Capitolo 17

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Le lunghe unghie laccate di rosso di Patricia tamburellarono a lungo sulla scrivania ed era l'unico rumore all'interno dell'enorme e luminoso ufficio. Guardò prima Zayn, poi me, con l'espressione più affranta che arrabbiata. Ma potevo prevedere una sfuriata.

La donna si sistemò i capelli sulle spalle, poi si alzò e i suoi tacchi tintinnarono mentre faceva avanti ed indietro, per poi fermarsi ad ammirare il paesaggio dalla vetrata e darci le spalle.

«Perché continui a fare così?» mormorò, talmente a bassa voce che quasi non la sentii. Sapevo che si stava riferendo a Zayn e, stranamente, lui era così silenzioso che mi voltai per assicurarmi che fosse sveglio. Non era addormentato, era sovrappensiero e sembrava che non stesse neanche ascoltando la sua manager.

«Patricia ti prego, puoi evitarmi la ramanzina ed andare al punto in cui mi spieghi cosa dovrò dire pubblicamente per scusarmi?» replicò lui, il solito tono spocchioso.

Lei rise amaramente, scuotendo la testa e i suoi ricci oscillarono come piccole molle, poi tornò e si sedette davanti a noi, incrociando le gambe sotto alla scrivania in un gesto affascinante, «No, Zayn, non posso. Perché questa volta, a costo di perdere qualche ingaggio e qualche soldo in più, te la sbrigherai da solo.»

«Bene, posso andare?» chiese, ed ebbi l'impressione che avesse tutta quella fretta per non dover stare vicino a me. Non mi aveva guardata in faccia neanche per un momento da quando era entrato qui. Non mi guardava in faccia dalla sera al Berry.

«Hai la vita che tutti sognano. Sei ricco, famoso, talentuoso...» cominciò la donna, facendo sbuffare ed alzare gli occhi al cielo al ragazzo, poi continuò senza farci troppo caso, «Ma continui a buttare il tuo tempo e a rischiare di perdere la carriera. E per cosa? Per bere, fumare e fare rissa come qualsiasi ventenne teppista.» era calma, ma la sua voce trasudava delusione e giudizio.

Non parlava con me eppure le sue parole mi colpirono ed io non riuscii a starmene in silenzio, «Con tutto il rispetto, Patricia, Zayn è un venticinquenne e credo sia normale uscire, bere, fare qualche stupidaggine... Certo, lui esagera in tutte e tre le cose, ma chi non lo fa alla nostra età?»

«Oh, ma certo!» si voltò lei con un sorrisino beffardo, aprì il cassetto ed estrasse una fotografia, «Parliamo anche della ragazza misteriosa che tutti hanno fotografato insieme a Zayn Malik.» puntò il dito dritto sulla mia faccia immortalata mentre prendevo ragazzo per il polso.

«Cercavo di placare una rissa che è successa per colpa mia.» ammisi, dopo aver preso coraggio da un lungo respiro.

«Che fai? Non ho bisogno che mi difendi.» bisbigliò Zayn a denti stretti.

«Neanche io ne avevo bisogno.» risposi di rimando, con un sorriso provocatorio che lui non guardò nemmeno.

«Non mi interessa di chi è la colpa!» gridò con la sua vocina acuta, poi batté il pugno sulla scrivania, facendomi sussultare e sedere meglio sulla sedia, «Tu hai preso a pugni un tizio con un maglioncino a righe! E tu hai trascinato il tuo capo per una discoteca mentre le persone vi fotografavano! Ma che cosa vi dice il cervello?»

«Ok, ho capito. Non prenderò più a pugni tizi con il maglioncino a righe. Posso andare?» disse Zayn in tono cantilenante.

Patricia annuì, esasperata, e lui si alzò per uscire. La donna si rivolse a me e credevo che mi avrebbe licenziata in tronco, ma mi indirizzò un'occhiata quasi materna.

«Ho bisogno del tuo aiuto, Charlotte. Ne ho bisogno davvero.» si lasciò andare in un lungo respiro. La ascoltavo e la osservavo con attenzione mentre apriva un cassetto della scrivania. Estrasse un pacchetto di sigarette, ne prese una tra le labbra e la accese con un accendino che sembrava valere parecchi soldi. Odiavo l'odore del fumo che usciva dalla sua bocca nella mia direzione, ma non mi lamentai. «Zayn è molto testardo e viziato e ho davvero paura che si cacci in qualche guaio o che rovini la sua carriera per sempre.»

«E io come posso aiutarlo?» domandai, mordendo l'unghia del mio pollice.

Fece un lungo tiro, «Sembra che tu sia entrata in confidenza con lui più di quanto abbia mai fatto qualsiasi altra assistente e che tu riesca a tenerlo d'occhio più di quanto possa fare io... Non te lo chiedo come un lavoro, te lo chiedo come un favore personale. Tienilo lontano dai guai, almeno finché tutti si saranno dimenticati di questa storia.»

«Ci proverò.» acconsentii, ma il mio tono di voce lasciava trasparire la mia incertezza.

La donna fece un veloce cenno con il mento verso la porta per chiedermi di uscire ed io mi alzai cautamente, con la paura di fare anche il minimo rumore.

Il moro era a metà del corridoio. Volevo parlargli, volevo assicurarmi che stesse bene e che non ce l'avesse con me. Corsi per raggiungerlo.

«Zayn.» si fermò e si voltò, «Vuoi un caffè?»

«No, grazie.» rispose secco, serio.

Feci un lungo respiro, era evidentemente arrabbiato con me. E come dargli torto? Dopo aver ricambiato il suo bacio, lo avevo lasciato solo nel parcheggio e, poco dopo, mi aveva visto baciare un altro, «Non possiamo evitarci per sempre, lo sai?»

«Non ti sto evitando, sono solo molto impegnato e-» fece per voltarsi, ma io lo bloccai.

Avvolsi la mia mano attorno al suo braccio coperto da una felpa firmata, lui si girò di nuovo e i suoi occhi magnetici si incollarono ai miei. Sapevo che sarei potuta rimanere ore ed ore a fissarlo, sapevo che non mi sarei mai stancata, «Zayn... Dovremmo parlarne, non credi?»

Lui sospirò, «Non c'è niente di cui parlare, eravamo entrambi ubriachi. Non ha significato niente, no?»

«Niente.»

«Tu sei la mia assistente.»

«La tua assistente.»

«Ed io il tuo capo.»

«E tu il mio capo.»

Avevamo chiarito, e allora perché tutto sembrava ancora meno chiaro di prima? Le sue iridi fissarono le mie, non so dire per quanto tempo, prima di scendere a guardare ossessivamente le mie labbra. Anche io, ormai, fissavo le sue che solo un paio di giorni prima avevano travolto le mie in una passione sfrenata. Lui ci passò la lingua ripetutamente ed ero convinta che lo avesse fatto apposta, socchiuse anche gli occhi che diventarono due linee sensuali che esaminavano tutto il mio corpo.

Nessuno dei due si mosse. Rimanemmo fermi, immobili, a squadrarci come non avevamo mai fatto. La tensione non mi permetteva di respirare come avrei voluto, ma allo stesso tempo volevo inspirare a fondo per sentire ancora meglio il suo profumo. Rimasi a distanza, ignorando quella voglia di toccare di nuovo le sue braccia, il suo collo, il suo viso.

E se, in realtà, quel bacio avesse significato qualcosa per entrambi? Se fossimo stati entrambi troppo codardi per ammetterlo?

«Devo andare.» si congedò Zayn, abbozzando un sorriso finto.

Lo guardai arrivare alla fine del corridoio e fermarsi al bancone della reception. Poi, lo vidi anche prendere la mano di Victoria tra la sua, permetterle di girare attorno al bancone e raggiungerlo. La avvolse in un abbraccio che non potei fare a meno di invidiare.

«Sono affamata!» esclamò lei e, ad un tratto, la sua voce mi sembrò così fastidiosa da offenderla nella mia mente.

«Anche io.» rispose lui ed allargò la bocca in un sorriso contento, forse fin troppo contento e teatrale.

Lei sbatté le ciglia e si sistemò i capelli, lui mise un braccio attorno al suo collo e insieme camminarono verso l'ascensore. Ed io rimasi lì, come una stupida, a guardare mentre le porte si chiusero. E prima di sparire dietro al metallo grigio, Zayn catturò la bocca della segretaria in un bacio irrefrenabile, passionale e furioso. Lo stesso bacio irrefrenabile, passionale e furioso che avevo ricevuto io.

Era chiaro che l'unica codarda per ammettere i propri sentimenti ero io, nonostante il mio stomaco che bruciava, la mia testa che girava e le mie gambe che tremavano lo avessero capito molto bene.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora