Capitolo 12 La fuga dal condominio

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Mi staccai dall'abbrccio e finalmente mi decisi a fargli la domanda che batteva sulle mie tempie ansiosa di venire fuori.
«come sei finito qui?»
Si asciugó le lacrime e inizió a raccontare.
«ero a casa che giocavo con la play quando qualcuno ha suonato al campanello. Sono andato a vedere dallo spioncino, ma non c'era nessuno. Così ho aperto, e davanti alla porta c'era un biglietto rosso con le scritte in blu "Federico Rossi sei stato accettato per partecipare al Game show della Casa". Ho pensato fosse una di quelle sciocche pubblicità, così l'ho accartocciato e buttato nel bidone, ma poi, quando sono tornato in camera per giocare, la porta della mia stanza era chiusa, e colorata di rosso con sopra la scritta "spingere per entrare" in blu. Volevo andare a chiamare mamma e papà, ma la mia mano si è mossa da sola e l'ha aperta. La mia stanza era tutta buia, qualcosa mi ha a afferrato e mi ha trascinato dentro. Ho provato ad urlare, ma dalla mia bocca non uscivano parole, solo suoni lievi e incomprensibili, poi ho perso i sensi. Mi sono ritrovato in una stanza che assomigliava ad una sala d'attesa, da solo, non sapevo dov'ero, pensai fosse un sogno, ma dopo qualche ora iniziai a sentire la sete e mi resi conto che la lingua secca e la pancia che brontolava erano sensazioni vere. Dopo un po una strana voce mi parló dicendo "sei qui per punizione, non perché sei stato selezionato tra i concorrenti di questo gioco, quindi non hai il diritto di conoscere le regole. Tuttavia te ne concedo una. Quando sarai nel corridoio non voltarti altrimenti morirai. Ti auguro di non trovare tua sorella. Buona fortuna". Appena finì di parlare una nube blu mi trascinó attraverso il muro e mi ritrovai in un corridoio. Non capivo cosa stava succedendo. Volevo solo tornare a casa. Corsi attraverso il corridoio finché non raggiunsi una porta. Ero tentato di non entrare, ma poi ho pensato che se era li doveva esserci un motivo. Così l'aprì ed entrai. Mi ritrovai nella mia stanza e pensai di essere ritornato a casa, ma non poteva essere così semplice. Sbirciai attraverso il foro della serratura finché non vidi passare davati la mia porta un essere a forma di polpo. A quella visione mi nascosi sotto al letto. Loro non sapevano che io ero li è se facevo silenzio forse non mi avrebbero trovato. Sono rimasto li per qualche ora finché non sei arrivata tu. Mi hai fatto prendere un tale spavento, pensavo che fosse uno di quei mostri» disse tutto d'un fiato.
Poi dopo aver riempito di nuovo i suoi polmoni di ossigeno decise di farmi la domanda più importante «Cri, ma dove siamo?»
I suoi occhioni dolci mi fissavano in attesa di una risposta, ma nemmeno io sapevo bene dove ci trovavamo.
«non so chi ha organizzato questo gioco della morte. Ha raggruppato molti ragazzi e ragazze, tra cui anche io per partecipare a questo gioco. Ci portano un un corridoio e ci dicono di andare sempre avanti senza mai voltarsi, alla prima porta che si...» venni interrotta da un rumore forte contro la porta della stanza, accompagnato dal rumore di acqua che si schianta sul pavimento, simile al suono di una cascata, ma più lieve.
Mi voltai osservando al maniglia. Si muoveva su e giù, si è giù, con violenza. Gli esseri, che sembravano tanto i nostri genitori stavano cercando di entrare.
«cosa facciamo?» domandó mio fratello preso da un attacco di panico.
«sicuramente non possiamo uscire dalla porta» dissi ironica, non mi so ancora spiegare da che parte del mio corpo provenisse quell'ironia in un momento del genere. Guardandomi intorno notai che c'era un unica cosa da fare.
Afferrai mio fratello per il polso. E lo trascinai alla finestra. Tirai le tende e aprii le persiane.
Guardai mio fratello che pian piano si allontanava dalla finestra scuotendo la testa, sapevo che aveva capito.
«sai che non c'è altro modo»
«e tu sai che soffro terribilmente di vertigini» mi rispose di rimando. Potevo capirlo, ci trovavamo al quinto piano di un condominio.
«o questo...» indicai la finestra «o loro» indicai la porta.
Vidi che mio fratello ci stava pensando, ma non c'era tempo per pensare.
«non odiarmi» mi avvicinai a lui corredo e lo caricai sulla spalla. Fortuna che è magro come una spiga di grano.
Mi tiró calci nello stomaco e pugni nella schiena piagnucolando. Lo misi a sedere con fatica sul davanzale della finestra.
«adesso hai due possibilità: esci prima tu o esco prima io, nessun altra scelta. Cosa vuoi fare? Decidi in fretta o ti arrangi» gli dico puntandogli l'indice in faccia. Può essere utile conoscere i punti deboli delle persone. Federico odia quando qualcuno gli punta il dito in faccia.
«okay..» disse scocciato «vai prima tu, ma se mi fai cadere...»
«non accadrà» lo rassicuro.
Scese da sopra la finestra e ci salii io. Ringraziai dio che nel nostro condomino esistano i cornicioni.
Metto un piede sul cornicione e mi sento subito insicura a causa della sua forma irregolare. Tento di aggrapparmi a qualcosa che non sia la persiana della finestra.
Poco più avanti a dove mi trovavo io, il muro aveva una rientranza e, per nostra fortuna li il cornicione era più largo. Dovevano solo raggiungerla. Questo significava mollare tutto e camminare in equilibrio sul cornicione senza nessuna parte a cui appoggiarsi.
Guardai in basso. Da quell'altezza anche uno che non soffre di vertigini avrebbe i capogiri e le gambe molli.
Prendo coraggio e parto a quella nuova, pericolosa "avventura". Passettino dopo passettino riuscii a raggiungere la rientranza.
Una volta al suo interno mi sentii sicura, come nel l'abbraccio di una mamma.
Allungai il braccio più che potei per aiutare al massimo delle mia capacità il mio povero fratellino.
«tocca a te» gli dissi.
«sento le gambe molli, non mi reggeranno e precipiteró, lo so» disse piagnucolando mentre saliva sul cornicione reggendosi alla persiana.
«adesso molla la persiana e fai un piccolo passo verso di me» gli dico con dolcezza.
Istintivamente Federico guardó in basso per vedere dove mettere il piede.
«le gambe tremano troppo, le ginocchia non mi reggono, il suolo si avvicina sempre di più, o sono io che mi sto avvicinando a lui? Aiuto sto cadendo» urlava disperatamente mio fratello.
«guarda me» gli urlai di rimando
«non c'è la faccio... Non c'è la faccio» ripeteva in continuazione continuando a guardare in basso
Fermai quel susseguirsi di paole con un urlo quasi disumano «GUARDAMI»
Mio fratello si voltó di scatto. Finalmente ero risuscita a richiamare la sua attenzione.
«adesso continua a guardarmi negli occhi e muoviti vedo di me»
«e se metto un piede ne vuoto?»
«tieni sempre i talloni a contatto con il muro così sei sicuro che non li metti fuori dal cornicione»
Prese un bel respiro e mosse il primo passo vedo di me.
Con un po di fatica afferró la mia mano e lo tirai all'interno della rientranza.
«e ora?» mi domandó ansimante.
Bella domanda... Me la stavo ponendo anche io.
«Dobbiamo cercare la porta... Dovrebbe essere rossa»
Questa volta era una situazione strana perché di solito erano delle stanze da cui uscire, questa volta dovevamo uscire da un condominio quindi... «dobbiamo raggiungere la porta d'ingresso del nostro condominio»
«come?»
Osservai tutto l'edificio circostante e notai che questa volta la scelta non era difficile, c'era un unica via per scendere.
«dalle terrazze» dissi.
Sulla nostra sinistra qualche metro più in basso c'era un terrazzo.
«ci caliamo reggendosi al cornicione e poi dovrebbe rimanere solo un metro di distanza tra noi e la terrazza»
Senza aspettare la risposta di mio fratello uscii dalla rientranza questa volta camminai con le punte dei piedi rivolte verso il muro.
Dopo essermi accertata di essere esattamente sopra al terrazzo mi piegai leggermente sulle ginocchia (per quel che potevo) e feci un salto nel vuoto all'indietro.
Il mio cuore batteva fortissimo, ma riuscì, tendendo le braccia, ad aggrapparmi con le mani al cornicione rimanendo a penzoloni.
Mi mollai e finí su una superficie solida, quella del terrazzo.
Con fatica convinsi mio fratello a imitarmi.
Subito sotto di noi c'era un secondo terrazzo e sotto un altro ancora, quindi non ci fu difficile raggiungere terra.
Una volta finalmente di fronte al portote mi venne in mente una cosa.
«non possiamo oltrepassarlo... Noi dobbiamo uscire dall'edificio, non entrarci, dobbiamo entrare da una finestra e poi uscire dal portone»
Scegliemmo la finestra della segreteria, a sinistra della porta.
Raggiunto il vano d'entrata stavamo per aprire il portone per essere trasportati nel corridoio quando notai che questa porta era diversa dalle altre. Ma non riuscì a pensarci per molto perché da dietro di noi una voce maschile e sensuale disse «vi stavamo aspettando»
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SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti avrò detto che avrei postato moooolto tempo fa, ma tra la scuola e wattpad che mi cancella tutto il capitolo non ho avuto modo di pubblicare prima :( scusate
Grazie mille davvero a tutti e auguri (anche se in ritardo) a tutti i papà.
~Linda

La casa maledettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora