci fosse davvero, lui scoppiò a ridere e si sedette di fronte a me.

Presi una ciambella dall'aspetto meraviglioso, mentre lui preferì un toast. Dolce e salato, eravamo diversi anche in quello.

«Sei pronto per l'intervista, vero?» alzai gli occhi su di lui quando ormai avevo bevuto metà del mio succo.

Fece spallucce, «No, non credo che sarò mai pronto per un intervista sulla mia vita.»

«Che significa?» domandai, non nascosi la preoccupazione nel tono della mia voce nel sapere che sarebbe potuta andare male.

«Che la mia vita fa schifo. Raccontarla in televisione e sui giornale me ne fa rendere conto ancora di più.» di nuovo, il suo tono deluso, rattristato e arreso fu come un pugno in pieno stomaco.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora