Capitolo 8

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La sera prima lasciai Zayn davanti alla suite del suo hotel. Lui mi pregò di entrare, ma la sua domestica mi assicurò che se ne sarebbe presa cura e, ovviamente, non fu sorpresa di vederlo in quelle condizioni, segno che succedeva piuttosto spesso. Gli lasciai anche le mie patate arrosto e lui non ringraziò ma sembrò davvero apprezzare quel gesto.

Non appena misi piede nel mio appartamento, verso mezzanotte e mezza, mi fiondai sotto al rilassante getto d'acqua calda della doccia e ci rimasi per un bel po', per poi addormentarmi subito dopo con i capelli ancora bagnati. Cenare con i miei genitori e avere a che fare con Zayn equivaleva a vivere dieci giorni di fila, quindi mi meritavo un po' di riposo.

Per questo, quella mattina, arrivai con qualche minuto di ritardo al lavoro. Diciannove, per la precisione. Colpa della sveglia non abbastanza forte e dei miei maledetti capelli che non volevano proprio starci in ordine in una coda di cavallo. Non ebbi nemmeno il coraggio di indossare delle scarpe con il tacco e cedetti alle mie Converse.

«Buongiorno!» mi salutò Victoria, sorridente e raggiante come sempre alla reception del mio piano, «Non preoccuparti, nessuno si è accorto del tuo ritardo.»

«Nessuno tranne te.» sogghignai io provocandole una risatina melodiosa.

Lei unì pollice ed indice e li passò sulle sue labbra, facendo finta di chiuderle e di buttare la chiave.

Scambiai un paio di battute con lei e poi mi recai nel mio ufficio. Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai andare sulla sedia girevole. Non feci in tempo ad accendere il computer che il mio cellulare squillò. Ian, lessi e corrugai la fronte ma non esitai a scorrere il pollice da sinistra verso destra per accettare la chiamata.

«Ian.» lo salutai meno calorosamente del solito. Non ero arrabbiata con lui, ma non potevo neanche fingermi esaltata dopo il mancato bacio ed il modo in cui era scappato da casa mia tre sere prima.

«Charlie, ciao!» lui era evidentemente più contento di sentirmi. Potei immaginarlo sorridere e mi rilassai un po', «Spero di non disturbarti troppo. Volevo passare in ufficio a trovarti, ma poi ho pensato che sarebbe stata meglio una telefonata.»

«Oh, non preoccuparti, non mi disturbi.»

«Mi chiedevo se stasera fossi libera.» potevo sentire un velo di imbarazzo nel tono della sua voce, non riuscivo a capire se la trovavo una cosa carina o meno.

«Stasera? Credo di sì.»

«Magari potremmo mangiare qualcosa insieme.»

Intendeva mangiare qualcosa insieme tipo un appuntamento o come farebbero due amici? Era questo il problema con Ian, non riuscivo mai a capire in che direzione stesse andando il nostro rapporto. Un secondo prima stava per baciarmi, il secondo dopo mi trattava semplicemente come la sua amichetta d'infanzia.

«Hai intenzione di portarmi del sushi e poi scappare alla velocità della luce?» un pizzico di acidità colorò il mio tono di voce, non potei farne a meno.

«No, certo che no.» ridacchiò lui, non cogliendo la mia provocazione, «Avevo in mente un ristorante carino, se ti va.»

«Sì, va bene.» acconsentii. Ero contenta di poter passare una serata romantica con Ian e, magari, avere finalmente quel bacio che tanto desideravo.

Stavo ancora aspettando la risposta del ragazzo quando la porta si spalancò e Zayn comparve dietro di essa. Sembrava ancora più trasandato di me – il che la dice lunga – e si trascinò per la stanza come se non riuscisse a sollevare i piedi. Gli lanciai una veloce occhiata: indossava degli occhiali da sole, pantaloni della tuta ed una felpa larga. In una mano teneva una borsa di plastica, nell'altra una bottiglietta d'acqua.

«Sei sempre al telefono?» la sua voce era talmente roca che immaginai la sua gola trafitta da spilli.

«Allora ti passo a prendere alle sette e mezza, va bene?» sentii Ian dall'altra parte della linea e mi concentrai di nuovo su di lui.

«Sì, perfetto. A dopo.» riattaccai ed appoggiai il telefono sulla scrivania per poi osservare il moro.

«Quindi il mio caffè non è pronto perché tu devi stare a chiacchierare al cellulare?» mi accusò. Non mi aspettavo delle scuse formali, ma pensavo che mi avrebbe almeno ringraziata per la sera prima.

«Il tuo caffè non è pronto perché non sapevo nemmeno che saresti venuto.» alzai gli occhi al cielo ed aprii le mail per cominciare a controllarle.

«Posso venire ogni volta che vuoi.» la sua voce diventò più calda e il suo tono più allusivo.

«E puoi anche andartene ogni volta che voglio?» rintuzzai con un ghigno ancora meno amichevole del suo.

«Potresti parlare a bassa voce? Mi scoppia la testa.» alzò il palmo della mano di fronte al mio viso.

«Non è la mia voce il problema ma i quindici bicchieri di troppo che ti sei bevuto ieri sera.» gli ricordai senza alzare gli occhi su di lui e rimanendo concentrata per rispondere ad una mail. Volevano Zayn per una pubblicità di supposte, fui tentata di fissare un incontro, ma mi costrinsi ad inoltrarla alla sua manager.

«Patricia ti ha assunta per giudicarmi?» protestò lui, incrociando le braccia al petto e lasciando andare la testa leggermente all'indietro contro allo schienale della sedia.

«E per farti da balia, a quanto pare.»

«Sai... Avremmo potuto divertirci ieri sera, sei andata via troppo presto.» di nuovo il suo tono di voce basso e seducente.

«Presto?» sgranai gli occhi mentre riattaccavo la cornetta dopo che era partita la segreteria telefonica, «E poi non credo che potrei divertirmi con te.»

«Scommettiamo?» mi offrì di stringere la sua mano, ma non lo feci.

«Te l'ho detto, abbiamo un concetto di divertimento molto diverso, io e te.» rievocai, ma dubitavo che se ne potesse ricordare.

«E cos'è che ti fa divertire?» domandò con lo stesso identico tono della sera prima, ma era evidente che non sapesse di avermelo già chiesto.

Ancora prima che potessi rispondere, tre colpi alla porta lo costrinsero a rimanere in silenzio. Victoria entrò con due tazze di caffè.

«Ecco il tuo caffè...» lo porse a Zayn e poi ne appoggiò uno davanti a me, «Ho pensato che ti servisse.»

«Grazie Vic, sei un angelo.» le sorrisi sinceramente e lei ricambiò.

«Un vero angelo.» mi fece eco il ragazzo con il tono più seducente. Lei sembrava abbastanza in confidenza con lui da dargli un buffetto sulla guancia e fargli un occhiolino che avrebbe fatto sciogliere ai suoi piedi qualsiasi uomo. E Zayn si sciolse, com'era prevedibile, sorridendole in un modo strano che non avrei saputo come definire. Poi – altra cosa terribilmente prevedibile – seguì con lo sguardo il fondo schiena della segretaria senza neanche cercare di nasconderlo.

Non sapevo se era la vista di Victoria o il caffè, ma Zayn sembrava lentamente recuperare le forze ad ogni sorso che buttava giù. Anche io bevvi il mio cappuccino e continuai a lavorare al computer.

«Ah! Ho qualcosa per te!» comunicò in modo esageratamente teatrale e raccolse la busta di plastica da terra. Me la porse e, per un attimo, pensai addirittura che mi avesse fatto un regalo per sdebitarsi, «È il piatto di tua madre, ho pensato che lo volesse indietro.» per qualche strano motivo, sembrava molto più a disagio di com'era di solito e mi intenerì vederlo così, mentre sfregava la sua testa con la mano tatuata.

«Oh, sì, certo.» annuii appena e posai la busta sotto alla scrivania.

«Tua madre è una cuoca eccezionale. Erano le migliori patate arrosto che avessi mai mangiato, le ho divorate ieri sera.»

Immaginai che quello era il suo modo per ringraziare, era sicuramente già più di quello che mi sarei aspettata da lui.

«Il dopo sbronza ti farebbe divorare qualsiasi cosa!» scherzai e, con mia sorpresa, lui ridacchio debolmente. Non era una risata, era più un suono gutturale, ma era pur sempre qualcosa.

Si alzò, prese la sua bottiglietta d'acqua e il suo caffè ed uscì. Prima di chiudere la porta si sporse all'interno ed aggiunse: «Prenotami un tavolo per quattro al Palace per le otto di questa sera.» fece un occhiolino e se ne andò.

PHILOFOBIA (finalista Wattys2021)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora