Rimasi stesa a terra sulla schiena, tremante, per un tempo che mi sembrò infinito, ma in realtà dovevano essere passati pochi minuti, o addirittura pochi secondi.
Avevo appena rischiato di morire ben quattro volte:
1) la temperatura era così bassa da farmi assiderare
2) stavo per annegare a causa dell'acqua
3) i pezzi di ghiaccio frantumati potevano spaccarmi una costola, nel migliore dei casi, e il collo nel peggiore
4) quelle strane figure nere sembravano affamate di carne... Carne umana.
Il mio corpo era tutto un tremito, un po perché ero ancora fradicia da testa ai piedi e stavo congelando, un po perché la paura si era impossessata di ogni singola parte, ogni singolo muscolo, ogni singolo apparato, ogni singolo organo, di ogni più piccola vena, arteria e capillare del mio corpo.
Era inutile continuare, le stanze sarebbero state sempre più difficili, ma soprattutto più mortali e io avevo poche, per non dire nessuna, speranze di riuscire a cavarmenrla. Ripensai mentalmente alle regole dette dalla casa... Non c'era nulla che impediva di rimanere in corridoio, li almeno potevo stare tranquilla, e morire di fame o di sete, ma al caldo e seduta in un posto sicuro, che ero certa non mi avrebbe uccisa.
Tanto sarei morta comune in una delle prossime stanze, non acmbiava niente prima o dopo. Mi sedetti facendo leva sui gomiti e mi appoggiai al muro dove prima c'era la porta con la schiena e stesi le gambe per cercare di rilassarle.
Quel corridoio era molto più stretto rispetto all'altro, da quella posizione, se aprivo le braccia riuscivo a toccare entrambi i lati.
Stranamente per la prima volta il mio cuore tornó a battere in modo regolare e i tremiti sembrarono diminuire, inoltre i vestiti mi si stavano asciugando addosso e i miei bei capelli neri erano bagnati praticamente solo nelle punte ormai.
Quelle punte... Dovevo andarle a tagliare nel pomeriggio, invece ero finita qui. Se non ci fosse stato questo orribile inconveniente a quest'ora i miei capelli non sarebbero stati più lunghi, ma un carinissimo caschetto con la frangia che avevo visto su una modella della rivista dalla parrucchiera. Io non posso sopportare che qualcuno o qualcosa si metta tra me è i miei piani. Così presa da un attacco di rabbia aprì il mio zaino e tirai fuori le forbici dall'astuccio. Iniziai a tagliare ciocche di capelli, le quali cadevano dolcemente sui miei vestiti. Con un po di fatica ero riuscita a farmi il caschetto come nella foto... Più o meno... Senza specchio chi poteva dirlo, però sarei morta a breve, li ero sola, nessuno poteva vedermi, potevo fare tutto ciò che volevo. Pensai a cosa mi sarebbe sempre piaciuto fare, ma al quale avevo rifiutato perché troppo imbarazzante, ma non mi venne in mente nulla. Mentre pensavo riposi le fornici nell'astuccio e rimisi tutto a posto nello zaino. Poi i miei pensieri vennero interrotti dalla vista di un oggetto, un oggetto che gli studenti odiano tano, ma che in quel caso era la cosa più bella che avessi mai potuto trovare, meglio di un milione di euro, meglio di una pietra preziosa... il mio diario di scuola.
Lo avevo comprato una settimana prima dell'inizio della scuola, erano quasi tutti finiti così ero stata costretta ad accontentarmi di ciò che c'era, cioè un diario verde con un frutto esotico rosa disegnato sopra. Una cosa terribile, così per coprire quell'aborto avevo deciso di incollargli sopra un selfie di me è la mia famiglia. La osservai. Vidi mio fratello Federico, con i suoi capelli biondi e il suo sorriso raggiante guardare dritto nella telecamera, e mi diede la sensazione che stesse fissando me, come per dirmi di non arrendermi.
Poi vidi mia mamma che mi teneva una mano sulla spalla lasciando in bella vista le unghie che si era appena fatta in occasione del suo compleanno avvenuto un paio di gironi prima, erano tutte con una cascata di brillantini verdi tranne nell'indice sul quale aveva disegnato con enorme maestria una torta di compleanno a due piani e con le candeliere. Faceva la manicure da un estetista. Mi sarebbero mancate le unghie che mi faceva mia mamma. Poi c'era mio babbo. Era sempre stato freddo e distaccato nei miei confronti, ma molto legato a Federico. Questo suscitava a tal punto la mia gelosia che ero sicura di odiarlo, invece adesso dio solo sa quanto avrei voluto averlo vicino. Nel mezzo della foto si schiantó una goccia d'acqua proveniente dai miei occhi.
Strinsi il diario al mio petto e lasciai scendere le lacrime. Dopo poco la stanchezza prevalse su di me è mi addormentai.Mi sveglia dopo un tempo che non saprei ben definire. Ero ancora seduta con al schiena appoggiata al... Doveva essere il muro, eppure mi sembrava di un materiale diverso, non era duro e freddo, ma caldo e sembrava quasi morbido. Ricordandomi che non potevo voltarmi in corridoio allungai la mano destra indietro per tastare l'oggetto su cui mi stavo appoggiando... Appena la mia mano lo toccó capì che non era un muro, e nemmeno un oggetto, era una gamba, pelosa come quella di un orso.
La paura tornó a farmi visita. Presi lo zaino e mi alzai lentamente. Ogni mio movimento percepivo dietro di me un respiro profondo e inquietante. Quando fui in piedi alzai il piede destro per fare un passo avanti, ma dall'animale (sempre se era un animale, non potevo voltarmi a guardarlo) provenì un verso simile a un ruggito demoniaco. Mi paralizzai all'istante. Ingoiai tesa, feci un bel respiro e con quel poco di coraggio rimasto in me mi misi a correre nel corridoio in penombra.
Percepii un movimento dietro di me, segno che il mostro si era mosso. Sperai che se ne stesse andando e che mi stesse lasciando in pace, ma mi resi conto poco dopo che non era così... Mi ritrovai, prima, sbattuta contro il muro, e poi a terra. Fitte dolorose si propagavano in tutto il mio corpo facendomi sussultare in modo tale da farli sembrare spasmi. Quelle maledette fitte avevano origine dal mio fianco sinistro. Alzai la testa con fatica e vidi che la mia maglietta era lacerata in tre punti, tre grossi tagli paralleli erano passati sotto il tessuto della maglia e si erano fatti largo nella mia pelle. Quelle ferite erano state provocate dai lunghi artigli della bestia. Non potevo ancora guardarmi dietro, peró vedevo l'ombra del mostro sul terreno e dalle sue mani uscivano tre lunghi artigli, oppure erano coltelli? Forse non lo sapró mai. Il mostro era fermo dietro di me. Se non mi fossi mossa subito mi avrebbe fatta fuori. Il mio fianco sanguinava tanto e ogni movimento mi provocava un tremendo dolore. Tentai di alzarmi, ma caddi di nuovo a terra. Era inutile, ero troppo debole. Era giunto il mio momento, quella tortura sarebbe finalmente finita e forse mi sarei ricongiunta alla mia cara nonnina in paradiso. Chiusi gli occhi e appena serrai le palpebre si materializzó nella mia testa l'immagine di mio fratello.
«non mollare sorellina» mi diceva.
Quelle tre parole mi ridiedero al forza, dovevo riuscire a sopravvivere a quel gioco della morte per tornare da lui. Non potevo lasciarlo solo. Riaprì gli occhi e vidi che una mano ricoperta di peli neri si stava avvicinando alla alla mia faccia. Rotolai sul fianco e gli artigli del demone affondarono nel pavimento facendo saltare via schegge di legno. Gemendo mi alzai e appoggiandomi al muro cercai di camminare avanti resistendo alla tentazione di voltarmi.
I jeans nella gamba sinistra erano tutti macchiati di sangue. Mi sentivo debole, non capivo più se era il corridoio a essere in penombra o se erano i miei occhi che si stavano appannando sempre di più.
"Devo trovare qualcosa che faccia cicatrizzare la ferita, o moriró dissanguata" pensai mente continuavo a camminare rasente al muro. Il mostro mi era di nuovo addosso, adesso stava per arrivarmi un colpo da destra, mirato alla mia testa. Mi abbassai e gli artigli del demone-orso si bloccarono nel muro. Lo capii perché non lo sentivo avvicinare e continuava a picchiare pugni nel muro. Dovevo approfittare di quella fortuna per guadagnare un po di vantaggio. In corridoio, nel mio campo visivo, vedevo tantissimi pallini neri che si ingrandivano, ancora poco e sarebbe diventato tutto nero. Non riuscivo più a stare in piedi, adesso stavo gattonando.
Poi una speranza, non molto lontano da me c'era l'altra porta. Raccolsi le ultime forze che mi rimanevano per rialzarmi e riuscire a raggiungere la porta. Quando finalmente ci arrivai praticamente non vedevo più nulla. Afferrai la maniglia e senza nemmeno accorgermene aprì. Feci il primo passo, poi quando fui dentro con tutto il corpo, e mi sentivo al "sicuro" caddi in ginocchio, poi mi stesi e tutto divenne nero.
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Ciaoo scusate se ho tardato, ma sono stata molto occupata.
Grazie ai pochi che mi seguono questa storia, che votano e commentano e che mi spingete a continuarla.
Grazie tante 😘❤️
~Linda
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La casa maledetta
Mystery / ThrillerUna porta. Una casa. Una terribile realtà. Cristina si trova catapultata in un mondo che avrebbe preferito non incontrare mai. Insieme ad altre persone strappate alle loro vite, vengono abbandonati in una casa che sembra non avere fine. È un gioco...