Capitolo 17

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La mattina dopo, come tutte le altre mattine, siamo andati a fare colazione al solito bar, dove ormai siamo diventati clienti abituali.

Per tutta la mattina abbiamo girato per negozi e posti davvero incredibili.

Nel pomeriggio sono andata a casa dell'assassino dei miei genitori, Arthur, per prendere i soldi che mi spettavano.
Dopo avermi dato i soldi feci finta di dover andare in bagno e mi misi a girare per tutta la casa, quando incontrai sua figlia con i suoi amici.

"Ei ragazzina chi cazzo sei?" - "a chi hai detto ragazzina scusa?" - "a te" - "prova a ripeterlo se hai il coraggio viziata del cazzo" - "la tua è solo gelosia perché tu sei povera e quello che ho io te lo sogni" - "non ti invidio per niente, almeno io ho amici veri e non me li compro con i soldi di papà" - i suoi amici iniziarono a ridere e a complimentarsi con me - "accidenti bella ti ha distrutta!" - disse un suo amico - "oh, no, ipster, no, non sei in squadra con me, non abbiamo niente in comune, io metto i cappelli per evitare i colpi di freddo, tu invece per imitare i cosplayer. Ti fai i tatuaggi per fare incazzare tuo padre, mio padre è morto! Infine, tu pensi" - rivolta alla figlia di Arthur - "che puoi parlarmi così solo perché hai i soldi. Io so, che posso parlarti così perché sono pericolosa" - tutti mi guardarono a bocca aperta, feci l'occhiolino alla vizziatella e me ne andai.

L'avevo zittita, cazzo se l'avevo zittita. Percorsi i corridoii con un sorriso di vittoria stampato sul volto.

Mentre passavo per una porta sentii l'assassino dei miei genitori parlare al telefono, all'inizio non ci feci molto caso e continuai per la mia strada, ma ad un certo punto nominò mio padre: "senti Mathias, non è morto ok? Ethan de Nova non lo abbiamo ucciso stai tranquillo, è prigioniero, ma ascoltami, se non farai quello che ti dico ti giuro che morirà e tu non vuoi rimanere senza padre, vero Mathias?"

Quando sentii quello che stava dicendo iniziò a mancarmi il fiato. Mio padre non era morto? Avevo un fratello? Come era possibile? COME??

Mi misi a correre per i corridoi fino a che non trovai la porta e tornai all'Hotel dai ragazzi.

Ero ancora scombussolata, quasi ipnotizzata, pensavo di poter rivedere mio padre, che mi è stato portato via per tutti questi anni e della possibilità di poter avere un fratello.
Dovevo trovarli, tutti e due.

Entrata nella mia stanza non salutai nessuno, andai diretta in bagno a farmi una doccia calda.

Ero girata di spalle e lasciavo che l'acqua percorresse il mio corpo lasciandola ricadere sul pavimento bagnato, quando delle forti braccia mi abbracciarono da dietro.
Tirai la testa in su, appoggiandola sul suo petto.

"Che succede, stai bene?" - "si, si tutto a posto..." - Marcus mi girò e mi prese il viso tra le mani - "Ei, ti conosco, lo so che non stai bene, con me puoi parlare di tutto lo sai".

Feci un respiro profondo e raccontai cosa avevo sentito. Mi abbracciò forte e io mi stringi a lui più che potevo.

Ad un certo punto sentii qualcosa di duro premerli sulle parti intime. "Dai, idiota!"
- dissi tirandogli un pugno leggero sul petto - "che c'è, non posso controllarlo!" Disse alzando le spalle.
Ci mettemmo a ridere e ci baciammo.

Dopo un po' che l'acqua continuava a scendere sui nostri corpi nudi decidemmo di uscire, dovevamo mangiare presto, i ragazzi dovevano lavorare e io avevo un uomo da uccidere.

Averi detto agli altri di quello che avevo scoperto il giorno dopo.

Mangiammo e i ragazzi si vestirono eleganti, da festa, mentre io mi misi una maglia nera, un paio di pantaloni di pelle neri, la giacca di pelle e le dottor Martins.

Stetti fino a mezzanotte con loro, poi li salutai e andai a fare il mio lavoro.

Arrivai a casa dell'assassino, mi misi dei guanti per non lasciare impronte e passai dal laboratorio, che era stranamente aperto.
Era tutto buio, erano andati tutti a letto.
Salii le scale silenziosamente ed entrai in casa.
Mi diressi subito alla stanza dove lo avevo visto parlare al telefono.

Arrivata lì lo vidi, era solo, la moglie e la figlia erano fuori.

presi una scarpa e gliela tirai in testa facendolo svenire.
Volevo farlo soffrire come lui aveva fatto soffrire me tutti quegli anni.
Mi avvicinai, presi un tovagliolo e un lacciò di plastica che avevo nello zaino e lo imbavagliai, poi lo svegliai.

Lui mi guardò spavento. "Ma buongiorno! Dormito bene? Spero di si. Tu sai chi sono io vero, non è così? Perché hai voluto ingaggiare me sapendo che ero la figlia delle persone che hai ucciso? No, non ti leverò il bavaglio per farti parlare, hai parlato troppo per i miei gusti" - mi avvicinai al letto e mi posizionai a due centimetri dal suo viso - "sai cosa si prova a dover vivere per strada? Senza qualcuno che ti sostenga e che ti stia vicino nei momenti in cui ne hai più bisogno? No! Perché nessuno ti ha ucciso la moglie o la figlia e sai, potevo amazzare loro, per farti provare quello che ho passato io, ma troppi ti vogliono morto e hai troppo potere. Ho anche scoperto che hai fatto il mio nome alla polizia e che hai sciolto il nostro patto" - mi avvicinai di più - "non sai contro chi ti sei messo".

Presi la balestra che tenevo nello zaino e gliela puntai al collo. "Per colpa tua sono sempre stata sola, SEMPRE! Non ho mai potuto vivere felice con i miei genitori. Mia mamma non c'era durante il mio primo ciclo mestruale, mio padre non c'era al mio primo giorno di scuola, non c'erano la prima volte che mi è piaciuto un ragazzo... sono sempre stata sola E QUESTO A CAUSA TUA! Devi soffrire come ho sofferto io"
Una lacrima mi scese rigandomi la guancia, la asciugai e caricai la balestra.

Gliela puntai alla gola e tirai la freccia.
Lo vidi contorcersi dal colore, gli colava un sacco di sangue, rimasi ad aspettare che morisse e quando successe presi la mia roba, il suo telefono, volevo rintracciare la chiamata fatta a mio fratello per scoprire dov'era, e me ne andai.

Killer High School // Marcus LopezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora